La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2196/16 del 15 gennaio 2016, depositata il 4 febbraio 2016, si è pronunciata in merito alle cosiddette telefonate “mute”, ossia quelle telefonate effettuate in maniera automatica dai sistemi in uso presso i call center, nelle quali l’utente chiamato, dopo aver risposto, non viene messo in comunicazione con alcun operatore, bensì la telefonata resta attiva ma silenziosa. Si tratta di sistemi automatizzati volti a sfruttare al massimo l’attività degli operatori del call center, ma spesso avviene che tali sistemi finiscano per instradare un numero di chiamate proporzionalmente maggiore rispetto a quelle concretamente gestibili dagli operatori attivi in quel determinato momento. L’utente, quindi, si potrebbe trovare ad essere contattato più volte senza che venga messo in grado di comprendere l’identità del chiamante, con evidente disagio psicologico dettato dallo stato d’ansia inevitabilmente connesso alla ricezione di queste telefonate. Per questi motivi, a seguito di alcune segnalazioni pervenute all’Autorità Garante per i dati personali che hanno portato al Provvedimento del 20 febbraio 2014 e alla conseguente pronuncia del Tribunale di Roma n. 18977/2013, si è giunti alla pronuncia in esame nella quale vengono esaminati i profili di illiceità dei trattamenti di dati personali connessi alle telefonate “mute” in relazione al Codice Privacy (D.Lgs. 196/03).

Telefonate “mute” e trattamento dei dati personali / P. Perri. - In: IL QUOTIDIANO GIURIDICO. - ISSN 2239-0677. - 2016:(2016 Mar 04).

Telefonate “mute” e trattamento dei dati personali

P. Perri
2016

Abstract

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2196/16 del 15 gennaio 2016, depositata il 4 febbraio 2016, si è pronunciata in merito alle cosiddette telefonate “mute”, ossia quelle telefonate effettuate in maniera automatica dai sistemi in uso presso i call center, nelle quali l’utente chiamato, dopo aver risposto, non viene messo in comunicazione con alcun operatore, bensì la telefonata resta attiva ma silenziosa. Si tratta di sistemi automatizzati volti a sfruttare al massimo l’attività degli operatori del call center, ma spesso avviene che tali sistemi finiscano per instradare un numero di chiamate proporzionalmente maggiore rispetto a quelle concretamente gestibili dagli operatori attivi in quel determinato momento. L’utente, quindi, si potrebbe trovare ad essere contattato più volte senza che venga messo in grado di comprendere l’identità del chiamante, con evidente disagio psicologico dettato dallo stato d’ansia inevitabilmente connesso alla ricezione di queste telefonate. Per questi motivi, a seguito di alcune segnalazioni pervenute all’Autorità Garante per i dati personali che hanno portato al Provvedimento del 20 febbraio 2014 e alla conseguente pronuncia del Tribunale di Roma n. 18977/2013, si è giunti alla pronuncia in esame nella quale vengono esaminati i profili di illiceità dei trattamenti di dati personali connessi alle telefonate “mute” in relazione al Codice Privacy (D.Lgs. 196/03).
call center; privacy; operatore telefonico; Garante per la protezione dei dati personali
Settore IUS/20 - Filosofia del Diritto
4-mar-2016
http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2016/03/04/telefonate-mute-e-trattamento-dei-dati-personali
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