L’obiettivo che si intende perseguire con il presente contributo è quello di offrire una panoramica degli apparati teorici ed epistemologici di cui la sociologia della devianza e del diritto penale si è dotata in relazione alle varie e diversificate strategie di controllo sociale attuate per mezzo dello strumento del diritto penale a partire dalla metà del secolo scorso. Tali strategie saranno analizzate alla luce della distinzione – già tracciata in letteratura – tra strategie di welfare e di post-welfare. In particolare, si concentrerà l’attenzione su queste ultime, rispetto alle quali si tenterà di descrivere il mutamento emerso a seguito di fenomeni migratori di larga scala come quelli in atto. Si ritiene, infatti, di poter affermare che le strategie di controllo sociale di post-welfare si stiano strutturando ed articolando su due fronti: se, da un lato, i meccanismi di criminalizzazione continuano a passare per processi di vittimizzazione, tipici della fase post-welfare, in cui il focus è posto sulla vittima e sulla distribuzione dei rischi tra consociati; dall’altro lato, con le grandi migrazioni cui assistiamo negli ultimi tempi, sembra che venga superato il discorso relativo alle vittime, figure evanescenti e non più necessarie nel gioco della costruzione del crimine e dell’individuazione dei soggetti cui rivolgere dispositivi e misure di controllo sociale. Perché la figura del migrante divenga oggetto di controllo sociale, costruito e percepito non più solo come criminale ma come vero e proprio nemico della collettività, non sembra più necessario un processo a partire dalla vittimizzazione di determinati soggetti. La pericolosità sociale del migrante è data ormai per presunta: la percezione dell’insicurezza è a tal punto diffusa che il migrante viene rappresentato e vissuto come nemico della collettività senza che sia più necessario individuare vittime presunte e potenziali. Alla luce di ciò si offrirà come spunto per ulteriori approfondimenti futuri una riflessione critica in merito all’idoneità degli apparati epistemologici della sociologia della devianza e del diritto penale a confrontarsi con tali mutamenti rilevati a livello di strategie di post-welfare.
Controllo sociale tra paradigmi e strategie diversificate : il diritto penale dell'immigrazione e le parole della Corte Costituzionale / C. Canziani. ((Intervento presentato al convegno Diritti in transito tenutosi a Milano nel 2016.
Controllo sociale tra paradigmi e strategie diversificate : il diritto penale dell'immigrazione e le parole della Corte Costituzionale
C. Canziani
2016
Abstract
L’obiettivo che si intende perseguire con il presente contributo è quello di offrire una panoramica degli apparati teorici ed epistemologici di cui la sociologia della devianza e del diritto penale si è dotata in relazione alle varie e diversificate strategie di controllo sociale attuate per mezzo dello strumento del diritto penale a partire dalla metà del secolo scorso. Tali strategie saranno analizzate alla luce della distinzione – già tracciata in letteratura – tra strategie di welfare e di post-welfare. In particolare, si concentrerà l’attenzione su queste ultime, rispetto alle quali si tenterà di descrivere il mutamento emerso a seguito di fenomeni migratori di larga scala come quelli in atto. Si ritiene, infatti, di poter affermare che le strategie di controllo sociale di post-welfare si stiano strutturando ed articolando su due fronti: se, da un lato, i meccanismi di criminalizzazione continuano a passare per processi di vittimizzazione, tipici della fase post-welfare, in cui il focus è posto sulla vittima e sulla distribuzione dei rischi tra consociati; dall’altro lato, con le grandi migrazioni cui assistiamo negli ultimi tempi, sembra che venga superato il discorso relativo alle vittime, figure evanescenti e non più necessarie nel gioco della costruzione del crimine e dell’individuazione dei soggetti cui rivolgere dispositivi e misure di controllo sociale. Perché la figura del migrante divenga oggetto di controllo sociale, costruito e percepito non più solo come criminale ma come vero e proprio nemico della collettività, non sembra più necessario un processo a partire dalla vittimizzazione di determinati soggetti. La pericolosità sociale del migrante è data ormai per presunta: la percezione dell’insicurezza è a tal punto diffusa che il migrante viene rappresentato e vissuto come nemico della collettività senza che sia più necessario individuare vittime presunte e potenziali. Alla luce di ciò si offrirà come spunto per ulteriori approfondimenti futuri una riflessione critica in merito all’idoneità degli apparati epistemologici della sociologia della devianza e del diritto penale a confrontarsi con tali mutamenti rilevati a livello di strategie di post-welfare.File | Dimensione | Formato | |
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