Dagli anni Settanta del XVI secolo, l’offerta e l’organizzazione del credito assunsero, in alcuni centri (Milano, Genova, Firenze, Bologna, Venezia) delle aree economicamente più progredite dell’Italia centro-settentrionale, un connotato sempre più sistemico, svolgendo un ruolo decisivo sia per l’attività produttiva che per la dinamica politica e sociale. Accanto al rafforzamento delle componenti istituzionali, quali banchi pubblichi, monti, banchi privati, sensali e altri, anche il livello informale del commercio del denaro si potenzia in maniera costante: le reti che legavano in un’ampia massa di transazioni creditizie enti e privati, cittadini e rurali, operatori professionali e non, si addensarono progressivamente e disegnarono una geografia sempre più ramificata e capillare. I circuiti formali e informali si intrecciarono poi funzionalmente combinando l’offerta con la domanda di capitali. Partendo da questa fase di ispessimento delle attività creditizie settentrionali, il contributo traccia il sentiero evolutivo disegnato dai sistemi e dalle istituzioni creditizie d’antico regime (oltre che dall’orizzonte teorico di riferimento) fino a quelle ‘formalizzate’ di matrice tipicamente ottocentesca, facendone emergere complessità e discontinuità che caratterizzavano le dinamiche di mutamento di un settore che affondava le proprie radici in un reticolo informale di relazioni, cariche anche di una forte valenza sociale. Il credito si presentava, nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale, come una realtà polimorfica, difficilmente circoscrivibile entro precisi confini tassonomici e in rigide istituzioni formali e sfuggevole ad lettura di tipo scalare. Ne emerge il ridimensionamento dello stesso processo di formalizzazione del credito (con la Rivoluzione bancaria di metà Ottocento) e della trasformazione delle pratiche che si nascondevano dietro istituzioni che erano riflesso anche di mutamenti nell’ordine politico e intellettuale, mentre la vera discontinuità ottocentesca nell’ambito del credito commerciale e industriale appare il mutato atteggiamento degli attori economici nei confronti dell’indebitamento: non più avversione al prestito, interpretato come segno di debolezza, ma spiccata propensione a servirsi dell’ “altrui potere siccome di cosa propria”.
Il potere del credito : reti e istituzioni in Italia centro-settentrionale fra età moderna e decenni preunitari / G. De Luca, A. Moioli - In: Storia d'Italia. Annali. 23: La banca / [a cura di] A. Cova, S. La Francesca, A. Moioli, C. Bermond. - Torino : Einaudi, 2008. - ISBN 978-88-06-19120-7. - pp. 212-255
Il potere del credito : reti e istituzioni in Italia centro-settentrionale fra età moderna e decenni preunitari
G. De LucaPrimo
;A. MoioliUltimo
2008
Abstract
Dagli anni Settanta del XVI secolo, l’offerta e l’organizzazione del credito assunsero, in alcuni centri (Milano, Genova, Firenze, Bologna, Venezia) delle aree economicamente più progredite dell’Italia centro-settentrionale, un connotato sempre più sistemico, svolgendo un ruolo decisivo sia per l’attività produttiva che per la dinamica politica e sociale. Accanto al rafforzamento delle componenti istituzionali, quali banchi pubblichi, monti, banchi privati, sensali e altri, anche il livello informale del commercio del denaro si potenzia in maniera costante: le reti che legavano in un’ampia massa di transazioni creditizie enti e privati, cittadini e rurali, operatori professionali e non, si addensarono progressivamente e disegnarono una geografia sempre più ramificata e capillare. I circuiti formali e informali si intrecciarono poi funzionalmente combinando l’offerta con la domanda di capitali. Partendo da questa fase di ispessimento delle attività creditizie settentrionali, il contributo traccia il sentiero evolutivo disegnato dai sistemi e dalle istituzioni creditizie d’antico regime (oltre che dall’orizzonte teorico di riferimento) fino a quelle ‘formalizzate’ di matrice tipicamente ottocentesca, facendone emergere complessità e discontinuità che caratterizzavano le dinamiche di mutamento di un settore che affondava le proprie radici in un reticolo informale di relazioni, cariche anche di una forte valenza sociale. Il credito si presentava, nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale, come una realtà polimorfica, difficilmente circoscrivibile entro precisi confini tassonomici e in rigide istituzioni formali e sfuggevole ad lettura di tipo scalare. Ne emerge il ridimensionamento dello stesso processo di formalizzazione del credito (con la Rivoluzione bancaria di metà Ottocento) e della trasformazione delle pratiche che si nascondevano dietro istituzioni che erano riflesso anche di mutamenti nell’ordine politico e intellettuale, mentre la vera discontinuità ottocentesca nell’ambito del credito commerciale e industriale appare il mutato atteggiamento degli attori economici nei confronti dell’indebitamento: non più avversione al prestito, interpretato come segno di debolezza, ma spiccata propensione a servirsi dell’ “altrui potere siccome di cosa propria”.Pubblicazioni consigliate
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