Lo studio dei corredi funerari portati alla luce nelle necropoli altomedievali di Nocera Umbra e Castel Trosino conduce inevitabilmente ad un esame sui manufatti di oreficeria rinvenuti durante le rispettive campagne di scavo condotte sul volgere del XIX secolo. Tali gioielli, ad oggi studiati solo genericamente, possono invece costituire il punto di partenza per un’analisi multidisciplinare che vada oltre il semplice studio della produzione di manufatti preziosi nella prima età longobarda in Italia centrale, facendo luce sui flussi commerciali di oggetti di lusso tra popolazioni autoctone e popolazioni longobarde così come sulla circolazione di modelli tipologici e stilistici fortemente influenzati dalla cultura bizantina. La produzione e l’uso di gioielli per l’ornamento personale erano consuetudini proprie delle popolazioni germaniche che attribuivano agli oggetti preziosi un ruolo di tutta preminenza per quanto concerneva l’esplicitazione dello status sociale. Tali consuetudini emergono con particolare evidenza nello studio dei corredi funebri di Castel Trosino e Nocera Umbra dove è possibile osservare non solo una chiara distinzione tra tombe di rango e non, ma anche una marcata differenziazione qualitativa tra la produzione di monili di gusto germanico e quella di gusto bizantino, produzioni che si evolvono in parallelo senza comportare alcuna prevaricazione dell’una sull’altra. Se i manufatti di pregio in stile bizantino avranno certamente richiamato l’attenzione delle popolazioni longobarde per la loro raffinatezza esecutiva e la preziosità dei materiali che li costituivano, è altrettanto vero che l’imitazione della “moda di Costantinopoli” portava con sè una chiara allusione alla ricchezza e al potere della corte bizantina. Poco importava quindi se la raffinatezza dei manufatti in stile bizantino rinveuti nelle necropoli in esame non raggiungeva i livelli delle produzioni delle officine costantinopolitane, ciò che costituiva un fattore rilevante era il richiamo a un determinato modello ben identificabile, appartenente a un linguaggio facilmente decodificabile e dotato di una propria simbologia intrinseca.
Il fascino di Bisanzio nella produzione orafa longobarda: i casi di Nocera Umbra e Castel Trosino / V. De Pasca. ((Intervento presentato al 8. convegno Dialoghi con Bisanzio : spazi di discussione, percorsi di ricerca tenutosi a Ravenna nel 2015.
Il fascino di Bisanzio nella produzione orafa longobarda: i casi di Nocera Umbra e Castel Trosino
V. De PascaPrimo
2015
Abstract
Lo studio dei corredi funerari portati alla luce nelle necropoli altomedievali di Nocera Umbra e Castel Trosino conduce inevitabilmente ad un esame sui manufatti di oreficeria rinvenuti durante le rispettive campagne di scavo condotte sul volgere del XIX secolo. Tali gioielli, ad oggi studiati solo genericamente, possono invece costituire il punto di partenza per un’analisi multidisciplinare che vada oltre il semplice studio della produzione di manufatti preziosi nella prima età longobarda in Italia centrale, facendo luce sui flussi commerciali di oggetti di lusso tra popolazioni autoctone e popolazioni longobarde così come sulla circolazione di modelli tipologici e stilistici fortemente influenzati dalla cultura bizantina. La produzione e l’uso di gioielli per l’ornamento personale erano consuetudini proprie delle popolazioni germaniche che attribuivano agli oggetti preziosi un ruolo di tutta preminenza per quanto concerneva l’esplicitazione dello status sociale. Tali consuetudini emergono con particolare evidenza nello studio dei corredi funebri di Castel Trosino e Nocera Umbra dove è possibile osservare non solo una chiara distinzione tra tombe di rango e non, ma anche una marcata differenziazione qualitativa tra la produzione di monili di gusto germanico e quella di gusto bizantino, produzioni che si evolvono in parallelo senza comportare alcuna prevaricazione dell’una sull’altra. Se i manufatti di pregio in stile bizantino avranno certamente richiamato l’attenzione delle popolazioni longobarde per la loro raffinatezza esecutiva e la preziosità dei materiali che li costituivano, è altrettanto vero che l’imitazione della “moda di Costantinopoli” portava con sè una chiara allusione alla ricchezza e al potere della corte bizantina. Poco importava quindi se la raffinatezza dei manufatti in stile bizantino rinveuti nelle necropoli in esame non raggiungeva i livelli delle produzioni delle officine costantinopolitane, ciò che costituiva un fattore rilevante era il richiamo a un determinato modello ben identificabile, appartenente a un linguaggio facilmente decodificabile e dotato di una propria simbologia intrinseca.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
programma_dialoghi_con_bisanzio.pdf
accesso aperto
Descrizione: Programma
Tipologia:
Publisher's version/PDF
Dimensione
1.98 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.98 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.