Il presente studio è dedicato alla nozione di bene analizzata in ottica comparatista. Il raffronto fra i differenti modelli analizzati mette in luce che i termini più frequentemente utilizzati sono: bien(s), chose, patrimoine, droit réel, propriété, droit, possession; thing(s), object, asset(s), property, ownership, estate. Ognuna di queste parole pone un problema di traduzione dall’inglese al francese e viceversa, in quanto in nessun caso le nozioni giuridiche che ciascuna di esse veicola all’ascoltatore possono essere veicolate esattamente mediante un termine corrispondente nell’altra lingua. Più precisamente si deve osservare che un rapporto di corrispondenza esiste, ma è grossolano e fortemente dipendente dal contesto del discorso. Ciò può essere considerato sorprendente perché ci si è abituati a pensare che il diritto di proprietà sia una pietra d’angolo della struttura sociale. Per gran parte del secolo XX è stata valida la distinzione tra famiglia dei paesi socialisti e le altre famiglie giuridiche. Tale distinzione era essenzialmente fondata sulla diversità di struttura sociale derivate dal diversa struttura dei diritti di proprietà. Secondo il più noto manuale di diritto comparato ( René David, Les grands systèmes de droit contemporains, p . 123, 10 ed., par R. Davis et Camille Jauffret-Spinosi,Paris, Dalloz, 1992) « l’État socialiste ( est) caractérisé par la collectivisation des biens de production ». Dopo la scomparsa della famiglia dei paesi socialisti si potrebbe pensare che le nozioni giuridiche implicate nella circolazione e tutela dei diritti di proprietà siano sostanzialmente uniformi in gran parte del mondo contemporaneo. Ciò può essere vero dal punto di vista degli economisti o degli studiosi di scienze politiche; è parzialmente vero nel caso della tutela costituzionale della proprietà privata: ma non è affatto vero nel caso del diritto privato. La difficoltà appena rilevata conduce a riflettere sul motivo delle difficoltà di traduzione che il diritto comparato sottolinea. Una ipotesi esplicativa al riguardo è che la terminologia di base mediante la quale si compongono i discorsi concernenti le droit des biens sia ricca di ambiguità e polisemie Sotto il profilo terminologico ciò da origine alla situazione semi paradossale di un settore del diritto privato, detto appunto Droit des Biens, il chi termine chiave (bien(s)) è in comunione con il settore che in una certa misura si contrappone, ossia: le droit des obligations. Giova anche sottolineare come in tutti i sistemi di civil law, il diritto di proprietà è detto costituire l’archetipo dei diritti reali. Tuttavia la nozione di diritto di proprietà è fondata sull’idea che al proprietario competono tutti i diritti che un privato può avere su una cosa, sicché quando la cosa sia un oggetto corporale, la proprietà si confonde con la cosa stessa. Gli altri diritti reali, invece, non si possono confondere con la cosa stessa, tanto è vero che nella classificazione di Gaio, che è stata tramandata alle esperienze di civil law tramite le Istitutiones di Giustiniano, solo la proprietà era considerata come res corporalis, mentre gli altri diritti reali, rientravano nella categorie delle res incorporales. Simile discontinuità tra la nozione di proprietà e la nozione di ritto reale emerge con chiarezza in quei sistemi giuridici come quello tedesco e gli altri che hanno seguito il modello del BGB, per cui oggetto di un Sachenrect può essere solo una cosa corporale. Da ciò una delle poche contraddizioni logiche che si possono riscontrare nel BGB il quale assume che i Sachenrchts sono solo quelli che si riferiscono alle cose corporali, ma poi considera nel libro terzo anche i pegno di crediti ( § 1279-1290) e l’usufrutto su diritti ( § 1068-1084). Nei discorsi interni alla tradizione di common law la parola thing serve a designare sia l’oggetto di diritti sia i diritti che possiamo avere, così come la parola property, almeno nei discorsi meno sorvegliati, può designare sia l’oggetto della property ( “This car is my property”) sia il tipo di diritto soggettivo che si ha sulla cosa; ed anche un diritto avente un qualche contenuto patrimoniale, separato da una cosa in senso proprio.

La notion de biens / A. Candian - In: General Reports of the 17. congress of the international academy of comparative law / [a cura di] K. Boele-Woelki, S. van Erp. - Utrecht : Bruxelles : Eleven : Bruylant, 2007. - ISBN 9782802723943.

La notion de biens

A. Candian
Primo
2007

Abstract

Il presente studio è dedicato alla nozione di bene analizzata in ottica comparatista. Il raffronto fra i differenti modelli analizzati mette in luce che i termini più frequentemente utilizzati sono: bien(s), chose, patrimoine, droit réel, propriété, droit, possession; thing(s), object, asset(s), property, ownership, estate. Ognuna di queste parole pone un problema di traduzione dall’inglese al francese e viceversa, in quanto in nessun caso le nozioni giuridiche che ciascuna di esse veicola all’ascoltatore possono essere veicolate esattamente mediante un termine corrispondente nell’altra lingua. Più precisamente si deve osservare che un rapporto di corrispondenza esiste, ma è grossolano e fortemente dipendente dal contesto del discorso. Ciò può essere considerato sorprendente perché ci si è abituati a pensare che il diritto di proprietà sia una pietra d’angolo della struttura sociale. Per gran parte del secolo XX è stata valida la distinzione tra famiglia dei paesi socialisti e le altre famiglie giuridiche. Tale distinzione era essenzialmente fondata sulla diversità di struttura sociale derivate dal diversa struttura dei diritti di proprietà. Secondo il più noto manuale di diritto comparato ( René David, Les grands systèmes de droit contemporains, p . 123, 10 ed., par R. Davis et Camille Jauffret-Spinosi,Paris, Dalloz, 1992) « l’État socialiste ( est) caractérisé par la collectivisation des biens de production ». Dopo la scomparsa della famiglia dei paesi socialisti si potrebbe pensare che le nozioni giuridiche implicate nella circolazione e tutela dei diritti di proprietà siano sostanzialmente uniformi in gran parte del mondo contemporaneo. Ciò può essere vero dal punto di vista degli economisti o degli studiosi di scienze politiche; è parzialmente vero nel caso della tutela costituzionale della proprietà privata: ma non è affatto vero nel caso del diritto privato. La difficoltà appena rilevata conduce a riflettere sul motivo delle difficoltà di traduzione che il diritto comparato sottolinea. Una ipotesi esplicativa al riguardo è che la terminologia di base mediante la quale si compongono i discorsi concernenti le droit des biens sia ricca di ambiguità e polisemie Sotto il profilo terminologico ciò da origine alla situazione semi paradossale di un settore del diritto privato, detto appunto Droit des Biens, il chi termine chiave (bien(s)) è in comunione con il settore che in una certa misura si contrappone, ossia: le droit des obligations. Giova anche sottolineare come in tutti i sistemi di civil law, il diritto di proprietà è detto costituire l’archetipo dei diritti reali. Tuttavia la nozione di diritto di proprietà è fondata sull’idea che al proprietario competono tutti i diritti che un privato può avere su una cosa, sicché quando la cosa sia un oggetto corporale, la proprietà si confonde con la cosa stessa. Gli altri diritti reali, invece, non si possono confondere con la cosa stessa, tanto è vero che nella classificazione di Gaio, che è stata tramandata alle esperienze di civil law tramite le Istitutiones di Giustiniano, solo la proprietà era considerata come res corporalis, mentre gli altri diritti reali, rientravano nella categorie delle res incorporales. Simile discontinuità tra la nozione di proprietà e la nozione di ritto reale emerge con chiarezza in quei sistemi giuridici come quello tedesco e gli altri che hanno seguito il modello del BGB, per cui oggetto di un Sachenrect può essere solo una cosa corporale. Da ciò una delle poche contraddizioni logiche che si possono riscontrare nel BGB il quale assume che i Sachenrchts sono solo quelli che si riferiscono alle cose corporali, ma poi considera nel libro terzo anche i pegno di crediti ( § 1279-1290) e l’usufrutto su diritti ( § 1068-1084). Nei discorsi interni alla tradizione di common law la parola thing serve a designare sia l’oggetto di diritti sia i diritti che possiamo avere, così come la parola property, almeno nei discorsi meno sorvegliati, può designare sia l’oggetto della property ( “This car is my property”) sia il tipo di diritto soggettivo che si ha sulla cosa; ed anche un diritto avente un qualche contenuto patrimoniale, separato da una cosa in senso proprio.
Settore IUS/02 - Diritto Privato Comparato
2007
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