The article moves from an ironical paradox: while contemporary cultural and social theorists borrow from architectural discourse the metaphor and the language of «construction» to denaturalize the notions of body and gender, they draw on a view of architecture – that of craftsmanship and human artifice – that the architectural discipline has always sought to deny, through the metaphor of the building as a human (male) body and, after the mediatization of architectural discourse, through the metaphor of the very body of the architect. Thus, the article shows the further paradox of the social sciences borrowing their discourse of constructivism from the gendered and hegemonic body of the male architect. Through an analysis of film and television texts, from King Vidor’s The Fountainhead (1949) to the TV series Prison Break (2005-2009), the articles aims to explore the active role that media constructions play in this embodiment of architectural theory, written in the flesh of the male architect.

Il paper propone un’esplorazione delle rappresentazioni del corpo maschile attraverso una prospettiva piuttosto inedita. L’oggetto dell’indagine, infatti, è costituito dalle costruzioni (mediatiche) di corpi maschili un po’ particolari, ovvero quelli dei “veri” costruttori del nostro ambiente sociale: gli architetti. L’analisi muove dalla considerazione di un apparente paradosso: laddove la “sociologia del corpo” si sforza di essere anti-essenzialista, in uno dei campi più minati di questa arena – il corpo e il gendered body –, la metafora della “costruzione” viene presa in prestito proprio dalla disciplina – l’architettura – che con maggior sforzo ha tentato di dissimulare questo processo di “costruzione”, naturalizzandolo e incorporandolo nella maschilità. E non solo nella maschilità dell’edificio (si pensi all’antropomorfismo che sostanzia tutta la trattatistica architettonica a partire dalla classicità per arrivare al Novecento), ma anche, e soprattutto, nella maschilità dell’architetto, artefice e demiurgo dei luoghi e degli spazi dove avvengono le interazioni dei corpi degli individui. È interessante, allora, vedere come gli altri grandi “costruttori” della nostra realtà sociale, i media, costuriscono a loro volta i corpi di genere degli architetti, corpi sessuati, naturalmente maschili. Attraverso l’analisi di alcuni film centrati sulla rappresentazione della figura dell’architetto – e in particolare del suo corpo e della sua maschilità – il paper si propone di esplorare le condizioni di costruzione dei corpi dei “costruttori”, per verificare se e come, anche in questo caso, ci troviamo ad avere a che fare con una pluralità di corpi e di modalità di produrre e definire la sessualità maschile.

Body/builders : costruttori di corpi e corpi di costruttori / F. Boni. - In: STUDI CULTURALI. - ISSN 1824-369X. - 10:2(2013 Aug), pp. 211-234. [10.1405/74015]

Body/builders : costruttori di corpi e corpi di costruttori

F. Boni
2013

Abstract

The article moves from an ironical paradox: while contemporary cultural and social theorists borrow from architectural discourse the metaphor and the language of «construction» to denaturalize the notions of body and gender, they draw on a view of architecture – that of craftsmanship and human artifice – that the architectural discipline has always sought to deny, through the metaphor of the building as a human (male) body and, after the mediatization of architectural discourse, through the metaphor of the very body of the architect. Thus, the article shows the further paradox of the social sciences borrowing their discourse of constructivism from the gendered and hegemonic body of the male architect. Through an analysis of film and television texts, from King Vidor’s The Fountainhead (1949) to the TV series Prison Break (2005-2009), the articles aims to explore the active role that media constructions play in this embodiment of architectural theory, written in the flesh of the male architect.
Il paper propone un’esplorazione delle rappresentazioni del corpo maschile attraverso una prospettiva piuttosto inedita. L’oggetto dell’indagine, infatti, è costituito dalle costruzioni (mediatiche) di corpi maschili un po’ particolari, ovvero quelli dei “veri” costruttori del nostro ambiente sociale: gli architetti. L’analisi muove dalla considerazione di un apparente paradosso: laddove la “sociologia del corpo” si sforza di essere anti-essenzialista, in uno dei campi più minati di questa arena – il corpo e il gendered body –, la metafora della “costruzione” viene presa in prestito proprio dalla disciplina – l’architettura – che con maggior sforzo ha tentato di dissimulare questo processo di “costruzione”, naturalizzandolo e incorporandolo nella maschilità. E non solo nella maschilità dell’edificio (si pensi all’antropomorfismo che sostanzia tutta la trattatistica architettonica a partire dalla classicità per arrivare al Novecento), ma anche, e soprattutto, nella maschilità dell’architetto, artefice e demiurgo dei luoghi e degli spazi dove avvengono le interazioni dei corpi degli individui. È interessante, allora, vedere come gli altri grandi “costruttori” della nostra realtà sociale, i media, costuriscono a loro volta i corpi di genere degli architetti, corpi sessuati, naturalmente maschili. Attraverso l’analisi di alcuni film centrati sulla rappresentazione della figura dell’architetto – e in particolare del suo corpo e della sua maschilità – il paper si propone di esplorare le condizioni di costruzione dei corpi dei “costruttori”, per verificare se e come, anche in questo caso, ci troviamo ad avere a che fare con una pluralità di corpi e di modalità di produrre e definire la sessualità maschile.
corpo; architettura; media; cinema; sociologia del corpo
Settore SPS/08 - Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
ago-2013
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