Un centro di recupero per animali selvatici (C.R.A.S.) è una struttura preposta all’accoglienza, degenza, cura, riabilitazione e reinserimento in natura di esemplari di fauna ritrovata in difficoltà. Le motivazioni su cui poggia il recupero possono essere così identificate: - riconoscimento all’animale selvatico, del diritto ad essere curato e recuperato, indipendentemente dalla specie di appartenenza; - salvaguardia delle specie selvatiche in cattivo stato di conservazione; - riconoscimento all'intervento di recupero, di un valore educativo nei confronti delle tematiche della conservazione ambientale; - studio dei parametri fisiologici, monitoraggio epidemiologico e quant'altro possa ritenersi utile alla ricerca scientifica. In Italia la comparsa dei primi C.R.A.S. risale alla seconda metà degli anni ’70; inizialmente questi centri erano destinati solo al recupero di uccelli (in particolar modo rapaci feriti da bracconieri) mentre, successivamente, la loro attività si è allargata anche a mammiferi e rettili. Non esiste un data base aggiornato che riporti tutte le strutture adibite a queste attività nel nostro Paese ma, probabilmente, tali centri si aggirano tra le 80 e le 100. Ovviamente la disponibilità di spazi, voliere, recinti, personale qualificato e fondi è molto variabile e questo ne ostacola le finalità. Scopo della presente relazione è quella di mettere in risalto quelle che sono le principali criticità anche confrontando la gestione con strutture analoghe presenti in paesi dove la biodiversità è molto variegata, come l’Australia. Le principali criticità riscontrate si possono riassumere in alcuni punti: 1) scarsità di fondi a disposizione di ogni C.R.A.S. Per esempio da conti economici svolti con i principi dell’estimo nel C.R.A.S. di Vanzago (Mi), si è visto che la gestione di un pullo di rondone può costare fino a 100€ mentre una lesione traumatica dovuta a bracconaggio in un rapace può arrivare a 400€. 2) Disponibilità di strutture adeguate allo scopo, cercando anche di “specializzare” alcuni CRAS all’interno delle regioni. Alcuni centri, infatti, pur agendo con le migliori intenzioni non hanno competenze e strumenti sufficienti per svolgere questa attività; le voliere ed i recinti devono rispondere a degli standard dimensionali adeguati. I C.R.A.S. non si devono trasformare in centri in cui vengono ricoverati animali sequestrati dalle autorità giudiziarie, in parte anche per motivi opinabili, che occupano spazio e costano, togliendo risorse alle specie che hanno realmente bisogno di aiuto. Alcuni C.R.A.S. infati, soprattutto in alcune regioni d’Italia, ricoverano anche alcune centinaia di soggetti bracconati all’anno 3) Maggiore collaborazione con enti pubblici di ricerca (Università) o privati (Cliniche veterinarie) che sopperiscano ad alcune carenze strutturali come la scarsità di strumentari di diagnosi clinica (es. diagnostica per immagini). In Australia ogni clinica privata ha un veterinario esperto in fauna e spesso i C.R.A.S. locali non hanno veterinari interni proprio perché si appoggiano a queste cliniche o alle università che si prestano gratuitamente ad assistere clinicamente gli animali. 4) Maggiore “specializzazione” degli operatori (tirocinanti o volontari). La buona volontà e lo spirito di sacrificio non sempre è indice di efficienza; bisogno che gli operatori svolgano appositi corsi per acquisire manualità e senso critico per poter meglio svolgere alcune operazioni. 5) Gestione delle specie alloctone e dell’eutanasia. Questo aspetto coinvolge l’etica personale ed è fonte di accesi dibattiti. In Australia, già dal 1992, esiste un “Code of Practice” che codifica alcuni aspetti gestionali ed è adottato in tutti gli stati; l’eutanasia ad es. viene praticata su tutte le specie alloctone ricoverate, indipendentemente dalla loro situazione clinica; sugli animali irrecuperabili alla vita selvatica e anche sugli animali che pur essendo recuperabili, hanno costi di gestione non sarebbero sostenibili dal centro. 6) Monitoraggi post rilascio. Questo aspetto si collega al primo, il monitoraggio costa molto e quindi ci si limita spesso al solo inanellamento dell’avifauna rilasciata. 7) Maggiore interazione almeno tra i C.R.A.S. della stessa regione, con adozione di protocolli operativi simili, pubblicazione di dati ed esperienze, sia in caso di successi sia di insuccessi. Un ultimo aspetto che non spetterebbe esclusivamente ai C.R.A.S. ma che comunque queste strutture possono implementare nella loro attività di divulgazione è sicuramente stimolare un forte coscienza ambientale. Si ritiene, infatti, che non sia sufficiente cercare di risolvere i problemi che affliggono l’ambiente naturale ma sia fondamentale tentare di prevenirli. Per fare questo, come avviene in altri Paesi, è necessario sensibilizzare i cittadini alle problematiche ambientali ed educare i bambini affinché rispettino il patrimonio naturalistico nel quale vivono.

Principali criticità nella gestione dei CRAS / G. Grilli, S. Raimondi, F. Ciccarelli, L. Migliavacca, C. De Bellegarde de Saint Lary, V. Ferrazzi, A. Fioretti, D. Gallazzi. ((Intervento presentato al 4. convegno Workshop regionale : Centri Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) in Piemonte: situazione attuale e prospettive tenutosi a Torino nel 2014.

Principali criticità nella gestione dei CRAS

G. Grilli
Primo
;
V. Ferrazzi;D. Gallazzi
Ultimo
2014

Abstract

Un centro di recupero per animali selvatici (C.R.A.S.) è una struttura preposta all’accoglienza, degenza, cura, riabilitazione e reinserimento in natura di esemplari di fauna ritrovata in difficoltà. Le motivazioni su cui poggia il recupero possono essere così identificate: - riconoscimento all’animale selvatico, del diritto ad essere curato e recuperato, indipendentemente dalla specie di appartenenza; - salvaguardia delle specie selvatiche in cattivo stato di conservazione; - riconoscimento all'intervento di recupero, di un valore educativo nei confronti delle tematiche della conservazione ambientale; - studio dei parametri fisiologici, monitoraggio epidemiologico e quant'altro possa ritenersi utile alla ricerca scientifica. In Italia la comparsa dei primi C.R.A.S. risale alla seconda metà degli anni ’70; inizialmente questi centri erano destinati solo al recupero di uccelli (in particolar modo rapaci feriti da bracconieri) mentre, successivamente, la loro attività si è allargata anche a mammiferi e rettili. Non esiste un data base aggiornato che riporti tutte le strutture adibite a queste attività nel nostro Paese ma, probabilmente, tali centri si aggirano tra le 80 e le 100. Ovviamente la disponibilità di spazi, voliere, recinti, personale qualificato e fondi è molto variabile e questo ne ostacola le finalità. Scopo della presente relazione è quella di mettere in risalto quelle che sono le principali criticità anche confrontando la gestione con strutture analoghe presenti in paesi dove la biodiversità è molto variegata, come l’Australia. Le principali criticità riscontrate si possono riassumere in alcuni punti: 1) scarsità di fondi a disposizione di ogni C.R.A.S. Per esempio da conti economici svolti con i principi dell’estimo nel C.R.A.S. di Vanzago (Mi), si è visto che la gestione di un pullo di rondone può costare fino a 100€ mentre una lesione traumatica dovuta a bracconaggio in un rapace può arrivare a 400€. 2) Disponibilità di strutture adeguate allo scopo, cercando anche di “specializzare” alcuni CRAS all’interno delle regioni. Alcuni centri, infatti, pur agendo con le migliori intenzioni non hanno competenze e strumenti sufficienti per svolgere questa attività; le voliere ed i recinti devono rispondere a degli standard dimensionali adeguati. I C.R.A.S. non si devono trasformare in centri in cui vengono ricoverati animali sequestrati dalle autorità giudiziarie, in parte anche per motivi opinabili, che occupano spazio e costano, togliendo risorse alle specie che hanno realmente bisogno di aiuto. Alcuni C.R.A.S. infati, soprattutto in alcune regioni d’Italia, ricoverano anche alcune centinaia di soggetti bracconati all’anno 3) Maggiore collaborazione con enti pubblici di ricerca (Università) o privati (Cliniche veterinarie) che sopperiscano ad alcune carenze strutturali come la scarsità di strumentari di diagnosi clinica (es. diagnostica per immagini). In Australia ogni clinica privata ha un veterinario esperto in fauna e spesso i C.R.A.S. locali non hanno veterinari interni proprio perché si appoggiano a queste cliniche o alle università che si prestano gratuitamente ad assistere clinicamente gli animali. 4) Maggiore “specializzazione” degli operatori (tirocinanti o volontari). La buona volontà e lo spirito di sacrificio non sempre è indice di efficienza; bisogno che gli operatori svolgano appositi corsi per acquisire manualità e senso critico per poter meglio svolgere alcune operazioni. 5) Gestione delle specie alloctone e dell’eutanasia. Questo aspetto coinvolge l’etica personale ed è fonte di accesi dibattiti. In Australia, già dal 1992, esiste un “Code of Practice” che codifica alcuni aspetti gestionali ed è adottato in tutti gli stati; l’eutanasia ad es. viene praticata su tutte le specie alloctone ricoverate, indipendentemente dalla loro situazione clinica; sugli animali irrecuperabili alla vita selvatica e anche sugli animali che pur essendo recuperabili, hanno costi di gestione non sarebbero sostenibili dal centro. 6) Monitoraggi post rilascio. Questo aspetto si collega al primo, il monitoraggio costa molto e quindi ci si limita spesso al solo inanellamento dell’avifauna rilasciata. 7) Maggiore interazione almeno tra i C.R.A.S. della stessa regione, con adozione di protocolli operativi simili, pubblicazione di dati ed esperienze, sia in caso di successi sia di insuccessi. Un ultimo aspetto che non spetterebbe esclusivamente ai C.R.A.S. ma che comunque queste strutture possono implementare nella loro attività di divulgazione è sicuramente stimolare un forte coscienza ambientale. Si ritiene, infatti, che non sia sufficiente cercare di risolvere i problemi che affliggono l’ambiente naturale ma sia fondamentale tentare di prevenirli. Per fare questo, come avviene in altri Paesi, è necessario sensibilizzare i cittadini alle problematiche ambientali ed educare i bambini affinché rispettino il patrimonio naturalistico nel quale vivono.
16-dic-2014
centro recupero animali selvatici; criticità
Settore VET/05 - Malattie Infettive degli Animali Domestici
Regione Piemonte
Principali criticità nella gestione dei CRAS / G. Grilli, S. Raimondi, F. Ciccarelli, L. Migliavacca, C. De Bellegarde de Saint Lary, V. Ferrazzi, A. Fioretti, D. Gallazzi. ((Intervento presentato al 4. convegno Workshop regionale : Centri Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) in Piemonte: situazione attuale e prospettive tenutosi a Torino nel 2014.
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