Il sodalizio tra Gianfranco Contini e Eugenio Montale dura dal 1933 al 1981, coprendo gran parte delle loro biografie intellettuali. La diacronia non è l’unico elemento notevole: sotto diversi aspetti è possibile parlare di una prossimità culturale, che ha reso possibile una sorta di maturazione condivisa. Contini, rispetto a Montale, ha incarnato la figura del critico davvero “militante”, capace di fiutare la grandezza artistica, di promuoverla, di stimolarne la crescita. Il poeta, da parte sua, rimane ammirato dall’acume del critico, e lo ripaga fin dagli anni Trenta con una straordinaria apertura di credito. La confidenza instauratasi tra i due ha permesso il rapido avvio di varie forme di collaborazione, che spaziano dalla consulenza privata sui testi poetici al “patronato” editoriale, dall’esegesi critica alla promozione sul mercato estero. Il momento più alto di questa “complicità” critico-artistica coincide con la genesi delle Occasioni, a cui Contini collabora sia concretamente sia dal punto di vista “ermeneutico”. Lo stesso Montale, già nel ’33, chiedeva a un giovanissimo Contini di chiarirgli «certi sviluppi» della sua «parabola» poetica. Luigi Blasucci ha recentemente parlato di una «collaborazione di secondo grado», in cui il ruolo di Contini si rivela determinante grazie «al suo stesso modo di porre il problema critico di Montale». Per certi versi si trattò di una speciale forma di coautorialità: il documento principale di questo sodalizio tra letteratura e critica è senza dubbio la recensione ante-litteram alle Occasioni, intitolata Eugenio Montale e pubblicata su «Letteratura» nell’ottobre del ’38 (successivamente ripubblicata col titolo Dagli «Ossi» alle «Occasioni»). Il saggio presenta numerose implicazioni teoriche: viene composto in absentia di un oggetto-libro di riferimento, che a quell’altezza esisteva solo a uno stadio progettuale. "Eugenio Montale" ha inoltre una struttura completamente diversa da quella recensoria: non si riferisce a un testo, anche inteso come oggetto ideale, ancora in costruzione, ma alla correlazione di due testi, o, più precisamente, di due maniere poetiche. La prosa di Contini è fortemente “dimostrativa”: fin dalla dispositio sembra basarsi più sulla deduzione che sul metodo induttivo. Il critico formula le sue chiavi esegetiche e poi le applica con rigore, costruendo un meccanismo estremamente chiuso, in cui l’estro interpretativo si combina alla lucidità teorica. Lo scavo nell’argomentazione critica permette di estrarre i più importanti topoi dell’ermeneutica montaliana di Contini: la memoria come evocazione performativa, la lettura “di parte” tesa a dimostrare la superiorità del nuovo Montale, il metodo differenziale di derivazione crociana, la visione pseudo-teologica della poesia come un’ascesi che ha per oggetto la grazia. L’aggressione metodologica del testo montaliano rivela una combinazione di spinte diversissime, dal crocianesimo alla critica testuale, dalla sensibilità filologico-linguistica fino alla teologia rosminiana. Una ricognizione strutturale e teorica permette anche di valutare la portata di “ipotesi genetiche” basate su fenomeni come la coautorialità e il “commercio” delle interpretazioni, arrivando a classificare la “recensione” di Contini come un vero e proprio “epitesto allografo”.
Da Contini a Montale e "ritorno": complicità critiche e problemi metodologici nel saggio sulle Occasioni / L. Cardilli. ((Intervento presentato al 15. convegno XV CONVEGNO MOD tenutosi a Sassari-Alghero nel 2013.
Da Contini a Montale e "ritorno": complicità critiche e problemi metodologici nel saggio sulle Occasioni
L. Cardilli
2013
Abstract
Il sodalizio tra Gianfranco Contini e Eugenio Montale dura dal 1933 al 1981, coprendo gran parte delle loro biografie intellettuali. La diacronia non è l’unico elemento notevole: sotto diversi aspetti è possibile parlare di una prossimità culturale, che ha reso possibile una sorta di maturazione condivisa. Contini, rispetto a Montale, ha incarnato la figura del critico davvero “militante”, capace di fiutare la grandezza artistica, di promuoverla, di stimolarne la crescita. Il poeta, da parte sua, rimane ammirato dall’acume del critico, e lo ripaga fin dagli anni Trenta con una straordinaria apertura di credito. La confidenza instauratasi tra i due ha permesso il rapido avvio di varie forme di collaborazione, che spaziano dalla consulenza privata sui testi poetici al “patronato” editoriale, dall’esegesi critica alla promozione sul mercato estero. Il momento più alto di questa “complicità” critico-artistica coincide con la genesi delle Occasioni, a cui Contini collabora sia concretamente sia dal punto di vista “ermeneutico”. Lo stesso Montale, già nel ’33, chiedeva a un giovanissimo Contini di chiarirgli «certi sviluppi» della sua «parabola» poetica. Luigi Blasucci ha recentemente parlato di una «collaborazione di secondo grado», in cui il ruolo di Contini si rivela determinante grazie «al suo stesso modo di porre il problema critico di Montale». Per certi versi si trattò di una speciale forma di coautorialità: il documento principale di questo sodalizio tra letteratura e critica è senza dubbio la recensione ante-litteram alle Occasioni, intitolata Eugenio Montale e pubblicata su «Letteratura» nell’ottobre del ’38 (successivamente ripubblicata col titolo Dagli «Ossi» alle «Occasioni»). Il saggio presenta numerose implicazioni teoriche: viene composto in absentia di un oggetto-libro di riferimento, che a quell’altezza esisteva solo a uno stadio progettuale. "Eugenio Montale" ha inoltre una struttura completamente diversa da quella recensoria: non si riferisce a un testo, anche inteso come oggetto ideale, ancora in costruzione, ma alla correlazione di due testi, o, più precisamente, di due maniere poetiche. La prosa di Contini è fortemente “dimostrativa”: fin dalla dispositio sembra basarsi più sulla deduzione che sul metodo induttivo. Il critico formula le sue chiavi esegetiche e poi le applica con rigore, costruendo un meccanismo estremamente chiuso, in cui l’estro interpretativo si combina alla lucidità teorica. Lo scavo nell’argomentazione critica permette di estrarre i più importanti topoi dell’ermeneutica montaliana di Contini: la memoria come evocazione performativa, la lettura “di parte” tesa a dimostrare la superiorità del nuovo Montale, il metodo differenziale di derivazione crociana, la visione pseudo-teologica della poesia come un’ascesi che ha per oggetto la grazia. L’aggressione metodologica del testo montaliano rivela una combinazione di spinte diversissime, dal crocianesimo alla critica testuale, dalla sensibilità filologico-linguistica fino alla teologia rosminiana. Una ricognizione strutturale e teorica permette anche di valutare la portata di “ipotesi genetiche” basate su fenomeni come la coautorialità e il “commercio” delle interpretazioni, arrivando a classificare la “recensione” di Contini come un vero e proprio “epitesto allografo”.File | Dimensione | Formato | |
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