Garibaldi, Mamarosa e il binocolo: demistificazione, grottesco, eufemismo nella comicità di Piero Chiara. Nel corso della modernità letteraria, tutti i meccanismi del comico subiscono una profonda, radicale torsione, a causa sia della caduta di una rigida gerarchia dei generi e dei vincoli fra stile e contenuto nel sistema letterario, sia della travolgente affermazione del romanzo e della conseguente «romanzizzazione» della letteratura occidentale. La fine della separazione netta fra comico e tragico, e il drastico rimescolamento dei loro rispettivi confini, vanno di pari passo con l’invadenza generalizzata del comico, che s’infiltra un po’ dovunque. Se il comico relativizza, ora, gettato nel gran magma della romanzizzazione del sistema letterario finisce inevitabilmente per essere a sua volta relativizzato. Anche e proprio per questo il comico moderno si mescola inestricabilmente al tragico. In altre tradizioni letterarie, del resto, il comico appare persino più diffuso e importante di quanto non accada da noi. Tutta la narrativa di Piero Chiara conferma vigorosamente queste ipotesi. Basti pensare, anzitutto, a come le sue opere registrino una mescolanza sistematica di comico conclamato e morte. Quasi sempre venata di argomenti tragici o comunque serissimi, la comicità di Chiara, considerata nel suo insieme, appare tutta fondata su pochi ma collaudati ingredienti, che si ritrovano un po’ dappertutto, con alcuni tratti vistosamente ripetitivi, al limite dell’automatismo. Il saggio analizza alcune linee portanti del comico di Piero Chiara. Anzitutto, la spinta costante e dichiarata in direzione anti-retorica, a partire da un atteggiamento ideologico di programmatico laicismo, di diffidenza verso ogni mitizzazione e enfatizzazione, di distacco e dubbio, di conseguenza, verso l’uso propagandistico della retorica alta. Fondamentale, in questo senso, è la feroce demistificazione dei miti nazionali e patriottici. Sintomaticamente, e strategicamente, Chiara ripropone in continuazione, al limite dell’ossessione, la figura di Garibaldi. Il ricorrere implacabile degli sberleffi a Garibaldi serve, è chiaro, a costruire una progressione al tempo stesso narrativa e argomentativa, il cui bersaglio è soprattutto il fascismo. Se sono evidenti le implicazioni ideologiche, quanto meno di laica demistificazione, della comicizzazione del fascismo, non meno notevole appare, sul fronte della mescolanza sistematica fra comico e serio, la comicizzazione della guerra: persino gli eventi più tragici si rendono disponibili a una rilettura comica e derisoria. Sul piano ideologico, l’atteggiamento di Chiara potrebbe essere caratterizzato come coerente individualismo laico, con spiccate venature anti-istizionali: non a caso l’abbassamento degradante colpisce, oltre al fascismo e al nazionalismo, più in generale lo Stato, la famiglia, la religione e le sue istituzioni. Un secondo asse portante della comicità di Chiara è costituito dalla spinta verso il grottesco e la deformazione espressionistica, pressoché onnipresenti nelle sue opere. D’altro canto, la novecentesca, e molto pirandelliana, spinta alla deformazione, confina e non di rado si confonde con un più tradizionale comico di situazione, supportato da uno spudorato ricorso a sequenze da comica finale del cinema muto. Il modulo da comica finale, con giustapposizione parossistica di eventi a cascata, si sovrappone a quello, assai più antico, di novellistica e soprattutto boccaccesca memoria, della beffa con disvelamento. Un’altra sede privilegiata di comicità virata al grottesco è rappresentata dai ritratti e dai nomi, dove Chiara sciorina una verve comica a tratti greve, al limite della goliardia. Un altro rilevante elemento comico è rappresentato dalla tendenza alla replicazione dei personaggi, somiglianti o sovrapposti nei ruoli narrativi. Talvolta Chiara la spinge fino ai confini dell’ossessione del doppio. Un’altra linea maestra della comicità di Chiara è costituita dall’insistenza su quanto Bachtin chiamerebbe il “naturalismo sordido”, sulla corporeità meno nobilitabile e sulla dimensione erotica. La moderna e serio-comica mescolanza di comicità ed erotismo rischia in questo modo di confondersi con l’antica tradizione della pornografia goliardica, che è proprio il caso canonico di comico-comico pre-moderno. La comicità di Chiara strizza l’occhio a questo tipo di tradizione, ma pure la rimodula e rielabora in una direzione al tempo stesso colta e pure memore della collocazione prevalentemente orale di quella comicità, che non a caso riprende spesso proprio in chiave di rievocazione dell’oralità, stante la sua propensione a raccontare ciò che altri narratori raccontano al narratore di primo grado, più o meno marcatamente autobiografico. Proprio nel contesto di modi discorsivi che ammiccano continuamente alle forme dell’oralità, e sia pure di un’oralità linguisticamente controllata e moderata, Chiara fa costantemente riferimento al dialetto, e sciorina un vastissimo repertorio di comparazioni, spesso mutuati dagli stereotipi della colloquialità. Queste comparazioni agiscono privilegiatamente in ambiti nozionali che confermano in modo vistoso le spinte alla comicizzazione per via di abbassamento tematico, specie verso il basso corporeo, cui si accompagna un repertorio ricchissimo di riferimenti al cibo e all’alimentazione, e agli animali. Ma per altri versi, la presenza conclamata del comico basso non smette di accompagnarsi all’attivazione di strategie stilistiche di ingentilimento e alleggerimento di una materia di per sé greve, secondo due linee retoriche principali: la reticenza, ai limiti dell’ellissi vera e propria, e l’eufemismo.

Garibaldi, Mamarosa e il binocolo: demistificazione, grottesco e eufemismo nella comicità di Piero Chiara / G. Turchetta - In: Il mago del lago : Piero Chiara a cent'anni dalla nascita / [a cura di] M. Novelli. - Prima edizione. - Varese : Amici di Piero Chiara, 2014 Oct. - ISBN 9788894022506. - pp. 45-72 (( convegno Atti del Convegno internazionale : 27-28 settembre tenutosi a Varese-Luino nel 2013.

Garibaldi, Mamarosa e il binocolo: demistificazione, grottesco e eufemismo nella comicità di Piero Chiara

G. Turchetta
Primo
2014

Abstract

Garibaldi, Mamarosa e il binocolo: demistificazione, grottesco, eufemismo nella comicità di Piero Chiara. Nel corso della modernità letteraria, tutti i meccanismi del comico subiscono una profonda, radicale torsione, a causa sia della caduta di una rigida gerarchia dei generi e dei vincoli fra stile e contenuto nel sistema letterario, sia della travolgente affermazione del romanzo e della conseguente «romanzizzazione» della letteratura occidentale. La fine della separazione netta fra comico e tragico, e il drastico rimescolamento dei loro rispettivi confini, vanno di pari passo con l’invadenza generalizzata del comico, che s’infiltra un po’ dovunque. Se il comico relativizza, ora, gettato nel gran magma della romanzizzazione del sistema letterario finisce inevitabilmente per essere a sua volta relativizzato. Anche e proprio per questo il comico moderno si mescola inestricabilmente al tragico. In altre tradizioni letterarie, del resto, il comico appare persino più diffuso e importante di quanto non accada da noi. Tutta la narrativa di Piero Chiara conferma vigorosamente queste ipotesi. Basti pensare, anzitutto, a come le sue opere registrino una mescolanza sistematica di comico conclamato e morte. Quasi sempre venata di argomenti tragici o comunque serissimi, la comicità di Chiara, considerata nel suo insieme, appare tutta fondata su pochi ma collaudati ingredienti, che si ritrovano un po’ dappertutto, con alcuni tratti vistosamente ripetitivi, al limite dell’automatismo. Il saggio analizza alcune linee portanti del comico di Piero Chiara. Anzitutto, la spinta costante e dichiarata in direzione anti-retorica, a partire da un atteggiamento ideologico di programmatico laicismo, di diffidenza verso ogni mitizzazione e enfatizzazione, di distacco e dubbio, di conseguenza, verso l’uso propagandistico della retorica alta. Fondamentale, in questo senso, è la feroce demistificazione dei miti nazionali e patriottici. Sintomaticamente, e strategicamente, Chiara ripropone in continuazione, al limite dell’ossessione, la figura di Garibaldi. Il ricorrere implacabile degli sberleffi a Garibaldi serve, è chiaro, a costruire una progressione al tempo stesso narrativa e argomentativa, il cui bersaglio è soprattutto il fascismo. Se sono evidenti le implicazioni ideologiche, quanto meno di laica demistificazione, della comicizzazione del fascismo, non meno notevole appare, sul fronte della mescolanza sistematica fra comico e serio, la comicizzazione della guerra: persino gli eventi più tragici si rendono disponibili a una rilettura comica e derisoria. Sul piano ideologico, l’atteggiamento di Chiara potrebbe essere caratterizzato come coerente individualismo laico, con spiccate venature anti-istizionali: non a caso l’abbassamento degradante colpisce, oltre al fascismo e al nazionalismo, più in generale lo Stato, la famiglia, la religione e le sue istituzioni. Un secondo asse portante della comicità di Chiara è costituito dalla spinta verso il grottesco e la deformazione espressionistica, pressoché onnipresenti nelle sue opere. D’altro canto, la novecentesca, e molto pirandelliana, spinta alla deformazione, confina e non di rado si confonde con un più tradizionale comico di situazione, supportato da uno spudorato ricorso a sequenze da comica finale del cinema muto. Il modulo da comica finale, con giustapposizione parossistica di eventi a cascata, si sovrappone a quello, assai più antico, di novellistica e soprattutto boccaccesca memoria, della beffa con disvelamento. Un’altra sede privilegiata di comicità virata al grottesco è rappresentata dai ritratti e dai nomi, dove Chiara sciorina una verve comica a tratti greve, al limite della goliardia. Un altro rilevante elemento comico è rappresentato dalla tendenza alla replicazione dei personaggi, somiglianti o sovrapposti nei ruoli narrativi. Talvolta Chiara la spinge fino ai confini dell’ossessione del doppio. Un’altra linea maestra della comicità di Chiara è costituita dall’insistenza su quanto Bachtin chiamerebbe il “naturalismo sordido”, sulla corporeità meno nobilitabile e sulla dimensione erotica. La moderna e serio-comica mescolanza di comicità ed erotismo rischia in questo modo di confondersi con l’antica tradizione della pornografia goliardica, che è proprio il caso canonico di comico-comico pre-moderno. La comicità di Chiara strizza l’occhio a questo tipo di tradizione, ma pure la rimodula e rielabora in una direzione al tempo stesso colta e pure memore della collocazione prevalentemente orale di quella comicità, che non a caso riprende spesso proprio in chiave di rievocazione dell’oralità, stante la sua propensione a raccontare ciò che altri narratori raccontano al narratore di primo grado, più o meno marcatamente autobiografico. Proprio nel contesto di modi discorsivi che ammiccano continuamente alle forme dell’oralità, e sia pure di un’oralità linguisticamente controllata e moderata, Chiara fa costantemente riferimento al dialetto, e sciorina un vastissimo repertorio di comparazioni, spesso mutuati dagli stereotipi della colloquialità. Queste comparazioni agiscono privilegiatamente in ambiti nozionali che confermano in modo vistoso le spinte alla comicizzazione per via di abbassamento tematico, specie verso il basso corporeo, cui si accompagna un repertorio ricchissimo di riferimenti al cibo e all’alimentazione, e agli animali. Ma per altri versi, la presenza conclamata del comico basso non smette di accompagnarsi all’attivazione di strategie stilistiche di ingentilimento e alleggerimento di una materia di per sé greve, secondo due linee retoriche principali: la reticenza, ai limiti dell’ellissi vera e propria, e l’eufemismo.
Piero Chiara; grottesco; comico; deformazione; romanzo; nazionalismo
Settore L-FIL-LET/11 - Letteratura Italiana Contemporanea
Settore L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana
ott-2014
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