La coazione al sublime nel Novecento letterario italiano: peripezie di una impossibile necessità È inevitabile prendere atto del definitivo tramonto del Sublime stricto sensu, che va di pari passo con l’affermazione irresistibile del genere romanzo nella letteratura occidentale moderna, come ci ha mostrato anzitutto Auerbach. D’altro canto, il Novecento letterario e il primo scorcio del terzo millennio mostrano una costante tensione al sublime, cioè sia all’intensificazione emozionale, sia all’innalzamento stilistico, in parecchi casi nuovamente ricongiunti, anche se in un contesto ormai fondamentalmente e irriducibilmente estraneo al vincolo rigido tra forme e contenuti che sorreggeva il Sublime classico. È una tensione che appare irriducibile, cogente se non coatta, tanto da far sospettare ch’essa abbia addirittura a che fare con la letteratura tout court, così come percepita dalla modernità, che, pur divenuta “liquida” (Baumann), “radicale” e “riflessiva” (Giddens), e sovrapponibile alla “società del rischio” (Beck), non cessa di essere lo sfondo delle nostre vite. Il contesto di “una società post-tradizionale” (Giddens) quale la nostra registra una diffusione onnipervasiva di dipendenze e conseguenti coazioni, che potenzialmente raggiungono ogni ambito della vita sociale. Queste dinamiche riguardano anche le attività artistiche in genere, e la letteratura in specie, che così, proprio mentre il sublime tramonta, genera una formidabile tensione verso la totalità, associata a una titanica aspirazione a far convivere in una stessa opera ciò che a prima vista non può convivere, a caricare di potenziale esteticità ogni realtà, anche la più impoetica, in nome di un valore estetico che fa balenare anche una nuova verità e un irriducibile valore morale. Si potrebbe così parlare di una dinamica di arretramento e ritorno del sublime, così come Foucault parlava di "L’allontanamento e il ritorno dell’origine" nell’episteme della modernità: un movimento del resto perfettamente coevo alla nascita della letteratura così come noi la intendiamo, cioè a quella “rivoluzione simbolica” (Bourdieu) che delinea il campo socio-culturale della “letteratura”, caratterizzato proprio dall’aspirazione paradossale a “Scrivere bene il mediocre” e a fare “del reale scritto” (Flaubert), generando il paradosso del moderno sublime senza Sublime, dinamico e riflessivo, che si produce sullo sfondo dell’autocoscienza della letteratura. Alcuni momenti centrali della letteratura italiana contemporanea possono così essere riletti proprio come momenti di una fenomenologia del sublime riflessivo: cominciando dal caso esemplare di D’Annunzio, per proseguire con le peripezie della poesia novecentesca, la scrittura “gestuale” di Fenoglio, la sovrapposizione fra spirito e carne di Testori, l’opposizione fra narrazione e scrittura di Consolo e in genere le narrazioni poetizzanti di molta narrativa siciliana, da Vittorini e D’Arrigo, fino all’alto stile esibito e negato della scrittura di Elsa Morante. Gli ultimi decenni, infine, hanno visto una potente riaffermazione di scritture segnate da un movimento insieme di rilancio e di negazione del sublime: con autori come Elena Ferrante o Erri De Luca, fino alla generazione degli scrittori nati ormai nell’ultimo scorcio del secolo XX, per i quali la tensione verso la letteratura come luogo di uno stile “altro” si fa strumento di “distinzione” e di rilegittimazione nel nuovo panorama dei media digitali iperconnessi nella rete.

La coazione al sublime nel Novecento letterario italiano : peripezie di una impossibile necessità / G. Turchetta (LA MODERNITÀ LETTERARIA). - In: Sublime e antisublime nella modernità : atti del 14. Convegno internazionale della Mod, 13-16 giugno 2012 / [a cura di] M. Paino, D. Tomasello. - Prima edizione. - Pisa : ETS, 2014 Jun. - ISBN 9788846739452. - pp. 117-138 (( Intervento presentato al 14. convegno Sublime e antisublime nella modernità tenutosi a Messina nel 2012.

La coazione al sublime nel Novecento letterario italiano : peripezie di una impossibile necessità

G. Turchetta
Primo
2014

Abstract

La coazione al sublime nel Novecento letterario italiano: peripezie di una impossibile necessità È inevitabile prendere atto del definitivo tramonto del Sublime stricto sensu, che va di pari passo con l’affermazione irresistibile del genere romanzo nella letteratura occidentale moderna, come ci ha mostrato anzitutto Auerbach. D’altro canto, il Novecento letterario e il primo scorcio del terzo millennio mostrano una costante tensione al sublime, cioè sia all’intensificazione emozionale, sia all’innalzamento stilistico, in parecchi casi nuovamente ricongiunti, anche se in un contesto ormai fondamentalmente e irriducibilmente estraneo al vincolo rigido tra forme e contenuti che sorreggeva il Sublime classico. È una tensione che appare irriducibile, cogente se non coatta, tanto da far sospettare ch’essa abbia addirittura a che fare con la letteratura tout court, così come percepita dalla modernità, che, pur divenuta “liquida” (Baumann), “radicale” e “riflessiva” (Giddens), e sovrapponibile alla “società del rischio” (Beck), non cessa di essere lo sfondo delle nostre vite. Il contesto di “una società post-tradizionale” (Giddens) quale la nostra registra una diffusione onnipervasiva di dipendenze e conseguenti coazioni, che potenzialmente raggiungono ogni ambito della vita sociale. Queste dinamiche riguardano anche le attività artistiche in genere, e la letteratura in specie, che così, proprio mentre il sublime tramonta, genera una formidabile tensione verso la totalità, associata a una titanica aspirazione a far convivere in una stessa opera ciò che a prima vista non può convivere, a caricare di potenziale esteticità ogni realtà, anche la più impoetica, in nome di un valore estetico che fa balenare anche una nuova verità e un irriducibile valore morale. Si potrebbe così parlare di una dinamica di arretramento e ritorno del sublime, così come Foucault parlava di "L’allontanamento e il ritorno dell’origine" nell’episteme della modernità: un movimento del resto perfettamente coevo alla nascita della letteratura così come noi la intendiamo, cioè a quella “rivoluzione simbolica” (Bourdieu) che delinea il campo socio-culturale della “letteratura”, caratterizzato proprio dall’aspirazione paradossale a “Scrivere bene il mediocre” e a fare “del reale scritto” (Flaubert), generando il paradosso del moderno sublime senza Sublime, dinamico e riflessivo, che si produce sullo sfondo dell’autocoscienza della letteratura. Alcuni momenti centrali della letteratura italiana contemporanea possono così essere riletti proprio come momenti di una fenomenologia del sublime riflessivo: cominciando dal caso esemplare di D’Annunzio, per proseguire con le peripezie della poesia novecentesca, la scrittura “gestuale” di Fenoglio, la sovrapposizione fra spirito e carne di Testori, l’opposizione fra narrazione e scrittura di Consolo e in genere le narrazioni poetizzanti di molta narrativa siciliana, da Vittorini e D’Arrigo, fino all’alto stile esibito e negato della scrittura di Elsa Morante. Gli ultimi decenni, infine, hanno visto una potente riaffermazione di scritture segnate da un movimento insieme di rilancio e di negazione del sublime: con autori come Elena Ferrante o Erri De Luca, fino alla generazione degli scrittori nati ormai nell’ultimo scorcio del secolo XX, per i quali la tensione verso la letteratura come luogo di uno stile “altro” si fa strumento di “distinzione” e di rilegittimazione nel nuovo panorama dei media digitali iperconnessi nella rete.
sublime ; campo letterario ; romanzo ; romanzizzazione ; comico ; modernità ; dipendenza ; coazione ; letterarietà ; internet
Settore L-FIL-LET/11 - Letteratura Italiana Contemporanea
Settore L-FIL-LET/14 - Critica Letteraria e Letterature Comparate
Settore L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana
giu-2014
Società italiana per lo studio della modernità letteraria (MOD)
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