INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è rivolta una crescente attenzione alla relazione tra la mindfulness e costrutti ad essa affini. In particolare David Wallin (2007) ha sottolineato come la mindfulness abbia un ruolo basilare nello sviluppo della capacità di mentalizzare. Caratteristiche comuni ai due costrutti sarebbero l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali e la tendenza all’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi per interpretare e partecipare all’esperienza interna. Costrutto affine alla mentalizzazione è quello di mind-mindedness (Meins 1997), che fa riferimento alla capacità di descrivere gli altri come individui con attributi mentali e, come la mindfulness, presuppone l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali. Questo studio pilota intende esplorare la natura della relazione tra mindfulness e mind-mindedness in un campione di pazienti con disturbi d’ansia e depressivi e in un campione di controllo. INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è rivolta una crescente attenzione alla relazione tra la mindfulness e costrutti ad essa affini. In particolare David Wallin (2007) ha sottolineato come la mindfulness abbia un ruolo basilare nello sviluppo della capacità di mentalizzare. Caratteristiche comuni ai due costrutti sarebbero l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali e la tendenza all’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi per interpretare e partecipare all’esperienza interna. Costrutto affine alla mentalizzazione è quello di mind-mindedness (Meins 1997), che fa riferimento alla capacità di descrivere gli altri come individui con attributi mentali e, come la mindfulness, presuppone l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali. Questo studio pilota intende esplorare la natura della relazione tra mindfulness e mind-mindedness in un campione di pazienti con disturbi d’ansia e depressivi e in un campione di controllo. RISULTATI e DISCUSSIONI Confronto tra medie Sono stati confrontati i punteggi medi del FFMQ ottenuti dal gruppo sperimentale con quelli ottenuti dal gruppo di controllo (Tab. 3). I risultati appaiono coerenti con quanto presente in letteratura in merito ad alcune delle dinamiche centrali che caratterizzano i disturbi dell’umore e i disturbi d’ansia (Busch, 2007; Segal 2002; Thompson & Waltz, 2010). In particolare il gruppo sperimentale mostra un’inferiore capacità di mantenere un atteggiamento non giudicante (Nonjudge), in linea con la tendenza all’autocritica legata ai sentimenti di colpa e ai pensieri negativi tipici di questi disturbi. Il campione clinico, inoltre, rispetto ai controlli sani, riporta una compromissione nella capacità di focalizzare la propria attenzione sugli stimoli esterni e sulle proprie sensazioni corporee (Observe), conforme alle difficoltà spesso lamentate da questi pazienti nel mantenere l’attenzione focalizzata (Mace, 2008). Per quanto riguarda la mind-mindedness, sono stati confrontati i punteggi medi ottenuti dai due gruppi nella proporzione di attributi cognitivi ed emotivi. Come mostrato in Tabella 4, i pazienti affetti da disturbi dell’umore e disturbi d’ansia manifestano una maggiore propensione a concentrarsi sull’aspetto cognitivo della propria esperienza rispetto al gruppo di controllo. Questo dato può essere interpretato considerando la tendenza di questi pazienti ad utilizzare forme di pensiero non produttive focalizzate su se stessi, come la ruminazione. Al contrario, la minore propensione a utilizzare attributi MM emotivi del gruppo sperimentale può essere interpretata alla luce della teoria secondo la quale un intenso umore depresso può avere un generale effetto inibitorio sulle emozioni e sull’elaborazione di stimoli a contenuto emotivo (Nesse, 2000). . Correlazioni Sono state calcolate le correlazioni tra i punteggi medi ottenuti alle sottoscale del FFMQ e le medie delle proporzioni di attributi MM cognitivi ed emotivi. La relazione inversa riportata dai controlli sani tra la tendenza a esprimere attributi cognitivi e l’attitudine alla mindfulness (considerata nella sua globalità, così come rispetto ad alcune delle sue sottocategorie) (Tab. 5), può essere chiarita considerando alcune caratteristiche di base dei costrutti indagati. Se la mind-mindedness, come misurata in questo studio, prevede una funzione cognitiva legata alla capacità di simbolizzare tipica del processo secondario, la mindfulness è piuttosto una qualità dell’essere, intuitiva e pre-riflessiva che non può essere ridotta a una skill cognitiva e non prevede la simbolizzazione. Si può, quindi, ipotizzare che i soggetti le cui descrizioni siano maggiormente caratterizzate da attributi mentalizzanti cognitivi, abbiano una modalità di pensiero che li allontana dalle capacità di consapevolezza pre-riflessiva che intende misurare il FFMQ. Prendendo in considerazione gli attributi emotivi (Tab. 6), sebbene siano scarsamente espressi, si possono formulare alcune caute considerazioni. I soggetti con psicopatologia mostrano una relazione positiva tra la tendenza a descriversi in termini mentalizzanti emotivi e la mindfulness, in particolare nelle sue declinazioni di “capacità di essere consapevoli delle emozioni alla base dei propri comportamenti” (Act with Awareness) e “accettazione della propria esperienza interiore” (Nonjudge). Si potrebbe ipotizzare che la sofferenza ponga in maggiore contatto con la verità dell’esperienza. Se una persona adattata può essere distante dalle proprie emozioni, le persone sofferenti vi sono immerse, condizione che può avvicinare maggiormente alle qualità della mindfulness misurate dal FFMQ. CONCLUSIONI In linea con quanto riportato in letteratura, si è riscontrato che il campione patologico differiva dai controlli sani in quelle dimensioni della mindfulness e della mind-mindedness che sono peculiarmente connesse alla sintomatologia tipica dei disturbi d’ansia e dell’umore. Ci si proponeva, inoltre, di esplorare la natura dell’eventuale relazione tra mindfulness e mind-mindedness. I risultati hanno fatto emergere una relazione complessa che si è ipotizzato dipendere dalla natura stessa dei costrutti indagati, che, pur presentando affinità di superficie, sembrerebbero profondamente diversi. Questo studio presenta evidenti limiti dati dall’esiguità del campione, che non permette di differenziare tra le diverse diagnosi e dall’utilizzo di misure della mind-mindedness mai utilizzate sugli adulti. Pertanto i risultati presentati possono solo essere considerati uno spunto di riflessione per ulteriori indagini.

LA RELAZIONE TRA MINDFULNESS E MIND-MINDEDNESS NELLA CLINICA : UNO STUDIO PILOTA / C. Giovannini, A. Tagini, C. Bressi, A. Leoni, S. Verderio, P. Della Valentina, G. Amadei. ((Intervento presentato al 9. convegno Congresso nazionale sulla ricerca in psicoterapia tenutosi a Salerno nel 2012.

LA RELAZIONE TRA MINDFULNESS E MIND-MINDEDNESS NELLA CLINICA : UNO STUDIO PILOTA

C. Bressi;
2012

Abstract

INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è rivolta una crescente attenzione alla relazione tra la mindfulness e costrutti ad essa affini. In particolare David Wallin (2007) ha sottolineato come la mindfulness abbia un ruolo basilare nello sviluppo della capacità di mentalizzare. Caratteristiche comuni ai due costrutti sarebbero l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali e la tendenza all’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi per interpretare e partecipare all’esperienza interna. Costrutto affine alla mentalizzazione è quello di mind-mindedness (Meins 1997), che fa riferimento alla capacità di descrivere gli altri come individui con attributi mentali e, come la mindfulness, presuppone l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali. Questo studio pilota intende esplorare la natura della relazione tra mindfulness e mind-mindedness in un campione di pazienti con disturbi d’ansia e depressivi e in un campione di controllo. INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è rivolta una crescente attenzione alla relazione tra la mindfulness e costrutti ad essa affini. In particolare David Wallin (2007) ha sottolineato come la mindfulness abbia un ruolo basilare nello sviluppo della capacità di mentalizzare. Caratteristiche comuni ai due costrutti sarebbero l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali e la tendenza all’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi per interpretare e partecipare all’esperienza interna. Costrutto affine alla mentalizzazione è quello di mind-mindedness (Meins 1997), che fa riferimento alla capacità di descrivere gli altri come individui con attributi mentali e, come la mindfulness, presuppone l’attitudine a dirigere l’attenzione verso gli stati mentali. Questo studio pilota intende esplorare la natura della relazione tra mindfulness e mind-mindedness in un campione di pazienti con disturbi d’ansia e depressivi e in un campione di controllo. RISULTATI e DISCUSSIONI Confronto tra medie Sono stati confrontati i punteggi medi del FFMQ ottenuti dal gruppo sperimentale con quelli ottenuti dal gruppo di controllo (Tab. 3). I risultati appaiono coerenti con quanto presente in letteratura in merito ad alcune delle dinamiche centrali che caratterizzano i disturbi dell’umore e i disturbi d’ansia (Busch, 2007; Segal 2002; Thompson & Waltz, 2010). In particolare il gruppo sperimentale mostra un’inferiore capacità di mantenere un atteggiamento non giudicante (Nonjudge), in linea con la tendenza all’autocritica legata ai sentimenti di colpa e ai pensieri negativi tipici di questi disturbi. Il campione clinico, inoltre, rispetto ai controlli sani, riporta una compromissione nella capacità di focalizzare la propria attenzione sugli stimoli esterni e sulle proprie sensazioni corporee (Observe), conforme alle difficoltà spesso lamentate da questi pazienti nel mantenere l’attenzione focalizzata (Mace, 2008). Per quanto riguarda la mind-mindedness, sono stati confrontati i punteggi medi ottenuti dai due gruppi nella proporzione di attributi cognitivi ed emotivi. Come mostrato in Tabella 4, i pazienti affetti da disturbi dell’umore e disturbi d’ansia manifestano una maggiore propensione a concentrarsi sull’aspetto cognitivo della propria esperienza rispetto al gruppo di controllo. Questo dato può essere interpretato considerando la tendenza di questi pazienti ad utilizzare forme di pensiero non produttive focalizzate su se stessi, come la ruminazione. Al contrario, la minore propensione a utilizzare attributi MM emotivi del gruppo sperimentale può essere interpretata alla luce della teoria secondo la quale un intenso umore depresso può avere un generale effetto inibitorio sulle emozioni e sull’elaborazione di stimoli a contenuto emotivo (Nesse, 2000). . Correlazioni Sono state calcolate le correlazioni tra i punteggi medi ottenuti alle sottoscale del FFMQ e le medie delle proporzioni di attributi MM cognitivi ed emotivi. La relazione inversa riportata dai controlli sani tra la tendenza a esprimere attributi cognitivi e l’attitudine alla mindfulness (considerata nella sua globalità, così come rispetto ad alcune delle sue sottocategorie) (Tab. 5), può essere chiarita considerando alcune caratteristiche di base dei costrutti indagati. Se la mind-mindedness, come misurata in questo studio, prevede una funzione cognitiva legata alla capacità di simbolizzare tipica del processo secondario, la mindfulness è piuttosto una qualità dell’essere, intuitiva e pre-riflessiva che non può essere ridotta a una skill cognitiva e non prevede la simbolizzazione. Si può, quindi, ipotizzare che i soggetti le cui descrizioni siano maggiormente caratterizzate da attributi mentalizzanti cognitivi, abbiano una modalità di pensiero che li allontana dalle capacità di consapevolezza pre-riflessiva che intende misurare il FFMQ. Prendendo in considerazione gli attributi emotivi (Tab. 6), sebbene siano scarsamente espressi, si possono formulare alcune caute considerazioni. I soggetti con psicopatologia mostrano una relazione positiva tra la tendenza a descriversi in termini mentalizzanti emotivi e la mindfulness, in particolare nelle sue declinazioni di “capacità di essere consapevoli delle emozioni alla base dei propri comportamenti” (Act with Awareness) e “accettazione della propria esperienza interiore” (Nonjudge). Si potrebbe ipotizzare che la sofferenza ponga in maggiore contatto con la verità dell’esperienza. Se una persona adattata può essere distante dalle proprie emozioni, le persone sofferenti vi sono immerse, condizione che può avvicinare maggiormente alle qualità della mindfulness misurate dal FFMQ. CONCLUSIONI In linea con quanto riportato in letteratura, si è riscontrato che il campione patologico differiva dai controlli sani in quelle dimensioni della mindfulness e della mind-mindedness che sono peculiarmente connesse alla sintomatologia tipica dei disturbi d’ansia e dell’umore. Ci si proponeva, inoltre, di esplorare la natura dell’eventuale relazione tra mindfulness e mind-mindedness. I risultati hanno fatto emergere una relazione complessa che si è ipotizzato dipendere dalla natura stessa dei costrutti indagati, che, pur presentando affinità di superficie, sembrerebbero profondamente diversi. Questo studio presenta evidenti limiti dati dall’esiguità del campione, che non permette di differenziare tra le diverse diagnosi e dall’utilizzo di misure della mind-mindedness mai utilizzate sugli adulti. Pertanto i risultati presentati possono solo essere considerati uno spunto di riflessione per ulteriori indagini.
14-set-2012
Settore MED/25 - Psichiatria
LA RELAZIONE TRA MINDFULNESS E MIND-MINDEDNESS NELLA CLINICA : UNO STUDIO PILOTA / C. Giovannini, A. Tagini, C. Bressi, A. Leoni, S. Verderio, P. Della Valentina, G. Amadei. ((Intervento presentato al 9. convegno Congresso nazionale sulla ricerca in psicoterapia tenutosi a Salerno nel 2012.
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