The subject of this study is the expropriation of lands from indigenous peoples at the beginning of the colonisation process. The study examines the resulting juridical and political consequences, comparing the ancient Roman world with today’s. In Rome, where a system of rules inspired by a respect for the rights of indigenous peoples did not exist, two principal solutions emerged. In the first, once dispossessed, indigenous peoples would lose their political autonomy, would have their lands returned to them on an individual basis and would be under the power of the colonial magistrates, to whom they would pay local taxes as individuals. In the second, they would retain their community as a political entity and their independent jurisdiction while still being taxpayers to the colony, and would collectively have land granted to them of a lower quality than that of which they had been dispossessed. Modern states also encounter difficulties in dealing with the land rights of indigenous peoples. In Common Law countries, the doctrine of ‘aboriginal land title’ prevails, according to which indigenous peoples have, on the lands they occupy, a right that can be extinguished by the general government of the colonisers’ state. Several international treaties have attempted to advocate a fairer legal model, but have resulted in few applications. In 2007, the General Assembly of the United Nations approved the Declaration on the Rights of Indigenous Peoples (DRIPS); however its character as a source of ‘soft law’ is an obstacle to its implementation. Some states, especially in Latin America, have nevertheless created rules (in some cases constitutional rules) recognising the rights of indigenous peoples. A comparison between the ancient and the modern experience can nurture the debate around this sensitive issue, infusing new life in it, as well as inspiring new ideas from a new, more self-aware standpoint.

Lo studio ha per oggetto il tema delle sottrazioni delle terre ai popoli indigeni al momento della fondazione delle colonie ed esamina le soluzioni politi-co/giuridiche conseguenti, comparando mondo romano e mondo moderno. A Roma, ove non c’era un sistema normativo ispirato al rispetto dei diritti dei popoli indigeni, si davano due soluzioni principali. Con la prima, gli indigeni, una volta espropriati, perdevano l’autonomia politica, ricevevano in restituzione a titolo individuale le terre ed erano assoggettati ai magistrati della colonia, cui versavano individualmente i tributi locali. Con la seconda, mantenevano la pro-pria comunità politica con autonoma giurisdizione, essendo tuttavia tributari della colonia e ottenevano in restituzione collettivamente terre di condizione deteriore rispetto a quelle loro sottratte. Anche negli Stati moderni si riscontrano problemi circa il diritto degli indigeni al-le terre. Nei Paesi di common law prevale la dottrina dell’aboriginal land title, in base al quale ai popoli indigeni è riconosciuto sulle terre da loro occupate un ti-tolo non opponibile al governo dello Stato colonizzatore. Vari trattati interna-zionali hanno mirato a dettare una disciplina più equa, ma hanno riscosso scarse adesioni. Nel 2007, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni (DRIPS), tuttavia la sua natura di fon-te di soft law costituisce un ostacolo alla sua applicazione. Alcuni Stati, special-mente dell’America Latina, hanno però emanato norme (in alcuni casi norme costituzionali) che riconoscono i diritti degli indigeni. Il confronto tra esperienza antica e moderna può alimentare il dibattito su questo tema sensibile, recandovi nuova linfa e spunti di più consapevole rifles-sione.

Colonizzazioni e sottrazione delle terre ancestrali agli indigeni : spunti comparatistici tra diritto moderno e diritto romano / L. Gagliardi. - In: LEGAL ROOTS. - ISSN 2280-4994. - 3:(2014), pp. 71-115.

Colonizzazioni e sottrazione delle terre ancestrali agli indigeni : spunti comparatistici tra diritto moderno e diritto romano

L. Gagliardi
2014

Abstract

The subject of this study is the expropriation of lands from indigenous peoples at the beginning of the colonisation process. The study examines the resulting juridical and political consequences, comparing the ancient Roman world with today’s. In Rome, where a system of rules inspired by a respect for the rights of indigenous peoples did not exist, two principal solutions emerged. In the first, once dispossessed, indigenous peoples would lose their political autonomy, would have their lands returned to them on an individual basis and would be under the power of the colonial magistrates, to whom they would pay local taxes as individuals. In the second, they would retain their community as a political entity and their independent jurisdiction while still being taxpayers to the colony, and would collectively have land granted to them of a lower quality than that of which they had been dispossessed. Modern states also encounter difficulties in dealing with the land rights of indigenous peoples. In Common Law countries, the doctrine of ‘aboriginal land title’ prevails, according to which indigenous peoples have, on the lands they occupy, a right that can be extinguished by the general government of the colonisers’ state. Several international treaties have attempted to advocate a fairer legal model, but have resulted in few applications. In 2007, the General Assembly of the United Nations approved the Declaration on the Rights of Indigenous Peoples (DRIPS); however its character as a source of ‘soft law’ is an obstacle to its implementation. Some states, especially in Latin America, have nevertheless created rules (in some cases constitutional rules) recognising the rights of indigenous peoples. A comparison between the ancient and the modern experience can nurture the debate around this sensitive issue, infusing new life in it, as well as inspiring new ideas from a new, more self-aware standpoint.
Lo studio ha per oggetto il tema delle sottrazioni delle terre ai popoli indigeni al momento della fondazione delle colonie ed esamina le soluzioni politi-co/giuridiche conseguenti, comparando mondo romano e mondo moderno. A Roma, ove non c’era un sistema normativo ispirato al rispetto dei diritti dei popoli indigeni, si davano due soluzioni principali. Con la prima, gli indigeni, una volta espropriati, perdevano l’autonomia politica, ricevevano in restituzione a titolo individuale le terre ed erano assoggettati ai magistrati della colonia, cui versavano individualmente i tributi locali. Con la seconda, mantenevano la pro-pria comunità politica con autonoma giurisdizione, essendo tuttavia tributari della colonia e ottenevano in restituzione collettivamente terre di condizione deteriore rispetto a quelle loro sottratte. Anche negli Stati moderni si riscontrano problemi circa il diritto degli indigeni al-le terre. Nei Paesi di common law prevale la dottrina dell’aboriginal land title, in base al quale ai popoli indigeni è riconosciuto sulle terre da loro occupate un ti-tolo non opponibile al governo dello Stato colonizzatore. Vari trattati interna-zionali hanno mirato a dettare una disciplina più equa, ma hanno riscosso scarse adesioni. Nel 2007, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni (DRIPS), tuttavia la sua natura di fon-te di soft law costituisce un ostacolo alla sua applicazione. Alcuni Stati, special-mente dell’America Latina, hanno però emanato norme (in alcuni casi norme costituzionali) che riconoscono i diritti degli indigeni. Il confronto tra esperienza antica e moderna può alimentare il dibattito su questo tema sensibile, recandovi nuova linfa e spunti di più consapevole rifles-sione.
colonizzazione; popoli indigeni; terre ancestrali; diritto romano; aboriginal land title Colonisation ; Indigenous peoples ; Ancestral lands ; Roman law ; Aboriginal land title
Settore IUS/18 - Diritto Romano e Diritti dell'Antichita'
2014
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