Was Grünewald really “expressionist”? History of styles between anachronism and retroscopy. Was Grünewald really “expressionist”? Was late Roman art really “impressionist”? The scholars belonging to the tradition of the Stilgeschichte – founded by Wickhoff, Riegl, Wölfflin – often employ historical stylistic categories in a retroactive way in order to understand artistic phenomena preceding the time in which those categories were instituted: a sort of art historical afterwardness that produces peculiar anachronisms. My paper aims at describing the different articulations of the notion of “style” underpinning such a retroactive approach to art history, and at outlining the respective models of temporality.

Il mio contributo si propone di affrontare la questione dell’anacronismo come strumento ermeneutico e cognitivo nel contesto della teoria e della storia degli stili, con particolare riguardo agli stili delle arti visive. Innanzitutto si tenterà di delineare una sintetica genealogia del rapporto fra anacronismo e stile. L’impiego dell’anacronismo è già stato molto studiato nell’opera di Aby Warburg. Ma non è meno pervasivo nelle ricerche dell’altra grande famiglia di teoria dell’immagine che alla scuola warburghiana è stata (spesso equivocamente contrapposta), il formalismo cosiddetto “purovisibilistico”: basti pensare alla Scuola di Vienna, e in particolare a Franz Wickhoff e Alois Riegl, che non esitavano a caratterizzare retroscopicamente come “impressionista” l’arte e l’architettura tardo-romane, con esplicito riferimento all’impressionismo ottocentesco. Si tenterà poi di individuare il momento in cui tali caratterizzazioni anacronistiche vengono percepite come problematiche, e si solleva la questione della loro legittimità. A tal riguardo, particolare attenzione verrà rivolta a un teorico come Arthur Danto, il quale propone una vera e propria trattazione sistematica della stilistica anacronica tramite il dispositivo della style matrix (che ha suscitato non poche obiezioni, ad esempio da parte di Noël Carroll). Si cercherà infine di mettere a fuoco le implicazioni teoretiche della prassi anacronistica, in particolare sotto tre aspetti: 1) l’aspetto estesiologico (l’anacronismo come indice di analogie sensibili-estesiche fra stili di epoche diverse); 2) l’aspetto narratologico (l’anacronismo nella narrazione dello sviluppo stilistico); 3) l’aspetto geschichtsphilosophisch (la retroscopia come inaggirabile “senno di poi” proprio della comprensione storica, nel senso del “movimento retrogrado del vero” già teorizzato da Bergson).

Ma Grünewald era davvero espressionista? La storia degli stili fra anacronismo e retroscopia / A. Pinotti. - In: CARTE SEMIOTICHE. - ISSN 2281-0757. - 1:1(2013), pp. 19-28.

Ma Grünewald era davvero espressionista? La storia degli stili fra anacronismo e retroscopia

A. Pinotti
2013

Abstract

Was Grünewald really “expressionist”? History of styles between anachronism and retroscopy. Was Grünewald really “expressionist”? Was late Roman art really “impressionist”? The scholars belonging to the tradition of the Stilgeschichte – founded by Wickhoff, Riegl, Wölfflin – often employ historical stylistic categories in a retroactive way in order to understand artistic phenomena preceding the time in which those categories were instituted: a sort of art historical afterwardness that produces peculiar anachronisms. My paper aims at describing the different articulations of the notion of “style” underpinning such a retroactive approach to art history, and at outlining the respective models of temporality.
Il mio contributo si propone di affrontare la questione dell’anacronismo come strumento ermeneutico e cognitivo nel contesto della teoria e della storia degli stili, con particolare riguardo agli stili delle arti visive. Innanzitutto si tenterà di delineare una sintetica genealogia del rapporto fra anacronismo e stile. L’impiego dell’anacronismo è già stato molto studiato nell’opera di Aby Warburg. Ma non è meno pervasivo nelle ricerche dell’altra grande famiglia di teoria dell’immagine che alla scuola warburghiana è stata (spesso equivocamente contrapposta), il formalismo cosiddetto “purovisibilistico”: basti pensare alla Scuola di Vienna, e in particolare a Franz Wickhoff e Alois Riegl, che non esitavano a caratterizzare retroscopicamente come “impressionista” l’arte e l’architettura tardo-romane, con esplicito riferimento all’impressionismo ottocentesco. Si tenterà poi di individuare il momento in cui tali caratterizzazioni anacronistiche vengono percepite come problematiche, e si solleva la questione della loro legittimità. A tal riguardo, particolare attenzione verrà rivolta a un teorico come Arthur Danto, il quale propone una vera e propria trattazione sistematica della stilistica anacronica tramite il dispositivo della style matrix (che ha suscitato non poche obiezioni, ad esempio da parte di Noël Carroll). Si cercherà infine di mettere a fuoco le implicazioni teoretiche della prassi anacronistica, in particolare sotto tre aspetti: 1) l’aspetto estesiologico (l’anacronismo come indice di analogie sensibili-estesiche fra stili di epoche diverse); 2) l’aspetto narratologico (l’anacronismo nella narrazione dello sviluppo stilistico); 3) l’aspetto geschichtsphilosophisch (la retroscopia come inaggirabile “senno di poi” proprio della comprensione storica, nel senso del “movimento retrogrado del vero” già teorizzato da Bergson).
history of styles ; anachronism ; retroaction ; afterwardness ; Grünewald
Settore M-FIL/04 - Estetica
Settore L-ART/04 - Museologia e Critica Artistica e del Restauro
2013
Article (author)
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