Nella letteratura organizzativa la nozione di resistenza viene continuamente evocata, ma – nel contempo – la problematicità concettuale e interpretativa diventa sempre più palese. Le ricerche aprono generalmente con l’affermazione che il “mondo” (il settore economico di riferimento, le tecnologie, l’ambiente sociale, il contesto istituzionale e così via) sta cambiando ad una velocità e intensità prima sconosciute, che la sopravvivenza (delle imprese, delle istituzioni, dei contesti organizzati in generale) dipende dalla loro capacità di adattarsi ai mutamenti, e che l’impegno principale di coloro che guidano le organizzazioni riguarda la “gestione” del cambiamento. A prescindere dal tipo di cambiamento – è la tesi prevalente – sono le persone a decretarne il successo. Ecco perché è necessario che i manager che si apprestano a guidare un programma di cambiamento imparino a riconoscere i segnali di reazioni negative (di resistenza, per l’appunto) in sé stessi e nei propri collaboratori. Inoltre si sottolinea come in contesti caratterizzati da forte persistenza, se non addirittura di inerzia, diventa critico riuscire a “controbilanciare” la resistenza, possibilmente mediante azioni capaci di “prevenirne” l’insorgenza. Qualora ciò non fosse possibile, occorrono risposte mirate per “vincere” questa ed altre forme di comportamenti “devianti”. Riteniamo che la visione corrente della resistenza rischia di veicolare una percezione della realtà riduttiva e distorta, non immune da una certa dose di retorica (Symon, 2005). A distanza di oltre mezzo secolo dal modello “scongelamento-ricongelamento” di Kurt Lewin (1951) ha ancora senso utilizzare una metafora funzionalista per rappresentare il cambiamento pianificato? Siamo davvero sicuri che un’implementazione imperfetta sia da attribuire unicamente all’opposizione dei livelli subordinati? Perché si continuano a ricercare formule e modelli per superare (o meglio prevenire) l’insorgere di fenomeni di resistenza? Il contributo si propone di sviluppare alcune riflessioni su questi temi, concentrandosi sulla problematicità della nozione di resistenza.

Resistenza al cambiamento : concezioni a confronto / M. Sorrentino. - Milano : DSSP, 2006 Mar.

Resistenza al cambiamento : concezioni a confronto

M. Sorrentino
2006

Abstract

Nella letteratura organizzativa la nozione di resistenza viene continuamente evocata, ma – nel contempo – la problematicità concettuale e interpretativa diventa sempre più palese. Le ricerche aprono generalmente con l’affermazione che il “mondo” (il settore economico di riferimento, le tecnologie, l’ambiente sociale, il contesto istituzionale e così via) sta cambiando ad una velocità e intensità prima sconosciute, che la sopravvivenza (delle imprese, delle istituzioni, dei contesti organizzati in generale) dipende dalla loro capacità di adattarsi ai mutamenti, e che l’impegno principale di coloro che guidano le organizzazioni riguarda la “gestione” del cambiamento. A prescindere dal tipo di cambiamento – è la tesi prevalente – sono le persone a decretarne il successo. Ecco perché è necessario che i manager che si apprestano a guidare un programma di cambiamento imparino a riconoscere i segnali di reazioni negative (di resistenza, per l’appunto) in sé stessi e nei propri collaboratori. Inoltre si sottolinea come in contesti caratterizzati da forte persistenza, se non addirittura di inerzia, diventa critico riuscire a “controbilanciare” la resistenza, possibilmente mediante azioni capaci di “prevenirne” l’insorgenza. Qualora ciò non fosse possibile, occorrono risposte mirate per “vincere” questa ed altre forme di comportamenti “devianti”. Riteniamo che la visione corrente della resistenza rischia di veicolare una percezione della realtà riduttiva e distorta, non immune da una certa dose di retorica (Symon, 2005). A distanza di oltre mezzo secolo dal modello “scongelamento-ricongelamento” di Kurt Lewin (1951) ha ancora senso utilizzare una metafora funzionalista per rappresentare il cambiamento pianificato? Siamo davvero sicuri che un’implementazione imperfetta sia da attribuire unicamente all’opposizione dei livelli subordinati? Perché si continuano a ricercare formule e modelli per superare (o meglio prevenire) l’insorgere di fenomeni di resistenza? Il contributo si propone di sviluppare alcune riflessioni su questi temi, concentrandosi sulla problematicità della nozione di resistenza.
mar-2006
Resistenza al cambiamento ; E-Government ; Regolazione congiunta
Settore INF/01 - Informatica
http://www.sociol.unimi.it/papers/2006-03-01_Maddalena%20Sorrentino.pdf
Working Paper
Resistenza al cambiamento : concezioni a confronto / M. Sorrentino. - Milano : DSSP, 2006 Mar.
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