Il delicato argomento della tutela delle acque pubbliche è ampiamente trattato in un titolo del Codice Teodosiano (CTh.15.2) e nel corrispondente titolo C.11.43 del Codice Giustinianeo. Le costituzioni che si occupano specificamente del tema della manutenzione e della sorveglianza degli acquedotti romani, minacciati dal pericolo delle frodi e dal degrado, infatti, sono conservate sotto la rubrica De aquaeductu, sia nel Codice Teodosiano (nove costituzioni), sia in quello Giustinianeo (undici costituzioni): possediamo quindi in tutto quindici costituzioni, ben distribuite nell’arco del tempo, da Costantino alla vigilia della redazione del Codex Iustinianus, che costituiscono un corpus prezioso, sebbene i temi ivi trattati, concernenti il Tardo Antico, siano stati spesso trascurati dai giusromanisti. In particolare, una delle caratteristiche più interessanti di questo gruppo di costituzioni consiste nell’essere fondato meno di molti altri titoli su una serie di “provvedimenti d’urgenza”: vi si reperiscono norme più ordinate e meditate, portato evidente di una storia che, soprattutto dall’epoca iniziale del principato, fu caratterizzata da una particolare attenzione per la distribuzione e per lo sfruttamento dell’acqua pubblica e dalla preoccupazione per il suo uso improprio. In particolare l’uso della scrittura appare diffuso e consolidato: da una parte essa costituisce un ausilio imprescindibile per l’archiviazione dei dati e per la richiesta di permessi (C.Th.15.2.2; C.Th.15.2.8; C.11.43.5; C.11.43.6; C.11.43.9; C.11.43.11), d’altra parte si rivela costantemente come un’arma a doppio taglio: infatti l’abitudine da parte dei privati di vantare rescritti ottenuti fraudolentemente o di cercare di piegare l’autorità amministrativa per ottenere derivazioni d’acqua altrimenti negati diventa un problema annoso e apparentemente inestirpabile (C.Th.15.2.5; C.Th.15.2.6; C.11.43.5; C.11.43.6; C.11.43.10). La preoccupazione per il lavoro di manutenzione e per la fedeltà di coloro che si occupano dell’ispezione degli acquedotti sfocia addirittura, con l’imperatore Zenone, nella disposizione di marchiare su entrambe le mani gli idrofilachi, in modo che non possa sorgere alcun dubbio sulla loro condizione e che non possano essere sottratti ai doveri che a loro si impongono (C.11.43.10).

Dalle tavolette alla pelle: le costituzioni tardoantiche dei titoli De aquaeductu / P. Biavaschi. ((Intervento presentato al 5. convegno Ravenna Capitale tenutosi a Ravenna nel 2013.

Dalle tavolette alla pelle: le costituzioni tardoantiche dei titoli De aquaeductu

P. Biavaschi
Primo
2013

Abstract

Il delicato argomento della tutela delle acque pubbliche è ampiamente trattato in un titolo del Codice Teodosiano (CTh.15.2) e nel corrispondente titolo C.11.43 del Codice Giustinianeo. Le costituzioni che si occupano specificamente del tema della manutenzione e della sorveglianza degli acquedotti romani, minacciati dal pericolo delle frodi e dal degrado, infatti, sono conservate sotto la rubrica De aquaeductu, sia nel Codice Teodosiano (nove costituzioni), sia in quello Giustinianeo (undici costituzioni): possediamo quindi in tutto quindici costituzioni, ben distribuite nell’arco del tempo, da Costantino alla vigilia della redazione del Codex Iustinianus, che costituiscono un corpus prezioso, sebbene i temi ivi trattati, concernenti il Tardo Antico, siano stati spesso trascurati dai giusromanisti. In particolare, una delle caratteristiche più interessanti di questo gruppo di costituzioni consiste nell’essere fondato meno di molti altri titoli su una serie di “provvedimenti d’urgenza”: vi si reperiscono norme più ordinate e meditate, portato evidente di una storia che, soprattutto dall’epoca iniziale del principato, fu caratterizzata da una particolare attenzione per la distribuzione e per lo sfruttamento dell’acqua pubblica e dalla preoccupazione per il suo uso improprio. In particolare l’uso della scrittura appare diffuso e consolidato: da una parte essa costituisce un ausilio imprescindibile per l’archiviazione dei dati e per la richiesta di permessi (C.Th.15.2.2; C.Th.15.2.8; C.11.43.5; C.11.43.6; C.11.43.9; C.11.43.11), d’altra parte si rivela costantemente come un’arma a doppio taglio: infatti l’abitudine da parte dei privati di vantare rescritti ottenuti fraudolentemente o di cercare di piegare l’autorità amministrativa per ottenere derivazioni d’acqua altrimenti negati diventa un problema annoso e apparentemente inestirpabile (C.Th.15.2.5; C.Th.15.2.6; C.11.43.5; C.11.43.6; C.11.43.10). La preoccupazione per il lavoro di manutenzione e per la fedeltà di coloro che si occupano dell’ispezione degli acquedotti sfocia addirittura, con l’imperatore Zenone, nella disposizione di marchiare su entrambe le mani gli idrofilachi, in modo che non possa sorgere alcun dubbio sulla loro condizione e che non possano essere sottratti ai doveri che a loro si impongono (C.11.43.10).
25-ott-2013
acquedotti ; tardoantico ; scrittura
Settore IUS/18 - Diritto Romano e Diritti dell'Antichita'
Università Bologna
Accademia Costantiniana
Associazione Studi Tardo Antico
Associazione Flaminia
Dalle tavolette alla pelle: le costituzioni tardoantiche dei titoli De aquaeductu / P. Biavaschi. ((Intervento presentato al 5. convegno Ravenna Capitale tenutosi a Ravenna nel 2013.
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