Multiple sclerosis (MS) is a multifocal demyelinating disease with progressive neurodegeneration caused by an autoimmune response to self-antigens in a genetically susceptible individual. Current first-line disease-modifying therapies for MS decrease the risk for exacerbations, the changes on magnetic resonance imaging (MRI), and the disability. In addition to the immunomodulatory therapies approved for MS, monoclonal antibodies (mAbs) have emerged as promising treatments to reduce the symptoms of MS. In particular, natalizumab (tysabri, Biogen Idec), binding the α4-integrin molecules on T-cells and preventing their entry into the brain and the consequent inflammation, reduces relapse frequency, delays the onset of disease progression and improves disease outcome in the relapsing remitting form (RR) of MS. However, it has been associated with Progressive Multifocal Leukoencephalopathy (PML), an opportunistic and often fatal demyelinating disease of the white matter of the human brain, caused by the human polyomavirus JC (JCV) lytic infection of oligodendrocytes. By October 2012, a total of 298 cases of PML have been reported for 108,300 natalizumab-treated MS patients. Sixty-three out of 298 died, representing a mortality rate of 21,1%. Longer duration of natalizumab treatment, the use of immunosuppressants before the initiation of natalizumab therapy, and positive status with respect to anti-JCV antibodies, assessed with the use of a two-step anti-JC virus antibody assay (STRATIFY JCV, Focus Diagnostics) have been identified as risk factors for PML. To better understand the molecular basis of demyelination, and to identify possible risk factors for the development of opportunistic infections and possible early prognostic markers of infectious complication during natalizumab treatment, an extensive longitudinal study has been performed, involving three different demyelinating diseases: MS, PML and Not Determined LeukoEncephalopathy (NDLE). The last one is a PML-like leukoencephalopathy, which occurs in HIV-1 positive subjects, but without evidences of JCV replication in the Central Nervous System (CNS). Biological fluids from 76 MS patients subjected to monthly natalizumab infusions or to other treatment, enrolled as controls, and from 28 PML and 22 NDLE patients have been collected at various stages of the diseases. JCV genome was searched and quantified by means of quantitative Real-Time PCR (Q-PCR), and molecularly characterized in order to monitor the viral presence and load, and to determine whether the viral organization may represent a risk factor for PML development. The results obtained from these analyses showed that no JCV DNA has been amplified in the CSF from NDLE patients. On the contrary, JCV load and the molecular organization of the viral transcriptional control region (TCR) amplified in the CSF seem to represent the main markers of prognosis in HIV-1-related PML. An increased JCV urinary shedding was detected in the group of MS patients treated with natalizumab, compared to control group (p< 0.05). In particular, this increased JCV excretion was present up to the 24th natalizumab infusion, whereas a decrease occurred after the 36th infusion. Although JCV reactivation detected in urine from MS patients had a subclinical nature, it cannot be ignored and the constant molecular monitoring of urinary JCV DNA allows to identify patients who harbor the virus and verifying whether viral replication/shedding in the urine is really influenced by the treatment with the drug. In addition, the anti-JCV antibodies test performed on natalizumab-treated MS patients showed a false negative rate of 7.9%, if compared with the results of JCV DNA test. Thus, testing JCV DNA, togheter with anti-JCV antibodies, represents a tool for PML risk stratification, also among patients who resulted negative at anti-JCV antibodies test, and may allow the identification of a specific, sensitive, reliable, reproducible and non-invasive biological marker of PML risk.

La sclerosi multipla (SM) è una patologia demielinizzante caratterizzata da neuro-degenerazione progressiva e causata da una risposta autoimmunitaria diretta contro auto-antigeni dell’organismo che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti. Le terapie ad oggi disponibili riducono la severità e l’incidenza degli attacchi, così da prevenire le ricadute e prevenire o ritardare la progressione della malattia. Recentemente, in aggiunta alle terapie immunomodulanti basate sulla somministrazione di Interferone-β, Glatimer Acetato o Mitoxantrone, è stato introdotto il farmaco natalizumab (Tysabri, Biogen Idec), un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’integrina α4β1 (o VLA-4), che agisce impedendo l’adesione e l’extravasazione linfocitaria dal letto vascolare alla sede di infiammazione e, di conseguenza, previene i sintomi tipici della malattia e l’aggravamento della disabilità nei soggetti affetti dalla forma recidivante-remittente di SM. E’ stata identificata, tuttavia, un’associazione tra trattamento con natalizumab e insorgenza di Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML), una patologia opportunistica e demielinizzante della sostanza bianca cerebrale, spesso fatale. Tale patologia è causata dalla riattivazione, in condizioni di immunodepressione, del polyomavirus umano JC (JCV) dal suo stato di latenza, con conseguente infezione litica e distruzione degli oligodendrociti. Al mese di Ottobre 2012 sono stati riportati 298 casi di PML su 108,300 soggetti affetti da SM e trattati con natalizumab, con un tasso di mortalità del 21.1% (63/298 soggetti con PML sono deceduti). Tre fattori, singolarmente o in combinazione, sono stati associati a distinti livelli di rischio di sviluppare PML: positività agli anticorpi contro JCV, precedente uso di farmaci immunosoppressori e lunga durata del trattamento con natalizumab (> di 24 mesi). Al fine di comprendere le basi molecolari della demielinizzazione e di identificare possibili fattori di rischio per l’insorgenza di patologie opportunistiche e possibili marker di diagnosi precoce di PML nei soggetti trattati con natalizumab, è stato condotto un ampio studio longitudinale, riguardante tre differenti patologie demielinizzanti: SM, PML e LeucoEncefalopatia Non Determinata (NDLE). Quest’ultima patologia, a eziologia non ancora definita, è caratterizzata da lesioni simili a quelle associate a PML, insorge in soggetti HIV-1 positivi ed è caratterizzata dall’assenza del genoma di JCV e di altri virus neurotropi a livello del liquido cerebro-spinale (CSF). 76 soggetti affetti da SM e trattati con natalizumab o con terapia convenzionale di prima linea (questi ultimi arruolati come controlli), 28 soggetti affetti da PML e 22 affetti da NDLE sono stati arruolati nello studio e campioni biologici di CSF, sangue, siero ed urine sono stati prelevati a diversi momenti della malattia. Il genoma di JCV è stato ricercato in tutti i campioni biologici raccolti tramite Real-Time PCR quantitativa (Q-PCR) e, quando amplificato, è stato sottoposto a caratterizzazione molecolare, al fine di determinare se l’organizzazione genomica virale potesse rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di PML. I risultati ottenuti hanno mostrato l’assenza del genoma di JCV nel CSF prelevato dai soggetti affetti da NDLE. Al contrario, la carica virale e l’organizzazione molecolare della regione di controllo trascrizionale virale (TCR) amplificata nel CSF dei soggetti affetti da PML sembrano rappresentare importanti fattori di prognosi. Relativamente all’analisi sui soggetti affetti da SM, è emerso un aumento dell’escrezione urinaria di JCV nel gruppo dei pazienti trattati con natalizumab, rispetto al gruppo di controllo (p<0.05). In particolare, questo aumento si verifica fino alla 24a infusione mensile di natalizumab, mentre, a partire dalla 36a infusione, l’escrezione di JCV diminuisce fino a livelli pre-infusione. Nonostante la riattivazione di JCV nelle urine si sia dimostrata subclinica, l’aumento della prevalenza del virus nei soggetti trattati con natalizumab non può essere trascurato e il monitoraggio costante dell’eventuale presenza di JCV nelle urine di tali pazienti potrebbe permettere l’identificazione dei soggetti infettati dal virus e di verificare se la replicazione virale e l’escrezione nelle urine possano essere influenzate dal trattamento con l’anticorpo monoclonale. Inoltre, confrontando i risultati del test anticorpale contro JCV, a cui tutti i pazienti sono routinariamente sottoposti, con i risultati ottenuti attraverso l’analisi molecolare, è stato possibile verificare come il primo test sia affetto da una percentuale di errore (falsi-negativi) del 7.9%. Risulta, quindi, fondamentale affiancare sempre la ricerca del genoma virale nei fluidi biologici del paziente nel tempo al test per la ricerca degli anticorpi anti-JCV, al fine di identificare i pazienti a rischio PML, anche tra coloro i quali hanno mostrato negatività al test anticorpale, e di trovare un marker biologico specifico, sensibile, riproducibile e facilmente determinabile in modo non invasivo di rischio di PML.

MOLECULAR BASIS OF THE DEMYELINATING DISEASES / C. Carloni ; tutor: P. Ferrante ; correlatore: S. Delbue ; coordinatore: M. Clerici. DIPARTIMENTO DI FISIOPATOLOGIA MEDICO-CHIRURGICA E DEI TRAPIANTI, 2013 Feb 12. 25. ciclo, Anno Accademico 2012. [10.13130/carloni-camilla_phd2013-02-12].

MOLECULAR BASIS OF THE DEMYELINATING DISEASES

C. Carloni
2013

Abstract

Multiple sclerosis (MS) is a multifocal demyelinating disease with progressive neurodegeneration caused by an autoimmune response to self-antigens in a genetically susceptible individual. Current first-line disease-modifying therapies for MS decrease the risk for exacerbations, the changes on magnetic resonance imaging (MRI), and the disability. In addition to the immunomodulatory therapies approved for MS, monoclonal antibodies (mAbs) have emerged as promising treatments to reduce the symptoms of MS. In particular, natalizumab (tysabri, Biogen Idec), binding the α4-integrin molecules on T-cells and preventing their entry into the brain and the consequent inflammation, reduces relapse frequency, delays the onset of disease progression and improves disease outcome in the relapsing remitting form (RR) of MS. However, it has been associated with Progressive Multifocal Leukoencephalopathy (PML), an opportunistic and often fatal demyelinating disease of the white matter of the human brain, caused by the human polyomavirus JC (JCV) lytic infection of oligodendrocytes. By October 2012, a total of 298 cases of PML have been reported for 108,300 natalizumab-treated MS patients. Sixty-three out of 298 died, representing a mortality rate of 21,1%. Longer duration of natalizumab treatment, the use of immunosuppressants before the initiation of natalizumab therapy, and positive status with respect to anti-JCV antibodies, assessed with the use of a two-step anti-JC virus antibody assay (STRATIFY JCV, Focus Diagnostics) have been identified as risk factors for PML. To better understand the molecular basis of demyelination, and to identify possible risk factors for the development of opportunistic infections and possible early prognostic markers of infectious complication during natalizumab treatment, an extensive longitudinal study has been performed, involving three different demyelinating diseases: MS, PML and Not Determined LeukoEncephalopathy (NDLE). The last one is a PML-like leukoencephalopathy, which occurs in HIV-1 positive subjects, but without evidences of JCV replication in the Central Nervous System (CNS). Biological fluids from 76 MS patients subjected to monthly natalizumab infusions or to other treatment, enrolled as controls, and from 28 PML and 22 NDLE patients have been collected at various stages of the diseases. JCV genome was searched and quantified by means of quantitative Real-Time PCR (Q-PCR), and molecularly characterized in order to monitor the viral presence and load, and to determine whether the viral organization may represent a risk factor for PML development. The results obtained from these analyses showed that no JCV DNA has been amplified in the CSF from NDLE patients. On the contrary, JCV load and the molecular organization of the viral transcriptional control region (TCR) amplified in the CSF seem to represent the main markers of prognosis in HIV-1-related PML. An increased JCV urinary shedding was detected in the group of MS patients treated with natalizumab, compared to control group (p< 0.05). In particular, this increased JCV excretion was present up to the 24th natalizumab infusion, whereas a decrease occurred after the 36th infusion. Although JCV reactivation detected in urine from MS patients had a subclinical nature, it cannot be ignored and the constant molecular monitoring of urinary JCV DNA allows to identify patients who harbor the virus and verifying whether viral replication/shedding in the urine is really influenced by the treatment with the drug. In addition, the anti-JCV antibodies test performed on natalizumab-treated MS patients showed a false negative rate of 7.9%, if compared with the results of JCV DNA test. Thus, testing JCV DNA, togheter with anti-JCV antibodies, represents a tool for PML risk stratification, also among patients who resulted negative at anti-JCV antibodies test, and may allow the identification of a specific, sensitive, reliable, reproducible and non-invasive biological marker of PML risk.
12-feb-2013
La sclerosi multipla (SM) è una patologia demielinizzante caratterizzata da neuro-degenerazione progressiva e causata da una risposta autoimmunitaria diretta contro auto-antigeni dell’organismo che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti. Le terapie ad oggi disponibili riducono la severità e l’incidenza degli attacchi, così da prevenire le ricadute e prevenire o ritardare la progressione della malattia. Recentemente, in aggiunta alle terapie immunomodulanti basate sulla somministrazione di Interferone-β, Glatimer Acetato o Mitoxantrone, è stato introdotto il farmaco natalizumab (Tysabri, Biogen Idec), un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’integrina α4β1 (o VLA-4), che agisce impedendo l’adesione e l’extravasazione linfocitaria dal letto vascolare alla sede di infiammazione e, di conseguenza, previene i sintomi tipici della malattia e l’aggravamento della disabilità nei soggetti affetti dalla forma recidivante-remittente di SM. E’ stata identificata, tuttavia, un’associazione tra trattamento con natalizumab e insorgenza di Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML), una patologia opportunistica e demielinizzante della sostanza bianca cerebrale, spesso fatale. Tale patologia è causata dalla riattivazione, in condizioni di immunodepressione, del polyomavirus umano JC (JCV) dal suo stato di latenza, con conseguente infezione litica e distruzione degli oligodendrociti. Al mese di Ottobre 2012 sono stati riportati 298 casi di PML su 108,300 soggetti affetti da SM e trattati con natalizumab, con un tasso di mortalità del 21.1% (63/298 soggetti con PML sono deceduti). Tre fattori, singolarmente o in combinazione, sono stati associati a distinti livelli di rischio di sviluppare PML: positività agli anticorpi contro JCV, precedente uso di farmaci immunosoppressori e lunga durata del trattamento con natalizumab (> di 24 mesi). Al fine di comprendere le basi molecolari della demielinizzazione e di identificare possibili fattori di rischio per l’insorgenza di patologie opportunistiche e possibili marker di diagnosi precoce di PML nei soggetti trattati con natalizumab, è stato condotto un ampio studio longitudinale, riguardante tre differenti patologie demielinizzanti: SM, PML e LeucoEncefalopatia Non Determinata (NDLE). Quest’ultima patologia, a eziologia non ancora definita, è caratterizzata da lesioni simili a quelle associate a PML, insorge in soggetti HIV-1 positivi ed è caratterizzata dall’assenza del genoma di JCV e di altri virus neurotropi a livello del liquido cerebro-spinale (CSF). 76 soggetti affetti da SM e trattati con natalizumab o con terapia convenzionale di prima linea (questi ultimi arruolati come controlli), 28 soggetti affetti da PML e 22 affetti da NDLE sono stati arruolati nello studio e campioni biologici di CSF, sangue, siero ed urine sono stati prelevati a diversi momenti della malattia. Il genoma di JCV è stato ricercato in tutti i campioni biologici raccolti tramite Real-Time PCR quantitativa (Q-PCR) e, quando amplificato, è stato sottoposto a caratterizzazione molecolare, al fine di determinare se l’organizzazione genomica virale potesse rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di PML. I risultati ottenuti hanno mostrato l’assenza del genoma di JCV nel CSF prelevato dai soggetti affetti da NDLE. Al contrario, la carica virale e l’organizzazione molecolare della regione di controllo trascrizionale virale (TCR) amplificata nel CSF dei soggetti affetti da PML sembrano rappresentare importanti fattori di prognosi. Relativamente all’analisi sui soggetti affetti da SM, è emerso un aumento dell’escrezione urinaria di JCV nel gruppo dei pazienti trattati con natalizumab, rispetto al gruppo di controllo (p<0.05). In particolare, questo aumento si verifica fino alla 24a infusione mensile di natalizumab, mentre, a partire dalla 36a infusione, l’escrezione di JCV diminuisce fino a livelli pre-infusione. Nonostante la riattivazione di JCV nelle urine si sia dimostrata subclinica, l’aumento della prevalenza del virus nei soggetti trattati con natalizumab non può essere trascurato e il monitoraggio costante dell’eventuale presenza di JCV nelle urine di tali pazienti potrebbe permettere l’identificazione dei soggetti infettati dal virus e di verificare se la replicazione virale e l’escrezione nelle urine possano essere influenzate dal trattamento con l’anticorpo monoclonale. Inoltre, confrontando i risultati del test anticorpale contro JCV, a cui tutti i pazienti sono routinariamente sottoposti, con i risultati ottenuti attraverso l’analisi molecolare, è stato possibile verificare come il primo test sia affetto da una percentuale di errore (falsi-negativi) del 7.9%. Risulta, quindi, fondamentale affiancare sempre la ricerca del genoma virale nei fluidi biologici del paziente nel tempo al test per la ricerca degli anticorpi anti-JCV, al fine di identificare i pazienti a rischio PML, anche tra coloro i quali hanno mostrato negatività al test anticorpale, e di trovare un marker biologico specifico, sensibile, riproducibile e facilmente determinabile in modo non invasivo di rischio di PML.
Settore MED/07 - Microbiologia e Microbiologia Clinica
multiple sclerosis ; PML ; natalizumab ; JCV-DNA ; anti-JCV antibodies
FERRANTE, PASQUALE
CLERICI, MARIO SALVATORE
Doctoral Thesis
MOLECULAR BASIS OF THE DEMYELINATING DISEASES / C. Carloni ; tutor: P. Ferrante ; correlatore: S. Delbue ; coordinatore: M. Clerici. DIPARTIMENTO DI FISIOPATOLOGIA MEDICO-CHIRURGICA E DEI TRAPIANTI, 2013 Feb 12. 25. ciclo, Anno Accademico 2012. [10.13130/carloni-camilla_phd2013-02-12].
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
phd_unimi_R08622.pdf

Open Access dal 04/04/2013

Tipologia: Tesi di dottorato completa
Dimensione 1.87 MB
Formato Adobe PDF
1.87 MB Adobe PDF Visualizza/Apri
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/217440
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact