Scopo del presente contributo è analizzare la natura del complicato rapporto, in continua evoluzione, esistente tra determinismo e criminologia. L’annosa questione del ruolo del determinismo nella vita dell’uomo, che precluderebbe qualsivoglia possibilità di libero arbitrio in favore di un destino già scritto, che poco o nulla quindi lascerebbe alla spontaneità ed alla possibilità di scegliere, ha da sempre fatto da contraltare alle teorie evoluzioniste, che vedono invece nella libertà e nella possibilità di modifica la chiave del progresso dell’umanità. Se tale diatriba la si trasla in ambito criminologico, ecco ripresentarsi il medesimo interrogativo, ma in chiave forense: l’uomo nasce criminale, o lo diventa? Quanto in un reato è ascrivibile al destino di essere nato “delinquente”, e quanto invece è da imputarsi alla volontà di agire in maniera criminale? Questa già di per se’ difficile relazione, viene ulteriormente complicata alla luce della comparsa, in campo forense, delle tecniche di neuroimaging: che ruolo potrebbe avere, nel peculiare e talvolta tortuoso iter d’analisi di un quesito peritale, una Tomografia ad Emissione di Positroni, o una qualsiasi tecnica di neuroimmagine funzionale? La psicopatologia forense potrebbe aver trovato il supporto di una preziosa alleata o un’acerrima nemica che con la sua oggettività scientifica poco spazio lascerebbe alle indagini criminologiche ed agli approfondimenti psicopatologici su chi ha commesso un reato? A tali interrogativi l’Autrice cerca di fornire una risposta, attingendo a fonti scientifiche e di letteratura criminologica, fornendo così un esauriente quadro di riflessioni sul tema.
Determinismo, criminologia, neuroscienze / I. Merzagora. - In: NOTIZIE DI POLITEIA. - ISSN 1128-2401. - 28:108(2012), pp. 84-92.
Determinismo, criminologia, neuroscienze
I. MerzagoraPrimo
2012
Abstract
Scopo del presente contributo è analizzare la natura del complicato rapporto, in continua evoluzione, esistente tra determinismo e criminologia. L’annosa questione del ruolo del determinismo nella vita dell’uomo, che precluderebbe qualsivoglia possibilità di libero arbitrio in favore di un destino già scritto, che poco o nulla quindi lascerebbe alla spontaneità ed alla possibilità di scegliere, ha da sempre fatto da contraltare alle teorie evoluzioniste, che vedono invece nella libertà e nella possibilità di modifica la chiave del progresso dell’umanità. Se tale diatriba la si trasla in ambito criminologico, ecco ripresentarsi il medesimo interrogativo, ma in chiave forense: l’uomo nasce criminale, o lo diventa? Quanto in un reato è ascrivibile al destino di essere nato “delinquente”, e quanto invece è da imputarsi alla volontà di agire in maniera criminale? Questa già di per se’ difficile relazione, viene ulteriormente complicata alla luce della comparsa, in campo forense, delle tecniche di neuroimaging: che ruolo potrebbe avere, nel peculiare e talvolta tortuoso iter d’analisi di un quesito peritale, una Tomografia ad Emissione di Positroni, o una qualsiasi tecnica di neuroimmagine funzionale? La psicopatologia forense potrebbe aver trovato il supporto di una preziosa alleata o un’acerrima nemica che con la sua oggettività scientifica poco spazio lascerebbe alle indagini criminologiche ed agli approfondimenti psicopatologici su chi ha commesso un reato? A tali interrogativi l’Autrice cerca di fornire una risposta, attingendo a fonti scientifiche e di letteratura criminologica, fornendo così un esauriente quadro di riflessioni sul tema.Pubblicazioni consigliate
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