L’idea che si diano corpi comuni e coscienze collettive, che i confini del corpo vivente non siano così netti e profilati come crediamo da molti secoli, che, forse, i confini stessi della coscienza personale debbano essere ridisegnati e ampliati, attraversa da più d’un secolo la filosofia e la letteratura, e si è imposta nelle pratiche condivise dello scambio e del commercio tra individui. La coscienza interiore – è sotto gli occhi di tutti – sta divenendo oggi superflua: sta rivelandosi una funzione di cui si avverte sempre meno il bisogno e che, quindi, per evocare una metafora evoluzionistica, si sta rapidamente atrofizzando. In questo testo si mette alla prova l’idea secondo cui le nozioni di ‘Sé’ e di ‘corpo proprio’, piuttosto che risolversi in unità compatte, assegnate singolarmente ad ogni uomo, possano essere identificate da un nome collettivo. Il vero corpo, secondo l’indicazione di Royce, è quello della comunità, una comunità che vive, sente, soffre come un soggetto specifico. Questo corpo della comunità, da cui ognuno di noi è penetrato e della cui carne è costituito (che per altro non è in nostra dotazione, ma che incorporiamo a partire dal senso comune), è il corpo delle Interpretazioni, come scrive Peirce, perché la vera comunità è quella dell’interpretazione. E l’interpretazione non è uno stato mentale, ma si declina sempre come prassi materialmente condivisa e strutturata in abiti di risposta impersonali e fungenti, pubblici e comunitari. Attraverso autori della tradizione greca (Omero, Platone, gli Stoici) ed ermeneutica (Nietzsche e Foucault), attraverso riferimenti al darwinismo e al pragmatismo (Peirce, James, Royce, Mead), il libro percorre un cammino verso una nuova definizione dello statuto dell’humanitas.
In comune : Dal corpo proprio al corpo comunitario / R. Fabbrichesi. - Milano : Mimesis, 2012. - ISBN 9788857512532.
In comune : Dal corpo proprio al corpo comunitario
R. FabbrichesiPrimo
2012
Abstract
L’idea che si diano corpi comuni e coscienze collettive, che i confini del corpo vivente non siano così netti e profilati come crediamo da molti secoli, che, forse, i confini stessi della coscienza personale debbano essere ridisegnati e ampliati, attraversa da più d’un secolo la filosofia e la letteratura, e si è imposta nelle pratiche condivise dello scambio e del commercio tra individui. La coscienza interiore – è sotto gli occhi di tutti – sta divenendo oggi superflua: sta rivelandosi una funzione di cui si avverte sempre meno il bisogno e che, quindi, per evocare una metafora evoluzionistica, si sta rapidamente atrofizzando. In questo testo si mette alla prova l’idea secondo cui le nozioni di ‘Sé’ e di ‘corpo proprio’, piuttosto che risolversi in unità compatte, assegnate singolarmente ad ogni uomo, possano essere identificate da un nome collettivo. Il vero corpo, secondo l’indicazione di Royce, è quello della comunità, una comunità che vive, sente, soffre come un soggetto specifico. Questo corpo della comunità, da cui ognuno di noi è penetrato e della cui carne è costituito (che per altro non è in nostra dotazione, ma che incorporiamo a partire dal senso comune), è il corpo delle Interpretazioni, come scrive Peirce, perché la vera comunità è quella dell’interpretazione. E l’interpretazione non è uno stato mentale, ma si declina sempre come prassi materialmente condivisa e strutturata in abiti di risposta impersonali e fungenti, pubblici e comunitari. Attraverso autori della tradizione greca (Omero, Platone, gli Stoici) ed ermeneutica (Nietzsche e Foucault), attraverso riferimenti al darwinismo e al pragmatismo (Peirce, James, Royce, Mead), il libro percorre un cammino verso una nuova definizione dello statuto dell’humanitas.Pubblicazioni consigliate
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