La saturazione venosa di ossigeno dipende dalla quantità di ossigeno fornita ad una determinata zona e da quella dalla quantità di ossigeno consumata da quella stessa zona. Valori normali di SvO2 sono compresi tra 0.68-0.77 e indicano un perfetto equilibrio tra domanda e disponibilità. Valori più elevati sono spesso associati a sindromi legate a perdita di vaso regolazione, come cirrosi o sepsi, o a stati di basso consumo di ossigeno, iperossigenazione, alta gittata e in rari casi, tossicità da cianuro. Nel 1870 Fick ha analizzato la relazione tra la gittata cardiaca, la domanda globale di ossigeno e l’estrazione di ossigeno e ne ha tratto che il consumo o il rilascio di una sostanza da un organo è dato dal prodotto del flusso di sangue e dalla differenza artero-venosa in concentrazione di quella sostanza. Dal momento che l’ossigeno è richiesto da tutte le cellule e il cardiac output percorre l’intero sistema cardio-circolatorio, riarrangiare l’equazione di Fick in modo da esplicitare VO2 illustra l’utilità clinica del monitoraggio di SvO2. Secondo l’equazione di Fick: VO2=CO*(CaO2-CvO2) Sostituendo alla differenza artero-venosa in contenuto la rispettiva formula contenente la saturazione (linearità della relazione tra contenuto e saturazione) e esplicitando la saturazione venosa si ottiene che: SvO2=SaO2- VO2/CO*(1/(Hb*1.39)) Dove VO2 indica il consumo di ossigeno. L’equazione, che ha validità generale, mostra come la saturazione venosa di ossigeno sia funzione di quattro variabili: la saturazione arteriosa (funzione respiratoria), il flusso (emodinamica), metabolismo (VO2) e disponibilità del trasportatore di ossigeno (Hb). Ne risulta che le variazioni di saturazione venosa sono molto sensibili ma aspecifiche. Ad un determinato valore di SaO2, SvO2 può diminuire nel caso in cui VO2/Q aumenti, quindi quando il rifornimento di ossigeno non è sufficiente a coprire il consumo di ossigeno legato alla fosforilazione ossidativa. Ciò può essere legato sia all’aumento di VO2 che alla diminuzione di gittata cardiaca come spesso accade nei pazienti critici. Tuttavia poiché si verifichi una riduzione di SvO2 i mitocondri devono essere integri e ci deve essere consumo di ossigeno. Infatti, paradossalmente, se i mitocondri di una determinata regione smettono di funzionare il valore di SvO2 del sangue in uscita da quella regione è pari a quello di SaO2 in entrata. Una riduzione di SvO2 è un primo segnale di possibile inadeguatezza emodinamica ma, per se, non indica, che il bilancio energetico sia già in deficit. Dalla parte opposta valori normali o elevati di SvO2 possono essere associati a deficit energetico quando il problema principale è il malfunzionamento mitocondriale, come osservato nei muscoli in caso di sepsi o quando il microcircolo è alterato (shunt). Da notare che shunt e disfunzione mitocondriale sono entrambi associati a SvO2 normale/elevata. Quindi mentre l’ipossia tissutale è generalmente associata a diminuzione di SvO2, con o senza insufficienza energetica, valori normali di SvO2 si registrano anche in caso di insufficienza energetica ma senza ipossia. Benché ci siano queste limitazioni è importante ricordarsi che SvO2, date SaO2 e Hb, è funzione di VO2/Q. Perciò è un eccellente marker di adeguatezza emodinamica dal momento che è direttamente correlato alla richiesta (VO2) e al rifornimento (Q). Dalla formula vista in precedenza la disponibilità di ossigeno subisce delle riduzioni nel caso di ipossia ipossica, anemia (ipossia anemica), riduzioni della gittata cardiaca (ipossia stagnante) o combinazioni delle precedenti(33). Al diminuire della disponibilità di ossigeno (DO2) il consumo di ossigeno (VO2) resta in primo luogo inalterato (oxygen supply independency). A partire da un valore critico, che coincide con l’inizio del metabolismo anaerobio, il consumo diminuisce linearmente rispetto alla disponibilità (oxygen supply dependency)). Questo tratto è caratterizzato da metabolismo anaerobio, acidosi lattica, disfunzioni d’organo, instabilità fisiologica, e può condurre fino alla morte. Il tratto in cui il consumo di ossigeno è inalterato nonostante la diminuzione di DO2 è caratterizzato, invece, da una immediata riduzione di SVO2, il che riflette che ad un consumo di ossigeno costante, corrispondono una frazione di estrazione (VO2/DO2) e una differenza artero-venosa in contenuto aumentate. La diminuzione di SvO2 è legata, quindi, all’aumento di estrazione di ossigeno. E’ molto importante notare che la diminuzione di SvO2 associata alla riduzione di DO2 indica che SvO2 è un segnale immediato dell’adeguatezza/inadeguatezza di DO2.

Monitoraggio della saturazione venosa / L. Gattinoni. ((Intervento presentato al convegno Conference on Cardiac Arrest, Shock and Trauma tenutosi a Milano nel 2012.

Monitoraggio della saturazione venosa

L. Gattinoni
Primo
2012

Abstract

La saturazione venosa di ossigeno dipende dalla quantità di ossigeno fornita ad una determinata zona e da quella dalla quantità di ossigeno consumata da quella stessa zona. Valori normali di SvO2 sono compresi tra 0.68-0.77 e indicano un perfetto equilibrio tra domanda e disponibilità. Valori più elevati sono spesso associati a sindromi legate a perdita di vaso regolazione, come cirrosi o sepsi, o a stati di basso consumo di ossigeno, iperossigenazione, alta gittata e in rari casi, tossicità da cianuro. Nel 1870 Fick ha analizzato la relazione tra la gittata cardiaca, la domanda globale di ossigeno e l’estrazione di ossigeno e ne ha tratto che il consumo o il rilascio di una sostanza da un organo è dato dal prodotto del flusso di sangue e dalla differenza artero-venosa in concentrazione di quella sostanza. Dal momento che l’ossigeno è richiesto da tutte le cellule e il cardiac output percorre l’intero sistema cardio-circolatorio, riarrangiare l’equazione di Fick in modo da esplicitare VO2 illustra l’utilità clinica del monitoraggio di SvO2. Secondo l’equazione di Fick: VO2=CO*(CaO2-CvO2) Sostituendo alla differenza artero-venosa in contenuto la rispettiva formula contenente la saturazione (linearità della relazione tra contenuto e saturazione) e esplicitando la saturazione venosa si ottiene che: SvO2=SaO2- VO2/CO*(1/(Hb*1.39)) Dove VO2 indica il consumo di ossigeno. L’equazione, che ha validità generale, mostra come la saturazione venosa di ossigeno sia funzione di quattro variabili: la saturazione arteriosa (funzione respiratoria), il flusso (emodinamica), metabolismo (VO2) e disponibilità del trasportatore di ossigeno (Hb). Ne risulta che le variazioni di saturazione venosa sono molto sensibili ma aspecifiche. Ad un determinato valore di SaO2, SvO2 può diminuire nel caso in cui VO2/Q aumenti, quindi quando il rifornimento di ossigeno non è sufficiente a coprire il consumo di ossigeno legato alla fosforilazione ossidativa. Ciò può essere legato sia all’aumento di VO2 che alla diminuzione di gittata cardiaca come spesso accade nei pazienti critici. Tuttavia poiché si verifichi una riduzione di SvO2 i mitocondri devono essere integri e ci deve essere consumo di ossigeno. Infatti, paradossalmente, se i mitocondri di una determinata regione smettono di funzionare il valore di SvO2 del sangue in uscita da quella regione è pari a quello di SaO2 in entrata. Una riduzione di SvO2 è un primo segnale di possibile inadeguatezza emodinamica ma, per se, non indica, che il bilancio energetico sia già in deficit. Dalla parte opposta valori normali o elevati di SvO2 possono essere associati a deficit energetico quando il problema principale è il malfunzionamento mitocondriale, come osservato nei muscoli in caso di sepsi o quando il microcircolo è alterato (shunt). Da notare che shunt e disfunzione mitocondriale sono entrambi associati a SvO2 normale/elevata. Quindi mentre l’ipossia tissutale è generalmente associata a diminuzione di SvO2, con o senza insufficienza energetica, valori normali di SvO2 si registrano anche in caso di insufficienza energetica ma senza ipossia. Benché ci siano queste limitazioni è importante ricordarsi che SvO2, date SaO2 e Hb, è funzione di VO2/Q. Perciò è un eccellente marker di adeguatezza emodinamica dal momento che è direttamente correlato alla richiesta (VO2) e al rifornimento (Q). Dalla formula vista in precedenza la disponibilità di ossigeno subisce delle riduzioni nel caso di ipossia ipossica, anemia (ipossia anemica), riduzioni della gittata cardiaca (ipossia stagnante) o combinazioni delle precedenti(33). Al diminuire della disponibilità di ossigeno (DO2) il consumo di ossigeno (VO2) resta in primo luogo inalterato (oxygen supply independency). A partire da un valore critico, che coincide con l’inizio del metabolismo anaerobio, il consumo diminuisce linearmente rispetto alla disponibilità (oxygen supply dependency)). Questo tratto è caratterizzato da metabolismo anaerobio, acidosi lattica, disfunzioni d’organo, instabilità fisiologica, e può condurre fino alla morte. Il tratto in cui il consumo di ossigeno è inalterato nonostante la diminuzione di DO2 è caratterizzato, invece, da una immediata riduzione di SVO2, il che riflette che ad un consumo di ossigeno costante, corrispondono una frazione di estrazione (VO2/DO2) e una differenza artero-venosa in contenuto aumentate. La diminuzione di SvO2 è legata, quindi, all’aumento di estrazione di ossigeno. E’ molto importante notare che la diminuzione di SvO2 associata alla riduzione di DO2 indica che SvO2 è un segnale immediato dell’adeguatezza/inadeguatezza di DO2.
9-set-2012
Settore MED/41 - Anestesiologia
Monitoraggio della saturazione venosa / L. Gattinoni. ((Intervento presentato al convegno Conference on Cardiac Arrest, Shock and Trauma tenutosi a Milano nel 2012.
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