Il paper si concentra sul fenomeno dell’opposizione della Val Susa alla costruzione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, prendendo in considerazione non tanto il versante politico della questione, quanto quello relativo alla quotidianità delle interazioni situate sul territorio, dentro e fuori il movimento. A fianco alla rivendicazione, si è infatti venuto a creare processualmente il cosiddetto “laboratorio valsusino”, una sorta di forum ibrido nel senso di Callon, Lascoumes e Barthe, che ha presto travalicato i confini della protesta contro l’opera sgradita per tramutarsi in moltiplicatore di innovazione e socialità. Specie all’interno delle arene situate dei presidi sul territorio, si sono costituite reti di relazioni stabili e significative, inclusive e non localistiche, fondate sull’appartenenza legata non tanto alla località, quanto alla condivisione e alla circolazione di idee e saperi a loro volta costruiti e continuamente ricreati attraverso l’interazione quotidiana. Tale sentire comune fa riferimento ad una diversa concezione dello spazio di residenza e di azione (definito non quale luogo di transito dell’economia internazionale ma invece come luogo di vita aperto e transnazionale, al di là dei confini amministrativi e nazionali), del tempo (da quello dell’alta velocità degli scambi commerciali a quello dell’interazione e della produzione sociale), della comunità e dell’identità (non chiusa e data una volta per tutte su basi locali ma al contempo orgogliosamente situata), dell’azione pubblica (rifiuto della delega rappresentativa e autogestione partecipata dal basso), del sapere/potere (rifiuto dell’idea di expertise neutrale, presa in considerazione di saperi altri e profani ma anche autonoma produzione di sapere specialistico), del modello di sviluppo. Tali questioni sono analizzate facendo riferimento qualitativo ai documenti prodotti dal movimento, alle sue grammatiche, giustificazioni (Boltanski e Thévenot) e cornici cognitive (Benford e Snow), cercando anche di rispondere alla questione: tutto questo è stato possibile sulla base di un pregresso “capitale sociale” e “sapere contestuale”, oppure questi si sono creati attraverso le pratiche di interazione legate alla protesta?
Costruzione di sapere, luogo e identità all’interno di un movimento/comunità / V. Lastrico. ((Intervento presentato al convegno Convegno di fine mandato AIS - Vita quotidiana, SAPER VEDERE LE INTERSEZIONI LA VITA QUOTIDIANA DEL CAMBIAMENTO SOCIALE tenutosi a Parma nel 2012.
Costruzione di sapere, luogo e identità all’interno di un movimento/comunità
V. LastricoPrimo
2012
Abstract
Il paper si concentra sul fenomeno dell’opposizione della Val Susa alla costruzione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, prendendo in considerazione non tanto il versante politico della questione, quanto quello relativo alla quotidianità delle interazioni situate sul territorio, dentro e fuori il movimento. A fianco alla rivendicazione, si è infatti venuto a creare processualmente il cosiddetto “laboratorio valsusino”, una sorta di forum ibrido nel senso di Callon, Lascoumes e Barthe, che ha presto travalicato i confini della protesta contro l’opera sgradita per tramutarsi in moltiplicatore di innovazione e socialità. Specie all’interno delle arene situate dei presidi sul territorio, si sono costituite reti di relazioni stabili e significative, inclusive e non localistiche, fondate sull’appartenenza legata non tanto alla località, quanto alla condivisione e alla circolazione di idee e saperi a loro volta costruiti e continuamente ricreati attraverso l’interazione quotidiana. Tale sentire comune fa riferimento ad una diversa concezione dello spazio di residenza e di azione (definito non quale luogo di transito dell’economia internazionale ma invece come luogo di vita aperto e transnazionale, al di là dei confini amministrativi e nazionali), del tempo (da quello dell’alta velocità degli scambi commerciali a quello dell’interazione e della produzione sociale), della comunità e dell’identità (non chiusa e data una volta per tutte su basi locali ma al contempo orgogliosamente situata), dell’azione pubblica (rifiuto della delega rappresentativa e autogestione partecipata dal basso), del sapere/potere (rifiuto dell’idea di expertise neutrale, presa in considerazione di saperi altri e profani ma anche autonoma produzione di sapere specialistico), del modello di sviluppo. Tali questioni sono analizzate facendo riferimento qualitativo ai documenti prodotti dal movimento, alle sue grammatiche, giustificazioni (Boltanski e Thévenot) e cornici cognitive (Benford e Snow), cercando anche di rispondere alla questione: tutto questo è stato possibile sulla base di un pregresso “capitale sociale” e “sapere contestuale”, oppure questi si sono creati attraverso le pratiche di interazione legate alla protesta?File | Dimensione | Formato | |
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