Sotto la regìa dei protagonisti della 'corsa' alla terra che caratterizza la Bergamasca a partire dalla seconda metà del '500, il sistema agrario della provicnia conosce lungo il XVII secolo una crescita produttiva e un'evoluzione strutturale legata in primo luogo ai mutamenti dela distribuzione fondiaria e alla sua razionalizzazione organizzativa. Il continuo rialzo dei prezzi delle derrate, iniziato nei primi decenni del XVI secolo in conseguenza dell'aumento demigrafico, aveva costituito lo stimolo principale per l'avvio degli acquisti fondiari. Nobili, ricchi cittadini, élites rurali e borghesie valligiane in ascesa, attenti alla redditività e alla funzionalità dell'investimento terriero, perseguirono l'obiettivo di una maggiore produzione di frumento e di vino, facendo pressione sul fattore più abbondante in quel contesto: il lavoro. Senza seguire i canoni di un progresso agricolo centrato sui grossi impieghi di capitale e sull'integrazione tra cerealicoltura e allevamento, gli aumenti produttivi furono ottenuti intensificando le prestazioni coloniche nei patti mezzadrili, generalizzando l'uso della calcina, diffondendo la rotazione continua con piante da rinnovo, ma soprattutto puntando sul complesso delle lavorazioni del terreno preparatorie alla semina. L'utilizzo delle superfici fu razionalizzato attraverso il completamento della maglia poderale e ai perfezionamenti di processo si agiunsero, con la diffusione di vitigni più resistenti, del gelso e del mais, anche le innovazioni di prodotto.
“La terra non fu mai madregna”: crescita ed evoluzione del sistema agrario / G. De Luca - In: Storia economica e sociale di Bergamo. Il tempo della Serenissima, tomo III: Un Seicento in controtendenza / [a cura di] A. De Maddalena; M.A. Romani; M. Cattini. - Bergamo : Fondazione per la Storia economica e sociale di Bergamo, 2000. - ISBN 88-86797-04-4. - pp. 20-81
“La terra non fu mai madregna”: crescita ed evoluzione del sistema agrario
G. De LucaPrimo
2000
Abstract
Sotto la regìa dei protagonisti della 'corsa' alla terra che caratterizza la Bergamasca a partire dalla seconda metà del '500, il sistema agrario della provicnia conosce lungo il XVII secolo una crescita produttiva e un'evoluzione strutturale legata in primo luogo ai mutamenti dela distribuzione fondiaria e alla sua razionalizzazione organizzativa. Il continuo rialzo dei prezzi delle derrate, iniziato nei primi decenni del XVI secolo in conseguenza dell'aumento demigrafico, aveva costituito lo stimolo principale per l'avvio degli acquisti fondiari. Nobili, ricchi cittadini, élites rurali e borghesie valligiane in ascesa, attenti alla redditività e alla funzionalità dell'investimento terriero, perseguirono l'obiettivo di una maggiore produzione di frumento e di vino, facendo pressione sul fattore più abbondante in quel contesto: il lavoro. Senza seguire i canoni di un progresso agricolo centrato sui grossi impieghi di capitale e sull'integrazione tra cerealicoltura e allevamento, gli aumenti produttivi furono ottenuti intensificando le prestazioni coloniche nei patti mezzadrili, generalizzando l'uso della calcina, diffondendo la rotazione continua con piante da rinnovo, ma soprattutto puntando sul complesso delle lavorazioni del terreno preparatorie alla semina. L'utilizzo delle superfici fu razionalizzato attraverso il completamento della maglia poderale e ai perfezionamenti di processo si agiunsero, con la diffusione di vitigni più resistenti, del gelso e del mais, anche le innovazioni di prodotto.Pubblicazioni consigliate
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