E’ Virginia Woolf che, citata da Lella Ravasi, in Mrs Dalloway (Bompiani,2003) dice che ‘tutto è lasciare’ “…Per sempre gli anni…per sempre l’amore…per sempre le ore”. La depressione nell’anziano, ma anche la depressione dell’individuo oggi, è un discorso sulle perdite, gli abbandoni, sul richiamo al limite e soprattutto al limite assoluto, la morte appunto. Possiamo definirla con Ehrenberg (La fatica di essere se stessi, Einaudi 1999) una ‘patologia identitaria cronica’. “La depressione sta all’insufficienza come la follia sta alla ragione e la nevrosi al conflitto (…). Col vangelo dell’espansione di sé in una mano e del culto della performance nell’altra il conflitto non scompare, se mai è meno evidente, non è più una guida sicura” (Cit, pp 284-285). Una patologia dell’identità dove l’individuo è ‘l’impotente sovrano di se stesso’ da cui deriva il suo ‘delirio d’inferiorità’.(Ibidem, p.173). Negli anziani avviene l’epifania di questa dimensione che si esprime, a volte, con gravi sintomi depressivi. Sotto la legge della prestazione l’anziano è sconfitto poiché il suo profilo esistenziale e la sua consistenza sono sempre più incerti mentre sempre più esteso, conclamato e florido, è il suo ‘delirio di inferiorità’. Questo diventa clinicamente una depressione maggiore, nel linguaggio psichiatrico, un affaticamento cronico per la sollecitazione permanente ad essere all’altezza, che crea senso di fallimento, d’indegnità, d’insufficienza, di colpa per non riuscire ad esserlo. Da qui la perdita d’interesse per l’esistenza stessa che rimanda all’uomo moderno e, soprattutto, all’anziano la sua cronica inconsistenza nell’identità e nella funzione. Lo rimanda ad una mancanza, incapacità, impotenza che non è altro che il suo giudizio interiore, severo e negativo, sulla sua disfunzionalità. Esistono comunque dei fattori di rischio che dobbiamo saper riconoscere, in qualità di medici, perché possono aiutarci a riconoscere quei soggetti che sono più ad alto rischio per sviluppare la malattia depressiva. Quindi questi fattori sono significativamente importanti per la prevenzione degli episodi depressivi e per l’organizzazione del trattamento. Nessuno dei correlati neurobiologici o dei markers della depressione in età senile si sono dimostrati così sensibili e specifici da poter essere usati per fini diagnostici e terapeutici. I fattori psicosociali giocano un ruolo significativo nel causare e mantenere la malattia depressiva. E’ superfluo sottolineare come nelle ultime decadi di vita i life-events sono maggiormente presenti nella storia esistenziale dell’anziano.Il soggetto avverte una globale riduzione delle prospettive sociali, avverte una riduzione nel funzionamento della sua salute con la presenza di un maggior numero di malattie, avvengono perdite cumulative. L’interazione tra le malattie organiche e la depressione è complessa e bidirezionale. Se le malattie croniche contribuiscono ad una prognosi peggiore per la depressione; la depressione ha un’ influenza negativa sull’esito delle malattie organiche (P.395). Nella depressione senile si distinguono fattori prediponenti e precipitanti, bilanciati da condizioni- cuscinetto (buffering-factors) e fattori protettivi. I fattori prediponenti e protettivi si riferiscono a tratti di personalità e a condizioni di vulnerabilità bio-psico-sociale che modificano la possibilità dell’insorgenza di una depressione. I cambiamenti biologici associati ai processi di senescenza probabilmente rappresentano una maggiore vulnerabilità degli specifici fattori predisponenti in pazienti più giovani, come la suscettibilità genetica o la deprivazione infantile. Dall’altra parte la presenza di soddisfacenti capacità di coping nelle fasi di vita precoci è essenziale per affrontare le perdite cumulative della tarda età della vita. Fattori predisponenti psicosociali possono essere rappresentati da: -croniche difficoltà finanziarie -malattie organiche croniche -insufficienti sistemi di caregiving. Il supporto sociale illustra bene un fattore protettivo. Gli agenti precipitanti sono molto affini a quelli predisponenti. Eventi di vita stressanti, come un lutto, un nuovo episodio di una malattia organica sono visti come agenti in grado di generare l’esordio di un episodio depressivo. Naturalmente efficaci capacità di coping frutto di competenze e capacità personologiche sono in grado di ridurre gli effetti dannosi dello stress. La capacità di entrare in intimità e la presenza di relazioni di vicinanza affettiva configurano delle condizioni-cuscinetto per lo stress emotivo. Così anche la capacità di vicinanza affettiva, confidenza dipendono dalla personalità dell’individuo e si sommano sinergicamente ad altri fattori positivi, quali un buon supporto sociale. In conclusione due tipi di interazioni sono fondamentalmente importanti per comprendere il ruolo dei fattori di rischio nell’esordio depressivo. Primo, la possibilità di interazione tra eventi di vita e supporto sociale con modalità ‘stress-buffering’ che riduce grandemente il rischio di morbidità. Gli inevitabili stressors di vita in assenza di un supporto sociale creano il presupposto per l’esordio depressivo. Secondo, l’estensione dei fattori di rischio interagenti con l’età possono rappresentare sia fattori predisponenti che precipitanti a seconda delle associate circostanze bio-psico-sociali.Non esiste la possibilità che un singolo, specifico agente crei la malattia depressiva ma l’interazione tra diversi fattori contribuisce all’esordio. Sarà illustrata dettagliatamente la terapia integrata, ossia l’associazione tra la terapia farmacologica e la psicoterapia psicodinamica efficace nella cura della depressione senile
“Ho perso gli anni… l’amore… le ore”: la terapia integrata come apertura al futuro / C. Bressi. ((Intervento presentato al convegno La depressione nelle diverse fasi della vita : la clinica e gli interventi terapeutici tenutosi a Milan nel 2011.
“Ho perso gli anni… l’amore… le ore”: la terapia integrata come apertura al futuro
C. BressiPrimo
2011
Abstract
E’ Virginia Woolf che, citata da Lella Ravasi, in Mrs Dalloway (Bompiani,2003) dice che ‘tutto è lasciare’ “…Per sempre gli anni…per sempre l’amore…per sempre le ore”. La depressione nell’anziano, ma anche la depressione dell’individuo oggi, è un discorso sulle perdite, gli abbandoni, sul richiamo al limite e soprattutto al limite assoluto, la morte appunto. Possiamo definirla con Ehrenberg (La fatica di essere se stessi, Einaudi 1999) una ‘patologia identitaria cronica’. “La depressione sta all’insufficienza come la follia sta alla ragione e la nevrosi al conflitto (…). Col vangelo dell’espansione di sé in una mano e del culto della performance nell’altra il conflitto non scompare, se mai è meno evidente, non è più una guida sicura” (Cit, pp 284-285). Una patologia dell’identità dove l’individuo è ‘l’impotente sovrano di se stesso’ da cui deriva il suo ‘delirio d’inferiorità’.(Ibidem, p.173). Negli anziani avviene l’epifania di questa dimensione che si esprime, a volte, con gravi sintomi depressivi. Sotto la legge della prestazione l’anziano è sconfitto poiché il suo profilo esistenziale e la sua consistenza sono sempre più incerti mentre sempre più esteso, conclamato e florido, è il suo ‘delirio di inferiorità’. Questo diventa clinicamente una depressione maggiore, nel linguaggio psichiatrico, un affaticamento cronico per la sollecitazione permanente ad essere all’altezza, che crea senso di fallimento, d’indegnità, d’insufficienza, di colpa per non riuscire ad esserlo. Da qui la perdita d’interesse per l’esistenza stessa che rimanda all’uomo moderno e, soprattutto, all’anziano la sua cronica inconsistenza nell’identità e nella funzione. Lo rimanda ad una mancanza, incapacità, impotenza che non è altro che il suo giudizio interiore, severo e negativo, sulla sua disfunzionalità. Esistono comunque dei fattori di rischio che dobbiamo saper riconoscere, in qualità di medici, perché possono aiutarci a riconoscere quei soggetti che sono più ad alto rischio per sviluppare la malattia depressiva. Quindi questi fattori sono significativamente importanti per la prevenzione degli episodi depressivi e per l’organizzazione del trattamento. Nessuno dei correlati neurobiologici o dei markers della depressione in età senile si sono dimostrati così sensibili e specifici da poter essere usati per fini diagnostici e terapeutici. I fattori psicosociali giocano un ruolo significativo nel causare e mantenere la malattia depressiva. E’ superfluo sottolineare come nelle ultime decadi di vita i life-events sono maggiormente presenti nella storia esistenziale dell’anziano.Il soggetto avverte una globale riduzione delle prospettive sociali, avverte una riduzione nel funzionamento della sua salute con la presenza di un maggior numero di malattie, avvengono perdite cumulative. L’interazione tra le malattie organiche e la depressione è complessa e bidirezionale. Se le malattie croniche contribuiscono ad una prognosi peggiore per la depressione; la depressione ha un’ influenza negativa sull’esito delle malattie organiche (P.395). Nella depressione senile si distinguono fattori prediponenti e precipitanti, bilanciati da condizioni- cuscinetto (buffering-factors) e fattori protettivi. I fattori prediponenti e protettivi si riferiscono a tratti di personalità e a condizioni di vulnerabilità bio-psico-sociale che modificano la possibilità dell’insorgenza di una depressione. I cambiamenti biologici associati ai processi di senescenza probabilmente rappresentano una maggiore vulnerabilità degli specifici fattori predisponenti in pazienti più giovani, come la suscettibilità genetica o la deprivazione infantile. Dall’altra parte la presenza di soddisfacenti capacità di coping nelle fasi di vita precoci è essenziale per affrontare le perdite cumulative della tarda età della vita. Fattori predisponenti psicosociali possono essere rappresentati da: -croniche difficoltà finanziarie -malattie organiche croniche -insufficienti sistemi di caregiving. Il supporto sociale illustra bene un fattore protettivo. Gli agenti precipitanti sono molto affini a quelli predisponenti. Eventi di vita stressanti, come un lutto, un nuovo episodio di una malattia organica sono visti come agenti in grado di generare l’esordio di un episodio depressivo. Naturalmente efficaci capacità di coping frutto di competenze e capacità personologiche sono in grado di ridurre gli effetti dannosi dello stress. La capacità di entrare in intimità e la presenza di relazioni di vicinanza affettiva configurano delle condizioni-cuscinetto per lo stress emotivo. Così anche la capacità di vicinanza affettiva, confidenza dipendono dalla personalità dell’individuo e si sommano sinergicamente ad altri fattori positivi, quali un buon supporto sociale. In conclusione due tipi di interazioni sono fondamentalmente importanti per comprendere il ruolo dei fattori di rischio nell’esordio depressivo. Primo, la possibilità di interazione tra eventi di vita e supporto sociale con modalità ‘stress-buffering’ che riduce grandemente il rischio di morbidità. Gli inevitabili stressors di vita in assenza di un supporto sociale creano il presupposto per l’esordio depressivo. Secondo, l’estensione dei fattori di rischio interagenti con l’età possono rappresentare sia fattori predisponenti che precipitanti a seconda delle associate circostanze bio-psico-sociali.Non esiste la possibilità che un singolo, specifico agente crei la malattia depressiva ma l’interazione tra diversi fattori contribuisce all’esordio. Sarà illustrata dettagliatamente la terapia integrata, ossia l’associazione tra la terapia farmacologica e la psicoterapia psicodinamica efficace nella cura della depressione senileFile | Dimensione | Formato | |
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