Già nel maggio 1977 l’OMS aveva invitato “i Governi interessati a riconoscere un’importanza adeguata all’impiego dei sistemi di Medicina Tradizionale nei rispettivi Paesi secondo un’appropriata regolamentazione nel contesto dei propri servizi sanitari” e, come noto, il ricorso alla medicina tradizionale e alla medicina complementare e alternativa è ormai in costante aumento in tutto il mondo . I motivi che spingono i pazienti a questa scelta sono molteplici, pare, comunque, opportuno ricordare l’esigenza di un maggior contatto “umano” con il terapeuta, la possibilità di una partecipazione attiva al trattamento, il minor numero di effetti collaterali. Ma non solo, la biomedicina sembra rivolgere maggiormente il suo interesse alla cura del “corpo”, più che della “persona”, parcellizzando il sapere medico a tal punto che il “rassicurante”, e a volte anche “terapeutico” ”, rapporto medico-paziente e’ andato quasi completamente perduto. Anche in questo ambito, in ogni caso, emerge l’esigenza di un costante aggiornamento specialistico, ma anche di tutele e di regole normative e legislative. Queste ultime e le problematiche medico-legali ad esse connesse verranno affrontate in questo intervento. Preme in particolare ricordare che in questo ambito uno dei problemi principali risulta essere connesso con la diagnosi della forma patologica da trattare. Diagnosi che dovrà essere assolutamente raggiunta prima di attuare qualsivoglia trattamento, mediante indagini semeiotiche, laboratoristiche e strumentali tipiche della Medicina Scientifica, ma alle quali non é possibile rinunciare nella nostra, come in altre Società. In tema di responsabilità professionale, infatti, il giudizio del momento diagnostico, ma anche di quello terapeutico, avrà inevitabilmente come riferimento la preparazione normalmente attesa in un medico (generico o specialista) “medio”, nel preciso periodo storico e nella specifica Società in cui egli professa. Ovviamente anche per chi esercita la Medicina Complementare valgono i principi che regolano gli attuali orientamenti in ambito di responsabilità professionale e soprattutto risulterà prioritario essere in grado di dimostrare di aver esaurientemente “informato” il paziente delle caratteristiche e dei fini del trattamento proposto, avendogli illustrato adeguatamente le altre diverse possibilità terapeutiche disponibili mediante un confronto critico con la metodica che si intende attuare, così che egli possa scegliere consapevolmente di sottoporsi o meno a questa. Si dovrà inoltre tenere presente l’ipotesi, di non infrequente riscontro in tema di responsabilità professionale per terapie non convenzionali, che l’applicazione erronea di queste possa impedire o ritardare l’esecuzione di un più idoneo ed efficace trattamento, così da determinare un danno al paziente impedendogli la guarigione, ovvero posticipandogliela. Non bisogna infatti dimenticare che il medico “ha da sempre piena libertà di scegliere il percorso diagnostico e il trattamento curativo che ritiene più indicato nel singolo caso: può quindi optare anche per una medicina non convenzionale con i limiti però di non dimenticare quanto appreso durante gli studi universitari e quanto il progresso scientifico costantemente introduce di nuovo nella medicina; quindi autonomia sì, libertà di scelta sì, ma con il temperamento del rapporto benefici/rischi per il malato” .
Aspetti e problematiche medico-legali in medicina complementare / U.R. Genovese, A. Farneti. ((Intervento presentato al convegno La Medicina Complementare nella pratica clinica: Medicina Complementare Medicina Allopatica: l’Ospedale possibile luogo di integrazione tenutosi a Milano nel 2005.
Aspetti e problematiche medico-legali in medicina complementare
U.R. GenovesePrimo
;A. FarnetiUltimo
2005
Abstract
Già nel maggio 1977 l’OMS aveva invitato “i Governi interessati a riconoscere un’importanza adeguata all’impiego dei sistemi di Medicina Tradizionale nei rispettivi Paesi secondo un’appropriata regolamentazione nel contesto dei propri servizi sanitari” e, come noto, il ricorso alla medicina tradizionale e alla medicina complementare e alternativa è ormai in costante aumento in tutto il mondo . I motivi che spingono i pazienti a questa scelta sono molteplici, pare, comunque, opportuno ricordare l’esigenza di un maggior contatto “umano” con il terapeuta, la possibilità di una partecipazione attiva al trattamento, il minor numero di effetti collaterali. Ma non solo, la biomedicina sembra rivolgere maggiormente il suo interesse alla cura del “corpo”, più che della “persona”, parcellizzando il sapere medico a tal punto che il “rassicurante”, e a volte anche “terapeutico” ”, rapporto medico-paziente e’ andato quasi completamente perduto. Anche in questo ambito, in ogni caso, emerge l’esigenza di un costante aggiornamento specialistico, ma anche di tutele e di regole normative e legislative. Queste ultime e le problematiche medico-legali ad esse connesse verranno affrontate in questo intervento. Preme in particolare ricordare che in questo ambito uno dei problemi principali risulta essere connesso con la diagnosi della forma patologica da trattare. Diagnosi che dovrà essere assolutamente raggiunta prima di attuare qualsivoglia trattamento, mediante indagini semeiotiche, laboratoristiche e strumentali tipiche della Medicina Scientifica, ma alle quali non é possibile rinunciare nella nostra, come in altre Società. In tema di responsabilità professionale, infatti, il giudizio del momento diagnostico, ma anche di quello terapeutico, avrà inevitabilmente come riferimento la preparazione normalmente attesa in un medico (generico o specialista) “medio”, nel preciso periodo storico e nella specifica Società in cui egli professa. Ovviamente anche per chi esercita la Medicina Complementare valgono i principi che regolano gli attuali orientamenti in ambito di responsabilità professionale e soprattutto risulterà prioritario essere in grado di dimostrare di aver esaurientemente “informato” il paziente delle caratteristiche e dei fini del trattamento proposto, avendogli illustrato adeguatamente le altre diverse possibilità terapeutiche disponibili mediante un confronto critico con la metodica che si intende attuare, così che egli possa scegliere consapevolmente di sottoporsi o meno a questa. Si dovrà inoltre tenere presente l’ipotesi, di non infrequente riscontro in tema di responsabilità professionale per terapie non convenzionali, che l’applicazione erronea di queste possa impedire o ritardare l’esecuzione di un più idoneo ed efficace trattamento, così da determinare un danno al paziente impedendogli la guarigione, ovvero posticipandogliela. Non bisogna infatti dimenticare che il medico “ha da sempre piena libertà di scegliere il percorso diagnostico e il trattamento curativo che ritiene più indicato nel singolo caso: può quindi optare anche per una medicina non convenzionale con i limiti però di non dimenticare quanto appreso durante gli studi universitari e quanto il progresso scientifico costantemente introduce di nuovo nella medicina; quindi autonomia sì, libertà di scelta sì, ma con il temperamento del rapporto benefici/rischi per il malato” .Pubblicazioni consigliate
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