L'articolo argomenta che se l’inquadramento corporativo rappresentò il fattore prioritario per mezzo del quale le élites imprenditoriali e artigiane milanesi manovrarono l’offerta manifatturiera cittadina durante la ripresa economica cinque-secentesca , i sensali costituirono – specularmente – l’elemento fondamentale del loro controllo sulla domanda urbana. Attraverso l’indirizzo concreto dell’azione degli intermediari di merci e di cambi, il vertice produttivo e mercantile della capitale completò così la sua strategia di riallineamento dell’assetto economico cittadino ai propri interessi, che, sullo sfondo dei mutamenti macrostrutturali europei, si stavano orientando sempre più in chiave commerciale; dopo le congiunture negative dell’ultimo ventennio del Cinquecento, la chiusura del mercato transalpino e l’avvio della concorrenza di nuove tipologie tessili (che, sia in patria che all’estero, sottraevano spazio alle produzioni locali), il baricentro delle loro convenienze si andò infatti progressivamente spostando verso flussi mercantili in cui le esportazioni di semilavorati (ma anche di prodotti del settore primario o di merci smistate) si combinavano e si compensavano con l’importazione di articoli finiti, collocati poi all’interno delle mura. Così mentre a monte la strumentalizzazione dei corpi di mestiere consentì a questo gruppo ristretto di decidere liberamente ed elasticamente quali e quanti beni fare realizzare dalla struttura manifatturiera della città, a valle lo stretto controllo sui sensali – che, conferendo valore probatorio agli scambi, mettevano in contatto sul tessuto urbano i compratori (privati, dettaglianti, grossisti, locali o stranieri) con i venditori (produttori o importatori) – gli permise di dirigere capillarmente gran parte della richiesta locale verso i beni che produceva o importava. Per questo fine, nella morfologia del controllo sui mediatori si venne affermando, accanto al persistere della componente ‘formale’, un legame più ‘sostanziale’, di maggiore e immediato assoggettamento; oltre al mantenimento dell’obbligo di approvazione da parte degli organi direttivi dell’Universitas mercatorum mediolanensis, negli ultimi decenni del XVI secolo la cauzione dovuta dagli intermediari registrò un tale incremento da trasformarsi da norma di garanzia in vero e proprio vincolo all’esercizio ufficiale dell’attività , sancendo di fatto un rapporto privilegiato fra il mercante-banchiere/fideiussore e il sensale. In questo modo, le funzioni di tutela del mercato (conferimento di certezza giuridica ai contratti, circolazione neutrale delle informazioni, e in particolare nel settore alimentare, valutazione della qualità dei prodotti e fissazione dei prezzi), assegnate istituzionalmente fin dal XIV secolo agli intermediari, furono piegate a favore delle istanze privatistiche delle élites mercantili e imprenditoriali. I principi prudenziali e di condotta (controlli interni ed esterni, trasparenza informativa e neutralità operativa) previsti per i mediatori vennero progressivamente disattesi per proiettare sulla domanda locale gli interessi oligopolistici del vertice economico milanese. Il risultato fu quindi la definizione di un sistema urbano di scambi in gran parte orientato – soprattutto durante la fase discendente del ciclo economico cinque-secentesco – verso meccanismi privilegiati di redistribuzione del reddito piuttosto che verso processi di incremento della produttività ; e in questo scenario i sensali della capitale ducale si configurarono sempre più come rappresentanti di un gruppo di controllo che come agenti di efficienza allocativa.

Tra funzioni di tutela e istanze di controllo del mercato urbano: i sensali milanesi durante l’età moderna / G. De Luca - In: Dalla corporazione al mutuo soccorso : organizzazione e tutela del lavoro tra 16. e 20. secolo / [a cura di] P. Massa, A. Moioli. - Milano : Franco Angeli, 2004. - ISBN 884646236X. - pp. 191-204 (( convegno Dalla corporazione al mutuo soccorso : organizzazione e tutela del lavoro tra 16. e 20. secolo tenutosi a Imperia nel 2003.

Tra funzioni di tutela e istanze di controllo del mercato urbano: i sensali milanesi durante l’età moderna

G. De Luca
Primo
2004

Abstract

L'articolo argomenta che se l’inquadramento corporativo rappresentò il fattore prioritario per mezzo del quale le élites imprenditoriali e artigiane milanesi manovrarono l’offerta manifatturiera cittadina durante la ripresa economica cinque-secentesca , i sensali costituirono – specularmente – l’elemento fondamentale del loro controllo sulla domanda urbana. Attraverso l’indirizzo concreto dell’azione degli intermediari di merci e di cambi, il vertice produttivo e mercantile della capitale completò così la sua strategia di riallineamento dell’assetto economico cittadino ai propri interessi, che, sullo sfondo dei mutamenti macrostrutturali europei, si stavano orientando sempre più in chiave commerciale; dopo le congiunture negative dell’ultimo ventennio del Cinquecento, la chiusura del mercato transalpino e l’avvio della concorrenza di nuove tipologie tessili (che, sia in patria che all’estero, sottraevano spazio alle produzioni locali), il baricentro delle loro convenienze si andò infatti progressivamente spostando verso flussi mercantili in cui le esportazioni di semilavorati (ma anche di prodotti del settore primario o di merci smistate) si combinavano e si compensavano con l’importazione di articoli finiti, collocati poi all’interno delle mura. Così mentre a monte la strumentalizzazione dei corpi di mestiere consentì a questo gruppo ristretto di decidere liberamente ed elasticamente quali e quanti beni fare realizzare dalla struttura manifatturiera della città, a valle lo stretto controllo sui sensali – che, conferendo valore probatorio agli scambi, mettevano in contatto sul tessuto urbano i compratori (privati, dettaglianti, grossisti, locali o stranieri) con i venditori (produttori o importatori) – gli permise di dirigere capillarmente gran parte della richiesta locale verso i beni che produceva o importava. Per questo fine, nella morfologia del controllo sui mediatori si venne affermando, accanto al persistere della componente ‘formale’, un legame più ‘sostanziale’, di maggiore e immediato assoggettamento; oltre al mantenimento dell’obbligo di approvazione da parte degli organi direttivi dell’Universitas mercatorum mediolanensis, negli ultimi decenni del XVI secolo la cauzione dovuta dagli intermediari registrò un tale incremento da trasformarsi da norma di garanzia in vero e proprio vincolo all’esercizio ufficiale dell’attività , sancendo di fatto un rapporto privilegiato fra il mercante-banchiere/fideiussore e il sensale. In questo modo, le funzioni di tutela del mercato (conferimento di certezza giuridica ai contratti, circolazione neutrale delle informazioni, e in particolare nel settore alimentare, valutazione della qualità dei prodotti e fissazione dei prezzi), assegnate istituzionalmente fin dal XIV secolo agli intermediari, furono piegate a favore delle istanze privatistiche delle élites mercantili e imprenditoriali. I principi prudenziali e di condotta (controlli interni ed esterni, trasparenza informativa e neutralità operativa) previsti per i mediatori vennero progressivamente disattesi per proiettare sulla domanda locale gli interessi oligopolistici del vertice economico milanese. Il risultato fu quindi la definizione di un sistema urbano di scambi in gran parte orientato – soprattutto durante la fase discendente del ciclo economico cinque-secentesco – verso meccanismi privilegiati di redistribuzione del reddito piuttosto che verso processi di incremento della produttività ; e in questo scenario i sensali della capitale ducale si configurarono sempre più come rappresentanti di un gruppo di controllo che come agenti di efficienza allocativa.
intermediari finanziari ; Milano ; XVI-XVII secolo
Settore SECS-P/12 - Storia Economica
2004
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