Nella Sanità italiana si sta vivendo un periodo di “grande eccitazione” per l’introduzione, l’applicazione e le prospettive correlate al Clinical Risk Management. Quest’ultimo, come noto, si incentra principalmente sulla dimensione cognitiva dell’errore, proponendo il passaggio da un approccio prettamente “personale” (in cui si pone l’attenzione sugli errori degli individui, colpevolizzandoli – e punendoli - per gli stessi) ad uno di “sistema” (in cui si pone l’attenzione sulle condizioni di lavoro degli operatori, cercando di costruire barriere per evitare gli errori o limitarne gli effetti). L’estrema fiducia tecnico-scientifica riposta in esso, il gradimento e le incentivazioni da parte delle Compagnie assicurative e delle Istituzioni sanitarie, nazionali e regionali, non devono, però, far trascurare un approccio critico costruttivo al Clinical Risk Management. In effetti già al suo affacciarsi in Italia proprio il Direttore del Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria) dell’Università Bocconi di Milano, Elio Borgonovi, ammoniva che se la prospettiva ideale era senza dubbio l’applicazione dei sistemi di management anche in sanità, (dovendosene, però, riconoscere i limiti, oltre che i meriti), la realtà, viceversa, avrebbe potuto essere caratterizzata da una forte tensione tra chi avrebbe preteso di ridurre la sanità a misura del corretto funzionamento dei sistemi di management e chi avrebbe voluto mantenere la sanità a misura di persona, modificando e adattando i sistemi di management. Gli enormi interessi economici correlati ai sistemi di management per la salute (mercato emergente e in rapida crescita) gli facevano temere l’oggettivo rischio di prevalenza della prima possibilità e questa pare, in effetti, essere la tendenza, così da rendersi oggi necessario che ogni operatore sanitario si impegni nell’arduo compito di governare e non di “subire” i sistemi di management. Non deve inoltre essere trascurato che ormai qualsiasi approccio unilaterale ai problemi della Sanità risulterà infruttuoso e che il coinvolgimento del paziente soltanto negli studi sulla qualità delle prestazioni sanitarie è diventato limitativo, dovendosi, viceversa, mirare al raggiungimento di una sua concreta consapevolezza anche e soprattutto riguardo ai rischi inevitabilmente correlati alle attività di diagnosi e cura. A proposito di questi ultimi è bene, tra l’altro, ricordare che il risk management, una volta introdotto, tende fisiologicamente ad espandere la sua azione su tutti i rischi in quanto tali; per cui in Medicina dovrà porsi particolare attenzione affinché questo si occupi specificatamente ed esclusivamente dei soli rischi puri, lasciando ad altri strumenti il compito di affrontare adeguatamente le incertezze che implicitamente ed inevitabilmente la contraddistinguono (rischi speculativi). Eliminare, infatti, i rischi speculativi in Medicina significherebbe modificarne la natura e, indirettamente, la finalità, sempre che per finalità si intenda la cura del paziente (o, meglio, di tutti i pazienti) e non unicamente l’interesse aziendale. Si ritiene che questo compito di “salvaguardia” dell’arte medica veda inevitabilmente coinvolta anche la Medicina Legale, facilitata in questa “missione” non soltanto dalla frequente assenza di ostacoli di natura psicologica ed ambientale, ma, soprattutto, dall’esperienza maturata negli anni quale interfaccia tra il mondo sanitario e quello giuridico e sociale, nonchè dalla propensione agli aspetti e alle problematiche di natura etico-deontologica.

Dalla gestione del rischio clinico alla prevenzione del contenzioso / U.R. Genovese. ((Intervento presentato al convegno Modelli d’assistenza personalizzata in day surgery: dalla presa in carico del paziente alla continuità assistenziale tenutosi a Portoferraio nel 2010.

Dalla gestione del rischio clinico alla prevenzione del contenzioso

U.R. Genovese
Primo
2010

Abstract

Nella Sanità italiana si sta vivendo un periodo di “grande eccitazione” per l’introduzione, l’applicazione e le prospettive correlate al Clinical Risk Management. Quest’ultimo, come noto, si incentra principalmente sulla dimensione cognitiva dell’errore, proponendo il passaggio da un approccio prettamente “personale” (in cui si pone l’attenzione sugli errori degli individui, colpevolizzandoli – e punendoli - per gli stessi) ad uno di “sistema” (in cui si pone l’attenzione sulle condizioni di lavoro degli operatori, cercando di costruire barriere per evitare gli errori o limitarne gli effetti). L’estrema fiducia tecnico-scientifica riposta in esso, il gradimento e le incentivazioni da parte delle Compagnie assicurative e delle Istituzioni sanitarie, nazionali e regionali, non devono, però, far trascurare un approccio critico costruttivo al Clinical Risk Management. In effetti già al suo affacciarsi in Italia proprio il Direttore del Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria) dell’Università Bocconi di Milano, Elio Borgonovi, ammoniva che se la prospettiva ideale era senza dubbio l’applicazione dei sistemi di management anche in sanità, (dovendosene, però, riconoscere i limiti, oltre che i meriti), la realtà, viceversa, avrebbe potuto essere caratterizzata da una forte tensione tra chi avrebbe preteso di ridurre la sanità a misura del corretto funzionamento dei sistemi di management e chi avrebbe voluto mantenere la sanità a misura di persona, modificando e adattando i sistemi di management. Gli enormi interessi economici correlati ai sistemi di management per la salute (mercato emergente e in rapida crescita) gli facevano temere l’oggettivo rischio di prevalenza della prima possibilità e questa pare, in effetti, essere la tendenza, così da rendersi oggi necessario che ogni operatore sanitario si impegni nell’arduo compito di governare e non di “subire” i sistemi di management. Non deve inoltre essere trascurato che ormai qualsiasi approccio unilaterale ai problemi della Sanità risulterà infruttuoso e che il coinvolgimento del paziente soltanto negli studi sulla qualità delle prestazioni sanitarie è diventato limitativo, dovendosi, viceversa, mirare al raggiungimento di una sua concreta consapevolezza anche e soprattutto riguardo ai rischi inevitabilmente correlati alle attività di diagnosi e cura. A proposito di questi ultimi è bene, tra l’altro, ricordare che il risk management, una volta introdotto, tende fisiologicamente ad espandere la sua azione su tutti i rischi in quanto tali; per cui in Medicina dovrà porsi particolare attenzione affinché questo si occupi specificatamente ed esclusivamente dei soli rischi puri, lasciando ad altri strumenti il compito di affrontare adeguatamente le incertezze che implicitamente ed inevitabilmente la contraddistinguono (rischi speculativi). Eliminare, infatti, i rischi speculativi in Medicina significherebbe modificarne la natura e, indirettamente, la finalità, sempre che per finalità si intenda la cura del paziente (o, meglio, di tutti i pazienti) e non unicamente l’interesse aziendale. Si ritiene che questo compito di “salvaguardia” dell’arte medica veda inevitabilmente coinvolta anche la Medicina Legale, facilitata in questa “missione” non soltanto dalla frequente assenza di ostacoli di natura psicologica ed ambientale, ma, soprattutto, dall’esperienza maturata negli anni quale interfaccia tra il mondo sanitario e quello giuridico e sociale, nonchè dalla propensione agli aspetti e alle problematiche di natura etico-deontologica.
18-mag-2010
Settore MED/43 - Medicina Legale
Dalla gestione del rischio clinico alla prevenzione del contenzioso / U.R. Genovese. ((Intervento presentato al convegno Modelli d’assistenza personalizzata in day surgery: dalla presa in carico del paziente alla continuità assistenziale tenutosi a Portoferraio nel 2010.
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