Il presente lavoro nasce da due ordini di considerazioni. La prima prende le mosse da una percezione condivisa da tempo con numerose ostetriche: il puerperio rappresenta la “zona grigia” del percorso nascita. Nell’esperienza di molte delle donne che incontriamo in qualità di ostetriche ritroviamo, nel corso della gravidanza e al momento del parto, la presenza costante e puntuale (e talvolta eccessiva) di diverse figure, professionali e non: ginecologi, (poche) ostetriche, doule, educatrici prenatali, psicologi e psicopedagogisti, istruttori di yoga, ginnastica dolce, nuoto, operatori variamente qualificati… tutti sembrano adoperarsi per la donna in gravidanza, offrendole più o meno validi interventi di assistenza, sostegno, accompagnamento, guida. Limitatamente agli operatori professionali, lo stesso discorso vale per il parto, sulla cui scena sono spesso presenti numerosi attori, più di quelli necessari -ed opportuni- a garantirle un’assistenza sicura ma allo stesso tempo rispettosa. Subito dopo il parto, però, questa variegata schiera sembra dissolversi di fronte alle frequenti difficoltà in cui la donna si imbatte nell’incontro con il suo bambino. La dimissione dall’ospedale –sempre più “precoce” e sempre meno “protetta”- segna sovente una cesura. La brusca interruzione di un percorso caratterizzato da un certo grado di continuità, la perdita delle figure e momenti fin qui considerati punti di riferimento stabili e sicuri, i cambiamenti concreti e simbolici che si ritrova ad affrontare: tutto questo fa si che le prime settimane della puerpera siano spesso intrise da sensazioni di disorientamento, abbandono e solitudine. Ciò avviene in una fase affatto particolare del suo percorso: quella dell’avvio dell’allattamento al seno, che sia dal punto di vista ormonale che da quello più prettamente pratico-organizzativo risulta essere quanto mai delicata. Il secondo ordine di considerazioni, riguarda invece la possibilità, per operatori e strutture della nascita, di avere un ritorno effettivo del proprio operato rispetto alla promozione dell’allattamento al seno. L’allattamento deve infatti essere considerato un processo complesso a medio termine. L’importanza di ciò che avviene nelle prime ore e nei primi giorni di vita del bambino ai fini di un buon avvio dell’allattamento al seno è universalmente riconosciuta; altrettanto universalmente note sono le misure e gli accorgimenti che gli operatori e le operatrici possono adottare per accompagnare mamma e bambino in questa fase così cruciale del loro rapporto. Lentamente ma con decisione il panorama assistenziale italiano si sta allineando con quanto raccomandato a livello internazionale a proposito di promozione dell’allattamento, e gli sforzi per implementare i necessari cambiamenti, sia a livello organizzativo che per la formazione degli operatori, sono talvolta cospicui. Laddove però la dimissione –e quindi la perdita del contatto con la donna- avviene dopo 48 ore o poco più dal parto, la valutazione dell’efficacia di tali sforzi diventa quantomeno complicata. I loro effetti (in termini di aumento della produzione lattea e di rinforzo delle competenze materne, di corretto aumento di peso del neonato, di riduzione dell’insorgenza di complicanze quali ragadi ed ingorghi mammari, ecc..) si manifesteranno solo dopo alcuni giorni, e rischiano comunque di essere vanificati dall’impossibilità di essere a fianco della donna proprio durante la montata lattea, momento in cui si presenta una quota consistente delle difficoltà di allattamento. Alla luce di queste considerazioni, approfondire la riflessione (e la ricerca) sulle criticità dell’allattamento al seno e sulle relative strategie di promozione appare un obiettivo prioritario nell’ottica di un miglioramento della qualità dell’assistenza ostetrica al percorso nascita.
Percorsi di allattamento : studio longitudinale su un campione di coppie madre/neonato afferenti alla FMBBM/A.O. San Gerardo di Monza / R. Sada, P.A. Mauri. - [s.l] : Università degli Studi di Milano, 2011 Nov.
Percorsi di allattamento : studio longitudinale su un campione di coppie madre/neonato afferenti alla FMBBM/A.O. San Gerardo di Monza
P.A. MauriUltimo
2011
Abstract
Il presente lavoro nasce da due ordini di considerazioni. La prima prende le mosse da una percezione condivisa da tempo con numerose ostetriche: il puerperio rappresenta la “zona grigia” del percorso nascita. Nell’esperienza di molte delle donne che incontriamo in qualità di ostetriche ritroviamo, nel corso della gravidanza e al momento del parto, la presenza costante e puntuale (e talvolta eccessiva) di diverse figure, professionali e non: ginecologi, (poche) ostetriche, doule, educatrici prenatali, psicologi e psicopedagogisti, istruttori di yoga, ginnastica dolce, nuoto, operatori variamente qualificati… tutti sembrano adoperarsi per la donna in gravidanza, offrendole più o meno validi interventi di assistenza, sostegno, accompagnamento, guida. Limitatamente agli operatori professionali, lo stesso discorso vale per il parto, sulla cui scena sono spesso presenti numerosi attori, più di quelli necessari -ed opportuni- a garantirle un’assistenza sicura ma allo stesso tempo rispettosa. Subito dopo il parto, però, questa variegata schiera sembra dissolversi di fronte alle frequenti difficoltà in cui la donna si imbatte nell’incontro con il suo bambino. La dimissione dall’ospedale –sempre più “precoce” e sempre meno “protetta”- segna sovente una cesura. La brusca interruzione di un percorso caratterizzato da un certo grado di continuità, la perdita delle figure e momenti fin qui considerati punti di riferimento stabili e sicuri, i cambiamenti concreti e simbolici che si ritrova ad affrontare: tutto questo fa si che le prime settimane della puerpera siano spesso intrise da sensazioni di disorientamento, abbandono e solitudine. Ciò avviene in una fase affatto particolare del suo percorso: quella dell’avvio dell’allattamento al seno, che sia dal punto di vista ormonale che da quello più prettamente pratico-organizzativo risulta essere quanto mai delicata. Il secondo ordine di considerazioni, riguarda invece la possibilità, per operatori e strutture della nascita, di avere un ritorno effettivo del proprio operato rispetto alla promozione dell’allattamento al seno. L’allattamento deve infatti essere considerato un processo complesso a medio termine. L’importanza di ciò che avviene nelle prime ore e nei primi giorni di vita del bambino ai fini di un buon avvio dell’allattamento al seno è universalmente riconosciuta; altrettanto universalmente note sono le misure e gli accorgimenti che gli operatori e le operatrici possono adottare per accompagnare mamma e bambino in questa fase così cruciale del loro rapporto. Lentamente ma con decisione il panorama assistenziale italiano si sta allineando con quanto raccomandato a livello internazionale a proposito di promozione dell’allattamento, e gli sforzi per implementare i necessari cambiamenti, sia a livello organizzativo che per la formazione degli operatori, sono talvolta cospicui. Laddove però la dimissione –e quindi la perdita del contatto con la donna- avviene dopo 48 ore o poco più dal parto, la valutazione dell’efficacia di tali sforzi diventa quantomeno complicata. I loro effetti (in termini di aumento della produzione lattea e di rinforzo delle competenze materne, di corretto aumento di peso del neonato, di riduzione dell’insorgenza di complicanze quali ragadi ed ingorghi mammari, ecc..) si manifesteranno solo dopo alcuni giorni, e rischiano comunque di essere vanificati dall’impossibilità di essere a fianco della donna proprio durante la montata lattea, momento in cui si presenta una quota consistente delle difficoltà di allattamento. Alla luce di queste considerazioni, approfondire la riflessione (e la ricerca) sulle criticità dell’allattamento al seno e sulle relative strategie di promozione appare un obiettivo prioritario nell’ottica di un miglioramento della qualità dell’assistenza ostetrica al percorso nascita.Pubblicazioni consigliate
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