I membri di un’èquipe oncologica confrontandosi quotidianamente ed in modo massivo e profondo con i limiti dell’esistenza umana e delle competenze medico-chirurgiche possono presentare uno spettro di risposte emotive che va da una normale, soddisfacente capacità di adattamento e di coping ad un coping caratterizzato da reazioni di ansia e depressione fino a giungere alla manifestazione di chiari sintomi psichiatrici. La condizione di burn-out viene definita diversamente dai differenti studiosi che si sono occupati di essa ma i caratteri comuni sembrano essere caratterizzati da un processo con diverse fasi di sviluppo. La prima consiste in un esaurimento psicofisico: l’operatore avverte una sensazione di perdita di energia e di esaurimento delle proprie risorse emozionali per fronteggiare i consueti ritmi di lavoro e della realtà affettiva e sociale. La tensione e la frustrazione progressivamente crescono. La seconda fase si connota con un distacco emotivo: la persona manifesta una sensazione di distacco e rifiuto verso il paziente, verso i colleghi e l’istituzione in cui svolge la sua attività. Le risposte emotive associate ad una sempre maggiore stanchezza e irritabilità si manifestano con comportamenti di sottovalutazione delle situazioni cliniche, rifiuto o allontanamento dalle richieste di aiuto, posizioni relazionali ciniche, sgarbate e negative nei confronti dei pazienti e dei colleghi. La terza fase è infine caratterizzata da una sensazione di impotenza: l’operatore sanitario avverte un sentimento di fallimento personale, di inadeguatezza al lavoro e di grave autosvalutazione personale e professionale accompagnato da un marcato senso di colpa per il disinteresse e l’intolleranza verso la sofferenza altrui. Per i membri di uno staff oncologico sia la crisi emotiva che la condizione di burn-out sono condizioni che vanno osservate con particolare attenzione: è importante rilevarle prima che il disagio emotivo diventi cronico rischiando di sfociare proprio in una situazione di burn-out. Il presente contributo parte dall’esperienza maturata ormai da un decennio di collaborazione tra la Clinica Psichiatrica I dell’Università degli Studi di Milano, Ospedale Maggiore ed il Centro Trapianti di Midollo Osseo (Direttore. Prof. Lambertenghi-Deliliers) dove svolgiamo attività di psicoterapia focale con i pazienti ricoverati e counselling familiare con i loro parenti. A partire dall’esperienza attuata all’interno di un gruppo di discussione per gli infermieri dello stesso reparto ci siamo posti come obiettivo principale l’osservazione di alcuni aspetti emotivi e comportamentali – espressione di bisogni espressi dagli stessi infermieri – la cui risposta, formulata nel lavoro di gruppo, ci ha permesso di sottolineare l’importanza di interventi mirati ai bisogni dello staff affinchè, attraverso la chiarificazione e universalizzazione dei bisogni di chiarimento emotivo, si eviti il progredire in un processo che potrebbe sfociare in un chiaro e marcato disturbo psichico.

La crisi emotiva degli operatori in oncologia : modelli di osservazione e intervento / C. Bressi, M. Porcellana, G. Invernizzi. - In: PSICHIATRIA DI CONSULTAZIONE. - ISSN 1127-395X. - 8:4-5(2005), pp. 145-147.

La crisi emotiva degli operatori in oncologia : modelli di osservazione e intervento

C. Bressi;M. Porcellana;G. Invernizzi
2005

Abstract

I membri di un’èquipe oncologica confrontandosi quotidianamente ed in modo massivo e profondo con i limiti dell’esistenza umana e delle competenze medico-chirurgiche possono presentare uno spettro di risposte emotive che va da una normale, soddisfacente capacità di adattamento e di coping ad un coping caratterizzato da reazioni di ansia e depressione fino a giungere alla manifestazione di chiari sintomi psichiatrici. La condizione di burn-out viene definita diversamente dai differenti studiosi che si sono occupati di essa ma i caratteri comuni sembrano essere caratterizzati da un processo con diverse fasi di sviluppo. La prima consiste in un esaurimento psicofisico: l’operatore avverte una sensazione di perdita di energia e di esaurimento delle proprie risorse emozionali per fronteggiare i consueti ritmi di lavoro e della realtà affettiva e sociale. La tensione e la frustrazione progressivamente crescono. La seconda fase si connota con un distacco emotivo: la persona manifesta una sensazione di distacco e rifiuto verso il paziente, verso i colleghi e l’istituzione in cui svolge la sua attività. Le risposte emotive associate ad una sempre maggiore stanchezza e irritabilità si manifestano con comportamenti di sottovalutazione delle situazioni cliniche, rifiuto o allontanamento dalle richieste di aiuto, posizioni relazionali ciniche, sgarbate e negative nei confronti dei pazienti e dei colleghi. La terza fase è infine caratterizzata da una sensazione di impotenza: l’operatore sanitario avverte un sentimento di fallimento personale, di inadeguatezza al lavoro e di grave autosvalutazione personale e professionale accompagnato da un marcato senso di colpa per il disinteresse e l’intolleranza verso la sofferenza altrui. Per i membri di uno staff oncologico sia la crisi emotiva che la condizione di burn-out sono condizioni che vanno osservate con particolare attenzione: è importante rilevarle prima che il disagio emotivo diventi cronico rischiando di sfociare proprio in una situazione di burn-out. Il presente contributo parte dall’esperienza maturata ormai da un decennio di collaborazione tra la Clinica Psichiatrica I dell’Università degli Studi di Milano, Ospedale Maggiore ed il Centro Trapianti di Midollo Osseo (Direttore. Prof. Lambertenghi-Deliliers) dove svolgiamo attività di psicoterapia focale con i pazienti ricoverati e counselling familiare con i loro parenti. A partire dall’esperienza attuata all’interno di un gruppo di discussione per gli infermieri dello stesso reparto ci siamo posti come obiettivo principale l’osservazione di alcuni aspetti emotivi e comportamentali – espressione di bisogni espressi dagli stessi infermieri – la cui risposta, formulata nel lavoro di gruppo, ci ha permesso di sottolineare l’importanza di interventi mirati ai bisogni dello staff affinchè, attraverso la chiarificazione e universalizzazione dei bisogni di chiarimento emotivo, si eviti il progredire in un processo che potrebbe sfociare in un chiaro e marcato disturbo psichico.
Settore MED/25 - Psichiatria
2005
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