Il saggio cerca di offrire una prima riconsiderazione del rapporto fra Enea Silvio Piccolomini e il mondo tedesco. Il tema, in effetti, costituisce un leitmotiv degli studi piccolominiani, che, a varie riprese, ne hanno richiamato alcuni motivi centrali – il richiamo alla tradizione imperiale, alla tradizione ghibellina, di derivazione familiare e cittadina; l’umanesimo. Tuttavia, questi motivi si accompagnano ad un sentimento di incertezza, di dubbio, che pure caratterizza questo legame privilegiato fra il Piccolomini e il mondo tedesco e il lungo periodo che egli trascorre al servizio di Federico III (1442-1455). Il rapporto fra il Piccolomini e il mondo tedesco appare un rapporto non facile né scontato, segnato da una progressiva, lenta e a tratti contrastata “scoperta” del mondo tedesco: una “scoperta” che comporta a sua volta una serie ininterrotta di aggiustamenti, di verifiche, e un rapporto mutevole con la realtà circostante. Tutto questo riemerge con particolare evidenza nel Pentalogus (1443), alla cui analisi è dedicata la seconda parte del saggio. Il trattato - la prima opera composta dal Piccolomini dopo il suo ingresso alla corte di Federico III – può essere considerata in effetti come espressione della ricerca di un inserimento possibile da parte del Piccolomini nella corte e nella politica regia, in una prospettiva che riflette la rivendicazione dell’autore del proprio valore e dell’importanza dell’umanesimo come cultura politica, ma anche, nello stesso tempo, il senso vivo delle difficoltà che egli incontra e insieme la spinta costante a confrontarsi, a misurarsi con questa “nuova” realtà.
Un umanista alla corte di Federico 3. : il Pentalogus di Enea Silvio Piccolomini / B. Baldi. - In: CAHIERS D'ÉTUDES ITALIENNES. - ISSN 1770-9571. - 13:(2011), pp. 161-171.
Un umanista alla corte di Federico 3. : il Pentalogus di Enea Silvio Piccolomini
B. BaldiPrimo
2011
Abstract
Il saggio cerca di offrire una prima riconsiderazione del rapporto fra Enea Silvio Piccolomini e il mondo tedesco. Il tema, in effetti, costituisce un leitmotiv degli studi piccolominiani, che, a varie riprese, ne hanno richiamato alcuni motivi centrali – il richiamo alla tradizione imperiale, alla tradizione ghibellina, di derivazione familiare e cittadina; l’umanesimo. Tuttavia, questi motivi si accompagnano ad un sentimento di incertezza, di dubbio, che pure caratterizza questo legame privilegiato fra il Piccolomini e il mondo tedesco e il lungo periodo che egli trascorre al servizio di Federico III (1442-1455). Il rapporto fra il Piccolomini e il mondo tedesco appare un rapporto non facile né scontato, segnato da una progressiva, lenta e a tratti contrastata “scoperta” del mondo tedesco: una “scoperta” che comporta a sua volta una serie ininterrotta di aggiustamenti, di verifiche, e un rapporto mutevole con la realtà circostante. Tutto questo riemerge con particolare evidenza nel Pentalogus (1443), alla cui analisi è dedicata la seconda parte del saggio. Il trattato - la prima opera composta dal Piccolomini dopo il suo ingresso alla corte di Federico III – può essere considerata in effetti come espressione della ricerca di un inserimento possibile da parte del Piccolomini nella corte e nella politica regia, in una prospettiva che riflette la rivendicazione dell’autore del proprio valore e dell’importanza dell’umanesimo come cultura politica, ma anche, nello stesso tempo, il senso vivo delle difficoltà che egli incontra e insieme la spinta costante a confrontarsi, a misurarsi con questa “nuova” realtà.Pubblicazioni consigliate
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