Il rapporto tra donne e potere costituisce, da alcuni decenni, uno dei temi forti all’interno del dibattito ispirato dalla gender history, considerando il termine sia nell’accezione più ampia di rapporto sociale sia in quella specifica di esercizio di governo. Fonti e strumenti di indagine si sono andati arricchendo e ora ci si interroga, attraverso le vicende biografiche di singolari figure, ma non solo, sulla pluralità delle espressioni dei poteri femminili. Il Mezzogiorno d’Italia offre, a questo proposito, un terreno d’indagine stimolante perché vi si trova, oltre alle gentildonne appartenenti alle casate feudali, ciò che manca alle signorie e alle corti rinascimentali dell’Italia centro-settentrionale, ossia la figura della regina, un ruolo istituzionalizzato, riconosciuto e assai più pregnante rispetto alle consorti dei principi territoriali. Tra questi due mondi si esplicò l’azione politica di Isabella d’Aragona, figlia secondogenita di Alfonso, principe di Capua, e di Ippolita Sforza, sorella dei duchi di Milano Galeazzo Maria, prima, e Ludovico il Moro poi. Andata in sposa al cugino primo Gian Galeazzo, legittimo erede del dominio milanese, spodestato di fatto dallo zio Ludovico, Isabella lottò strenuamente per sostenere i diritti a un esercizio autonomo di governo, contro le consuetudini feudali lombarde e contro le ambizioni politiche del Moro. Ne uscì sconfitta, perché il ducato di Milano «non è Stato da governarsi per mane di femine vedove, né per mane de putti: il popolo et la città non gli piace per niente», ma trovò il proprio riscatto in un altro ducato, quello di Bari, che resse saldamente, operando importanti interventi urbanistici e adottando significativi provvedimenti in ambito economico, sociale e culturale. Le ambizioni dinastiche che, su opposti fronti, avevano animato i due grandi antagonisti della scena politica milanese di fine Quattrocento, Ludovico il Moro e la nipote Isabella, si conclusero apparentemente con il prevalere dell’astuzia e del potere coercitivo espressi dal primo; ma, mentre sul trono ducale di Lombardia gli eredi del Moro sedettero brevemente, sbiaditi fantocci nelle mani di un forte potere straniero, la discendenza femminile dell’Aragona seppe imporsi sullo scacchiere politico europeo per oltre un secolo, dando vita a un’influente e capace dinastia di donne sovrane del Nord e dell’Est Europa (Bona Sforza regina di Polonia, Isabella regina di Ungheria, Caterina regina di Svezia ecc.).
"Governare, io donna" : Isabella d'Aragona Sforza principessa delle due Italie / F.I.M. Vaglienti - In: Con animo virile : donne e potere nel Mezzogiorno medievale : secoli 11-15 / [a cura di] P. Mainoni. - Roma : Viella, 2010 Jan. - ISBN 9788883344206. - pp. 455-484 (( convegno Donne e potere nel Mezzogiorno medievale (secoli 11.-15.) tenutosi a Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali dell’Università di Bari “Aldo Moro” nel 2008.
"Governare, io donna" : Isabella d'Aragona Sforza principessa delle due Italie
F.I.M. VaglientiPrimo
2010
Abstract
Il rapporto tra donne e potere costituisce, da alcuni decenni, uno dei temi forti all’interno del dibattito ispirato dalla gender history, considerando il termine sia nell’accezione più ampia di rapporto sociale sia in quella specifica di esercizio di governo. Fonti e strumenti di indagine si sono andati arricchendo e ora ci si interroga, attraverso le vicende biografiche di singolari figure, ma non solo, sulla pluralità delle espressioni dei poteri femminili. Il Mezzogiorno d’Italia offre, a questo proposito, un terreno d’indagine stimolante perché vi si trova, oltre alle gentildonne appartenenti alle casate feudali, ciò che manca alle signorie e alle corti rinascimentali dell’Italia centro-settentrionale, ossia la figura della regina, un ruolo istituzionalizzato, riconosciuto e assai più pregnante rispetto alle consorti dei principi territoriali. Tra questi due mondi si esplicò l’azione politica di Isabella d’Aragona, figlia secondogenita di Alfonso, principe di Capua, e di Ippolita Sforza, sorella dei duchi di Milano Galeazzo Maria, prima, e Ludovico il Moro poi. Andata in sposa al cugino primo Gian Galeazzo, legittimo erede del dominio milanese, spodestato di fatto dallo zio Ludovico, Isabella lottò strenuamente per sostenere i diritti a un esercizio autonomo di governo, contro le consuetudini feudali lombarde e contro le ambizioni politiche del Moro. Ne uscì sconfitta, perché il ducato di Milano «non è Stato da governarsi per mane di femine vedove, né per mane de putti: il popolo et la città non gli piace per niente», ma trovò il proprio riscatto in un altro ducato, quello di Bari, che resse saldamente, operando importanti interventi urbanistici e adottando significativi provvedimenti in ambito economico, sociale e culturale. Le ambizioni dinastiche che, su opposti fronti, avevano animato i due grandi antagonisti della scena politica milanese di fine Quattrocento, Ludovico il Moro e la nipote Isabella, si conclusero apparentemente con il prevalere dell’astuzia e del potere coercitivo espressi dal primo; ma, mentre sul trono ducale di Lombardia gli eredi del Moro sedettero brevemente, sbiaditi fantocci nelle mani di un forte potere straniero, la discendenza femminile dell’Aragona seppe imporsi sullo scacchiere politico europeo per oltre un secolo, dando vita a un’influente e capace dinastia di donne sovrane del Nord e dell’Est Europa (Bona Sforza regina di Polonia, Isabella regina di Ungheria, Caterina regina di Svezia ecc.).File | Dimensione | Formato | |
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