In assenza di una specifica normativa - viceversa prevista in altri paesi - che disciplini le ricadute civilistiche delle c.d. “pratiche commerciali sleali”, di cui al D.lgs. n. 146 del 2007 (che ha dato attuazione alla Direttiva 2005/29), lo studio è dedicato ad individuare quegli strumenti, esibiti dal codice civile, che potrebbero essere utilizzati per reagire, sul fronte del ‘private enforcement’, a comportamenti scorretti. Si analizza, in primo luogo, il problema della validità o meno dei contratti la cui conclusione sia stata preceduta e resa possibile da simili pratiche vietate, sia sotto il profilo della nullità, tendenzialmente da escludersi, sia con riguardo all’eventuale invalidità per vizi del consenso, ammissibile ma in ipotesi circoscritte dal rigido dettato del legislatore del ‘42. Particolare rilievo è invece attribuito al rimedio risarcitorio, maggiormente idoneo a costituire il migliore e più generale strumento di reazione individuale contro le pratiche commerciali sleali, anche perché meglio e più facilmente adattatabile alle circostanze concrete, nell’ottica di proteggere comunque la sfera giuridica del consumatore. Una riprova di tale conclusione è, del resto, offerta dalla introduzione nel nostro ordinamento delle azioni collettive (art. 140 bis Cod.Consumo), finalizzate al risarcimento dei mass torts, specificamente esercitabili anche in tale settore.
Pratiche commerciali sleali e tutela del consumatore / C. Tenella Sillani. - In: OBBLIGAZIONI E CONTRATTI. - ISSN 1826-2570. - 2009:10(2009), pp. 775-783.
Pratiche commerciali sleali e tutela del consumatore
C. Tenella SillaniPrimo
2009
Abstract
In assenza di una specifica normativa - viceversa prevista in altri paesi - che disciplini le ricadute civilistiche delle c.d. “pratiche commerciali sleali”, di cui al D.lgs. n. 146 del 2007 (che ha dato attuazione alla Direttiva 2005/29), lo studio è dedicato ad individuare quegli strumenti, esibiti dal codice civile, che potrebbero essere utilizzati per reagire, sul fronte del ‘private enforcement’, a comportamenti scorretti. Si analizza, in primo luogo, il problema della validità o meno dei contratti la cui conclusione sia stata preceduta e resa possibile da simili pratiche vietate, sia sotto il profilo della nullità, tendenzialmente da escludersi, sia con riguardo all’eventuale invalidità per vizi del consenso, ammissibile ma in ipotesi circoscritte dal rigido dettato del legislatore del ‘42. Particolare rilievo è invece attribuito al rimedio risarcitorio, maggiormente idoneo a costituire il migliore e più generale strumento di reazione individuale contro le pratiche commerciali sleali, anche perché meglio e più facilmente adattatabile alle circostanze concrete, nell’ottica di proteggere comunque la sfera giuridica del consumatore. Una riprova di tale conclusione è, del resto, offerta dalla introduzione nel nostro ordinamento delle azioni collettive (art. 140 bis Cod.Consumo), finalizzate al risarcimento dei mass torts, specificamente esercitabili anche in tale settore.Pubblicazioni consigliate
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