Una ricerca qualitativa sulla condizione delle socie e collaboratrici nell’impresa familiare artigiana per soffermarsi su figure lavorative invisibili e poco studiate. Lo studio esplora le rappresentazioni delle lavoratrici e sottolinea il ruolo strategico delle donne all’interno della famiglia-impresa artigiana, in qualità di socie e collaboratrici familiari, fondamentali nel determinare una parte del vantaggio competitivo delle aziende stesse. Anche dal punto di vista quantitativo il fenomeno appare rilevante: nel 2007 (anno in cui sono disponibili i dati più recenti) risultavano 7.898 coadiuvanti familiari donne professionalmente attive, il 23% del totale delle lavoratrici indipendenti in Piemonte, considerate come un grande vantaggio in costi e flessibilità d’impiego per l’azienda a conduzione familiare. Si tratta infatti, nella maggior parte dei casi, di mogli, figlie e sorelle del titolare, che garantiscono affidabilità e continuitànel funzionamento dell’azienda. Tuttavia il loro ruolo manca di un riconoscimento appropriato perché l’istituto del coadiuvante non prevede né i diritti e le tutele del lavoro dipendente né quelli del lavoro autonomo; per i/le coadiuvanti non prevista remunerazione nè partecipazione all'utile d'impresa ne è possibile accedere personalmente ad un prestito bancario, ad un mutuo, a corsi di formazione, oppure a sistemi di protezione sociale nel caso di cessazione dell’attività. Innegabilmente la famiglia-impresa ha fondato i suoi vantaggi su una “divisione di genere” del lavoro produttivo (nell’impresa) e riproduttivo (nella famiglia), nonché su una distribuzione delle ricompense – materiali, di ruolo, di status – ineguale e svantaggiosa per la componente femminile. La produzione – legata al “mestiere”, che rappresenta ancora la principale fonte di autorevolezza e di potere all’interno dell’impresa artigiana– è appannaggio del titolare maschio, mentre le attività terziarie sono affidate alla donna. Peraltro, proprio questa divisione di genere dei compiti, costituisce lo strumento attraverso il quale le donne possono valorizzare capacità e competenze di tipo trasversale e di natura comunicativa e relazionale. Laddove tali skill assumano un ruolo forte e dove le funzioni “terziarie” e "manageriali" siano strategiche (e considerate tali dai membri dell’impresa), la coadiuvante o socia “minore” assume ruolo e potere, fino alla possibilità di emergere come vero agente del cambiamento dell’impresa. Nell’indagine sono state raccolte le testimonianze di 40 lavoratrici indipendenti dell’artigianato, per due terzi coadiuvanti, per un terzo socie di minoranza di imprese famigliari. Le intervistate sono risultate per la maggioranza coniugi e in misura ridotta figlie del titolare, e tutte professionalmente attive all’interno delle imprese. Il lavoro delle donne assume ai loro occhi significato e valore quanto più ha effetti non solo sulla vita di impresa, ma su quella della famiglia e della coppia: attraverso la condivisione delle responsabilità, l’utilizzo flessibile dei tempi di lavoro e la possibilità di rispondere alle diverse esigenze, tanto sul fronte professionale quanto su quello familiare, le coadiuvanti riescono a garantire gli equilibri dentro e fuori l’impresa. In questo senso, il loro lavoro si carica di elementi simbolici che spiegano la grande importanza attribuita alle gratificazioni di natura immateriale, nonché l’accettazione di una condizione strutturalmente vulnerabile sotto il profilo formale/contrattuale e/o di sostanziale subordinazione all’interno dell’organizzazione produttiva. Non a caso, tra gli elementi positivi associati alla loro condizione, molte intervistate hanno indicato la possibilità di conciliare le esigenze dell’impresa e della famiglia. Pure coscienti dello scarto esistente tra logiche aziendali, bisogni della famiglia e aspirazioni individuali, nella loro personale esperienza tendono a sovrapporre queste tre dimensioni e dunque ad accordare preferenza a ciò che può contribuire al buon andamento della famiglia-impresa. Le intervistate delle generazioni più giovani guardano all’impresa familiare con minore condiscendenza e interesse delle donne di età più avanzata, ma sarebbe azzardato prefigurare un prossimo superamento della micro-impresa familiare, di cui l’istituto della coadiuvanza appare parte essenziale. La sfida che emerge da questa ricognizione è dunque individuare schemi di tutela e di riconoscimento confrontabili con quelli in discussione in Europa e coerenti con le peculiarità e i modi di funzionamento delle famiglie-imprese, che possano fornire una cornice adeguata di garanzie e di opportunità anche a figure, come le coadiuvanti familiari, oggi praticamente “invisibili”.

Le socie e le collaboratrici nelle imprese familiari dell'artigianato : una ricerca qualitativa sulla situazione in Piemonte / S. Cominu, A. Tavella, E. Armano, V. Ferrero, M. Filippi. - Torino : Regione Piemonte, 2010.

Le socie e le collaboratrici nelle imprese familiari dell'artigianato : una ricerca qualitativa sulla situazione in Piemonte

E. Armano;
2010

Abstract

Una ricerca qualitativa sulla condizione delle socie e collaboratrici nell’impresa familiare artigiana per soffermarsi su figure lavorative invisibili e poco studiate. Lo studio esplora le rappresentazioni delle lavoratrici e sottolinea il ruolo strategico delle donne all’interno della famiglia-impresa artigiana, in qualità di socie e collaboratrici familiari, fondamentali nel determinare una parte del vantaggio competitivo delle aziende stesse. Anche dal punto di vista quantitativo il fenomeno appare rilevante: nel 2007 (anno in cui sono disponibili i dati più recenti) risultavano 7.898 coadiuvanti familiari donne professionalmente attive, il 23% del totale delle lavoratrici indipendenti in Piemonte, considerate come un grande vantaggio in costi e flessibilità d’impiego per l’azienda a conduzione familiare. Si tratta infatti, nella maggior parte dei casi, di mogli, figlie e sorelle del titolare, che garantiscono affidabilità e continuitànel funzionamento dell’azienda. Tuttavia il loro ruolo manca di un riconoscimento appropriato perché l’istituto del coadiuvante non prevede né i diritti e le tutele del lavoro dipendente né quelli del lavoro autonomo; per i/le coadiuvanti non prevista remunerazione nè partecipazione all'utile d'impresa ne è possibile accedere personalmente ad un prestito bancario, ad un mutuo, a corsi di formazione, oppure a sistemi di protezione sociale nel caso di cessazione dell’attività. Innegabilmente la famiglia-impresa ha fondato i suoi vantaggi su una “divisione di genere” del lavoro produttivo (nell’impresa) e riproduttivo (nella famiglia), nonché su una distribuzione delle ricompense – materiali, di ruolo, di status – ineguale e svantaggiosa per la componente femminile. La produzione – legata al “mestiere”, che rappresenta ancora la principale fonte di autorevolezza e di potere all’interno dell’impresa artigiana– è appannaggio del titolare maschio, mentre le attività terziarie sono affidate alla donna. Peraltro, proprio questa divisione di genere dei compiti, costituisce lo strumento attraverso il quale le donne possono valorizzare capacità e competenze di tipo trasversale e di natura comunicativa e relazionale. Laddove tali skill assumano un ruolo forte e dove le funzioni “terziarie” e "manageriali" siano strategiche (e considerate tali dai membri dell’impresa), la coadiuvante o socia “minore” assume ruolo e potere, fino alla possibilità di emergere come vero agente del cambiamento dell’impresa. Nell’indagine sono state raccolte le testimonianze di 40 lavoratrici indipendenti dell’artigianato, per due terzi coadiuvanti, per un terzo socie di minoranza di imprese famigliari. Le intervistate sono risultate per la maggioranza coniugi e in misura ridotta figlie del titolare, e tutte professionalmente attive all’interno delle imprese. Il lavoro delle donne assume ai loro occhi significato e valore quanto più ha effetti non solo sulla vita di impresa, ma su quella della famiglia e della coppia: attraverso la condivisione delle responsabilità, l’utilizzo flessibile dei tempi di lavoro e la possibilità di rispondere alle diverse esigenze, tanto sul fronte professionale quanto su quello familiare, le coadiuvanti riescono a garantire gli equilibri dentro e fuori l’impresa. In questo senso, il loro lavoro si carica di elementi simbolici che spiegano la grande importanza attribuita alle gratificazioni di natura immateriale, nonché l’accettazione di una condizione strutturalmente vulnerabile sotto il profilo formale/contrattuale e/o di sostanziale subordinazione all’interno dell’organizzazione produttiva. Non a caso, tra gli elementi positivi associati alla loro condizione, molte intervistate hanno indicato la possibilità di conciliare le esigenze dell’impresa e della famiglia. Pure coscienti dello scarto esistente tra logiche aziendali, bisogni della famiglia e aspirazioni individuali, nella loro personale esperienza tendono a sovrapporre queste tre dimensioni e dunque ad accordare preferenza a ciò che può contribuire al buon andamento della famiglia-impresa. Le intervistate delle generazioni più giovani guardano all’impresa familiare con minore condiscendenza e interesse delle donne di età più avanzata, ma sarebbe azzardato prefigurare un prossimo superamento della micro-impresa familiare, di cui l’istituto della coadiuvanza appare parte essenziale. La sfida che emerge da questa ricognizione è dunque individuare schemi di tutela e di riconoscimento confrontabili con quelli in discussione in Europa e coerenti con le peculiarità e i modi di funzionamento delle famiglie-imprese, che possano fornire una cornice adeguata di garanzie e di opportunità anche a figure, come le coadiuvanti familiari, oggi praticamente “invisibili”.
2010
capitale sociale ; impresa familiare ; capitalismo personale ; condizione di genere ; politiche pubbliche
Settore SPS/09 - Sociologia dei Processi economici e del Lavoro
http://www.regione.piemonte.it/artig/dwd/internet.pdf
Le socie e le collaboratrici nelle imprese familiari dell'artigianato : una ricerca qualitativa sulla situazione in Piemonte / S. Cominu, A. Tavella, E. Armano, V. Ferrero, M. Filippi. - Torino : Regione Piemonte, 2010.
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