La libertà della ricerca, che la dottrina giuridica definisce con la qualifica di diritto fondamentale o - alternativamente - di libertà pubblica, è sempre stata considerata indispensabile per il progresso della conoscenza e, come tale, tutelata da norme giuridiche nazionali e internazionali. Tuttavia questa libertà non è assoluta, esiste infatti un ampio consenso sulla necessità di definirne i limiti. Rimane invece controversa la questione di chi fra gli attori sociali coinvolti - i giuristi, gli scienziati e i cittadini - debba fissare tali limiti e sulla base di quali criteri. L’articolo prende in esame la contrapposizione delle istanze dei suddetti attori sociali analizzando il caso specifico della diagnosi preimpianto (DPI) e dell’utilizzo di questa tecnologia per fini diversi da quelli per cui era stata sviluppata o, addirittura, in assenza di una finalità terapeutica. Inoltre, il contributo dimostra come, nel caso paradigmatico analizzato, si renda necessaria l’elaborazione condivisa di un aggiornamento della riflessione etica e di rinnovati strumenti di regolamentazione, sulla base di un legame solidale tra i professionisti e la società nel suo insieme, per stabilire i diritti e i limiti all’uso delle nuove conoscenze.
La bioscienza del XXI secolo tra libertà, responsabilità e legge / A.M. Rollier. - In: PROTESTANTESIMO. - ISSN 0033-1767. - 60:4(2005), pp. 335-340.
La bioscienza del XXI secolo tra libertà, responsabilità e legge
A.M. RollierPrimo
2005
Abstract
La libertà della ricerca, che la dottrina giuridica definisce con la qualifica di diritto fondamentale o - alternativamente - di libertà pubblica, è sempre stata considerata indispensabile per il progresso della conoscenza e, come tale, tutelata da norme giuridiche nazionali e internazionali. Tuttavia questa libertà non è assoluta, esiste infatti un ampio consenso sulla necessità di definirne i limiti. Rimane invece controversa la questione di chi fra gli attori sociali coinvolti - i giuristi, gli scienziati e i cittadini - debba fissare tali limiti e sulla base di quali criteri. L’articolo prende in esame la contrapposizione delle istanze dei suddetti attori sociali analizzando il caso specifico della diagnosi preimpianto (DPI) e dell’utilizzo di questa tecnologia per fini diversi da quelli per cui era stata sviluppata o, addirittura, in assenza di una finalità terapeutica. Inoltre, il contributo dimostra come, nel caso paradigmatico analizzato, si renda necessaria l’elaborazione condivisa di un aggiornamento della riflessione etica e di rinnovati strumenti di regolamentazione, sulla base di un legame solidale tra i professionisti e la società nel suo insieme, per stabilire i diritti e i limiti all’uso delle nuove conoscenze.Pubblicazioni consigliate
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