Negli ultimi anni è emerso un nuovo movimento interessato a finanziare le imprese sociali: la finanza sociale, un termine generico per designare diversi strumenti e modelli che mirano a consentire al capitale di raggiungere un triple bottom return, ossia un ritorno economico, sociale e ambientale. Questo movimento è stato concepito con un approccio “calato dall’alto”, dove le offerte finanziarie vengono definite in anticipo, costringendo le imprese sociali ad adattarsi per soddisfare i criteri di finanziamento e dimostrare di essere pronte per l’investimento. Questa impostazione solleva interrogativi non solo sulla rigidità dei criteri di finanziamento, ma anche sulla più generale difficoltà di definire indicatori che siano al contempo semplici, economici, immediati e realmente rappresentativi degli impatti generati. In questa prospettiva, la difficoltà delle imprese sociali a soddisfare i requisiti richiesti non è necessariamente un sintomo della loro inadeguatezza strutturale, bensì un segnale della necessità di riconsiderare l’appropriatezza dell’approccio adottato nella finanza sociale. Per indagare questo tema, riportiamo qui i risultati di uno studio sperimentale di economia comportamentale che è stato condotto per valutare la risposta dei diversi stakeholder dell’impresa sociale a differenti meccanismi di finanziamento, con l’obiettivo di ricreare in laboratorio la relazione tra impresa sociale, beneficiari e finanziatori in cui, a partire da un modello stilizzato di fornitura di servizi sociali, si confrontano diverse strutture di finanziamento e si verifica come le scelte del lavoratore in termini di quantità e qualità siano influenzate dalla disponibilità di fondi aggiuntivi, dalla presenza di un finanziatore e dai diversi schemi di remunerazione del finanziatore. I risultati mostrano che i meccanismi di finanziamento hanno un impatto sulle motivazioni intrinseche degli agenti e generano effetti sulla produzione di beni e servizi di qualità, a seconda delle metriche di performance che sono collegate alle strutture di pagamento. In particolare, la presenza di un finanziatore esterno orientato al profitto e remunerato in base a un indicatore di impatto approssimato e imperfetto spinge i lavoratori a concentrarsi su quello che viene misurato. Quando il lavoratore percepisce che il proprio sforzo verrà valutato sulla base di indicatori che privilegiano il raggiungimento di soglie minime di impatto o la mera quantificazione delle attività svolte, piuttosto che sulla reale qualità dei beni e servizi prodotti, egli è indotto a orientare il proprio operato più in funzione dell’indicatore che dell’obiettivo che quest’ultimo dovrebbe rappresentare. In altre parole, si genera un disallineamento sistematico tra ciò che viene misurato e il valore effettivo generato, portando il lavoratore a privilegiare il rispetto dei criteri richiesti per il finanziamento, anche a scapito dell’efficacia sociale dell’intervento. Questo effetto distorsivo può manifestarsi anche quando il sistema di remunerazione non incide direttamente sulla retribuzione del lavoratore, ma condiziona comunque il funzionamento dell’organizzazione e le sue priorità operative.

Il finanziamento dell’impresa sociale: un’analisi sperimentale sui limiti della finanza d’impatto / V.M. Cecchini Manara, M. Faillo, L. Sacconi. - In: IMPRESA SOCIALE. - ISSN 2282-1694. - 2025:1(2025), pp. 64-71.

Il finanziamento dell’impresa sociale: un’analisi sperimentale sui limiti della finanza d’impatto

V.M. Cecchini Manara
Primo
;
L. Sacconi
2025

Abstract

Negli ultimi anni è emerso un nuovo movimento interessato a finanziare le imprese sociali: la finanza sociale, un termine generico per designare diversi strumenti e modelli che mirano a consentire al capitale di raggiungere un triple bottom return, ossia un ritorno economico, sociale e ambientale. Questo movimento è stato concepito con un approccio “calato dall’alto”, dove le offerte finanziarie vengono definite in anticipo, costringendo le imprese sociali ad adattarsi per soddisfare i criteri di finanziamento e dimostrare di essere pronte per l’investimento. Questa impostazione solleva interrogativi non solo sulla rigidità dei criteri di finanziamento, ma anche sulla più generale difficoltà di definire indicatori che siano al contempo semplici, economici, immediati e realmente rappresentativi degli impatti generati. In questa prospettiva, la difficoltà delle imprese sociali a soddisfare i requisiti richiesti non è necessariamente un sintomo della loro inadeguatezza strutturale, bensì un segnale della necessità di riconsiderare l’appropriatezza dell’approccio adottato nella finanza sociale. Per indagare questo tema, riportiamo qui i risultati di uno studio sperimentale di economia comportamentale che è stato condotto per valutare la risposta dei diversi stakeholder dell’impresa sociale a differenti meccanismi di finanziamento, con l’obiettivo di ricreare in laboratorio la relazione tra impresa sociale, beneficiari e finanziatori in cui, a partire da un modello stilizzato di fornitura di servizi sociali, si confrontano diverse strutture di finanziamento e si verifica come le scelte del lavoratore in termini di quantità e qualità siano influenzate dalla disponibilità di fondi aggiuntivi, dalla presenza di un finanziatore e dai diversi schemi di remunerazione del finanziatore. I risultati mostrano che i meccanismi di finanziamento hanno un impatto sulle motivazioni intrinseche degli agenti e generano effetti sulla produzione di beni e servizi di qualità, a seconda delle metriche di performance che sono collegate alle strutture di pagamento. In particolare, la presenza di un finanziatore esterno orientato al profitto e remunerato in base a un indicatore di impatto approssimato e imperfetto spinge i lavoratori a concentrarsi su quello che viene misurato. Quando il lavoratore percepisce che il proprio sforzo verrà valutato sulla base di indicatori che privilegiano il raggiungimento di soglie minime di impatto o la mera quantificazione delle attività svolte, piuttosto che sulla reale qualità dei beni e servizi prodotti, egli è indotto a orientare il proprio operato più in funzione dell’indicatore che dell’obiettivo che quest’ultimo dovrebbe rappresentare. In altre parole, si genera un disallineamento sistematico tra ciò che viene misurato e il valore effettivo generato, portando il lavoratore a privilegiare il rispetto dei criteri richiesti per il finanziamento, anche a scapito dell’efficacia sociale dell’intervento. Questo effetto distorsivo può manifestarsi anche quando il sistema di remunerazione non incide direttamente sulla retribuzione del lavoratore, ma condiziona comunque il funzionamento dell’organizzazione e le sue priorità operative.
finanza a impatto sociale; economia sperimentale; motivazioni pro-sociali
Settore ECON-02/A - Politica economica
Settore ECON-01/A - Economia politica
Settore ECON-03/A - Scienza delle finanze
2025
https://www.rivistaimpresasociale.it/rivista/articolo/i-limiti-della-finanza-d-impatto-un-analisi-sperimentale
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