Già con il secolo XVII la grande filosofia, che con intento illuministico si proponeva di sbarazzarsi dei dogmi dell’autorità, pose al centro delle riflessioni la libertà come il proprio interesse teoretico più specifico, autoassegnandosi il mandato esplicito di fondarla in modo evidente. Ma il principio razionale, la pura ragione, collocata nel mundus intelligibilis e sottratta alle incrostazioni dell’empiria, cui è demandato il compito di fondarla (la libertà), è anche la causa prima della sua natura intrinsecamente antagonistica. Tutto questo è particolarmente evidente e si manifesta in tutta la sua contraddittorietà in Kant, specie nei passi della Fondazione , in cui affronta il tema della legislazione, ove la ricerca di una formula comune inviluppa inestricabilmente libertà e repressione. La libertà, allocata da Kant nel mundus intelligibilis, è completamente ceduta alla razionalità piena della ragion teoretica pratica, che però la limita e la mortifica nella sua integrità, perché la sgancia dal mondo empirico in cui non crede che si possa, o peggio non si vuole, vederla realizzata. La dicotomia di una libertà tutto sommato “dimezzata” non sfugge alla coscienza di Kant, ma viene da lui ricondotta alla propria integrità unitaria in sede teoretico-pratica, alla soggettività trascendentale. Questo è in fondo quanto sta dietro la realtà della dottrina delle antinomie di Kant.
Il diritto e le aporie della libertà tra mundus intelligibilis e mundus sensibilis : Th. W. Adorno lettore di Kant / A.S. Spadoni - In: Kant e la filosofia del diritto : colloquio internazionale per il bicentenario della morte di Immanuel Kant (1804-2004), Treviso, 1. ottobre 2004 / [a cura di] M.A. Cattaneo. - Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 2005. - ISBN 8849510853. - pp. 67-81 (( convegno Kant e la filosofia del diritto tenutosi a Università degli Studi di Padova, sede di Treviso nel 2004.
Il diritto e le aporie della libertà tra mundus intelligibilis e mundus sensibilis : Th. W. Adorno lettore di Kant
A.S. SpadoniPrimo
2005
Abstract
Già con il secolo XVII la grande filosofia, che con intento illuministico si proponeva di sbarazzarsi dei dogmi dell’autorità, pose al centro delle riflessioni la libertà come il proprio interesse teoretico più specifico, autoassegnandosi il mandato esplicito di fondarla in modo evidente. Ma il principio razionale, la pura ragione, collocata nel mundus intelligibilis e sottratta alle incrostazioni dell’empiria, cui è demandato il compito di fondarla (la libertà), è anche la causa prima della sua natura intrinsecamente antagonistica. Tutto questo è particolarmente evidente e si manifesta in tutta la sua contraddittorietà in Kant, specie nei passi della Fondazione , in cui affronta il tema della legislazione, ove la ricerca di una formula comune inviluppa inestricabilmente libertà e repressione. La libertà, allocata da Kant nel mundus intelligibilis, è completamente ceduta alla razionalità piena della ragion teoretica pratica, che però la limita e la mortifica nella sua integrità, perché la sgancia dal mondo empirico in cui non crede che si possa, o peggio non si vuole, vederla realizzata. La dicotomia di una libertà tutto sommato “dimezzata” non sfugge alla coscienza di Kant, ma viene da lui ricondotta alla propria integrità unitaria in sede teoretico-pratica, alla soggettività trascendentale. Questo è in fondo quanto sta dietro la realtà della dottrina delle antinomie di Kant.Pubblicazioni consigliate
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