La presenza dell’industria pesante, portato economico-produttivo del ‘900, ha plasmato territori, definito le traiettorie esistenziali di grandi gruppi di persone. Dopo aver affrontato i processi di deindustrializzazione a cavallo degli anni ’80 e ’90, i settori cosiddetti hard to abate (acciaio, cemento, petrolchimico, carbone) sono ora al centro degli impegni espressi nell’European Green Deal. Nella strategia dell’Unione Europea per il passaggio ad un’economia a emissioni zero (carbon-neutral) al 2050 e verso una transizione giusta (just transition), insieme alla produzione energetica, l’industria è al centro della decarbonizzazione, ovvero all’insieme di processi che ridurranno fino ad azzerare sia l’utilizzo di carbone come materia prima che le emissioni di CO2. I territori e le città che ospitano queste produzioni ci si aspetta che affronteranno – e già il processo è in atto – una gamma complessa e stratificata di sfide, sociali, economiche e ambientali, da noi definite come “trilemma eco-social-growth”. Partendo dagli studi sull’ambientalismo sindacale (labour environmentalism), questo contributo si concentra sui sindacati e sul loro approccio al trilemma nel contesto di Taranto. È necessario sottolineare l’importanza dell’azione del lavoro organizzato in questi processi, che interessano direttamente i mezzi con cui i lavoratori traggono il loro sostentamento. E ciò è in particolare rilevante in un contesto come quello di Taranto, che Ferdinando Cotugno, giornalista del Domani, ha definito come la “capitale mondiale del conflitto tra ambiente e lavoro”. La città è infatti sede della più grande acciaieria d’Europa, l’ex-ILVA e in sé coagula le contraddizioni del capitalismo industriale. Da un lato, l’economia di Taranto e del suo territorio dipende fortemente dalla fabbrica, in particolare per redditi e occupazione; dall’altro, le emissioni che questa produce sono stati accertati essere causa di morte e malattia. Negli anni si è quindi stratificata una crisi ecologica, sociale ed economica, che rende difficilmente praticabile la prospettiva di una decarbonizzazione e transizione giusta. L’obiettivo di queste pagine è quindi ricostruire gli obiettivi sociali, economici e ambientali delle diverse organizzazioni sindacali; a mappare e valutare le loro possibili proposte per conciliare (o non conciliare) questi obiettivi; e infine, vuole comprendere se e come i sindacati promuovano approcci riconducibili al paradigma della transizione giusta. Dopo una breve recensione della letteratura che si occupa di ambientalismo sindacale, verranno ricostruiti i principali snodi storici della crisi di Taranto; successivamente verranno mappate e valutate, attraverso il trilemma, le posizioni e le proposte dei sindacati per superare la suddetta crisi. Per questa ricerca, è stata adottata una metodologia prettamente qualitativa, con una combinazione di desk research (analisi di documenti, stampa locale e nazionale, rassegna della letteratura) e lavoro di campo. In riferimento a quest’ultimo, gli autori hanno condotto cinque interviste semi-strutturate tra gennaio e febbraio 2022, con i rappresentanti di quattro sindacati: le tre federazioni metalmeccaniche appartenenti ai tre principali sindacati confederali italiani – la Federazione Italiana Operai Metalmeccanici (FIOM), l’Unione Italiana Metalmeccanici (UILM) e la Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM) – e un sindacato di base, l’Unione Sindacale di Base (USB). Questo lavoro intende contribuire alla letteratura sull’ambientalismo sindacale, applicando un nuovo quadro analitico – il trilemma “eco-social-growth” – per cogliere la complessità delle posizioni degli attori sindacali. Inoltre, l’obiettivo è di aggiornare gli studi finora condotti sul caso dei sindacati a Taranto, basando l’analisi sulle opzioni concrete in discussione circa il futuro dello stabilimento.
Il trilemma dei sindacati : Prospettive e ostacoli per una transizione giusta a Taranto / L. Novelli, M. Mandelli, M. Jessoula. - [s.l] : Fondazione Feltrinelli, 2023. - ISBN 978-88-6835-502-9. (SCENARI)
Il trilemma dei sindacati : Prospettive e ostacoli per una transizione giusta a Taranto
L. Novelli;M. Jessoula
2023
Abstract
La presenza dell’industria pesante, portato economico-produttivo del ‘900, ha plasmato territori, definito le traiettorie esistenziali di grandi gruppi di persone. Dopo aver affrontato i processi di deindustrializzazione a cavallo degli anni ’80 e ’90, i settori cosiddetti hard to abate (acciaio, cemento, petrolchimico, carbone) sono ora al centro degli impegni espressi nell’European Green Deal. Nella strategia dell’Unione Europea per il passaggio ad un’economia a emissioni zero (carbon-neutral) al 2050 e verso una transizione giusta (just transition), insieme alla produzione energetica, l’industria è al centro della decarbonizzazione, ovvero all’insieme di processi che ridurranno fino ad azzerare sia l’utilizzo di carbone come materia prima che le emissioni di CO2. I territori e le città che ospitano queste produzioni ci si aspetta che affronteranno – e già il processo è in atto – una gamma complessa e stratificata di sfide, sociali, economiche e ambientali, da noi definite come “trilemma eco-social-growth”. Partendo dagli studi sull’ambientalismo sindacale (labour environmentalism), questo contributo si concentra sui sindacati e sul loro approccio al trilemma nel contesto di Taranto. È necessario sottolineare l’importanza dell’azione del lavoro organizzato in questi processi, che interessano direttamente i mezzi con cui i lavoratori traggono il loro sostentamento. E ciò è in particolare rilevante in un contesto come quello di Taranto, che Ferdinando Cotugno, giornalista del Domani, ha definito come la “capitale mondiale del conflitto tra ambiente e lavoro”. La città è infatti sede della più grande acciaieria d’Europa, l’ex-ILVA e in sé coagula le contraddizioni del capitalismo industriale. Da un lato, l’economia di Taranto e del suo territorio dipende fortemente dalla fabbrica, in particolare per redditi e occupazione; dall’altro, le emissioni che questa produce sono stati accertati essere causa di morte e malattia. Negli anni si è quindi stratificata una crisi ecologica, sociale ed economica, che rende difficilmente praticabile la prospettiva di una decarbonizzazione e transizione giusta. L’obiettivo di queste pagine è quindi ricostruire gli obiettivi sociali, economici e ambientali delle diverse organizzazioni sindacali; a mappare e valutare le loro possibili proposte per conciliare (o non conciliare) questi obiettivi; e infine, vuole comprendere se e come i sindacati promuovano approcci riconducibili al paradigma della transizione giusta. Dopo una breve recensione della letteratura che si occupa di ambientalismo sindacale, verranno ricostruiti i principali snodi storici della crisi di Taranto; successivamente verranno mappate e valutate, attraverso il trilemma, le posizioni e le proposte dei sindacati per superare la suddetta crisi. Per questa ricerca, è stata adottata una metodologia prettamente qualitativa, con una combinazione di desk research (analisi di documenti, stampa locale e nazionale, rassegna della letteratura) e lavoro di campo. In riferimento a quest’ultimo, gli autori hanno condotto cinque interviste semi-strutturate tra gennaio e febbraio 2022, con i rappresentanti di quattro sindacati: le tre federazioni metalmeccaniche appartenenti ai tre principali sindacati confederali italiani – la Federazione Italiana Operai Metalmeccanici (FIOM), l’Unione Italiana Metalmeccanici (UILM) e la Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM) – e un sindacato di base, l’Unione Sindacale di Base (USB). Questo lavoro intende contribuire alla letteratura sull’ambientalismo sindacale, applicando un nuovo quadro analitico – il trilemma “eco-social-growth” – per cogliere la complessità delle posizioni degli attori sindacali. Inoltre, l’obiettivo è di aggiornare gli studi finora condotti sul caso dei sindacati a Taranto, basando l’analisi sulle opzioni concrete in discussione circa il futuro dello stabilimento.File | Dimensione | Formato | |
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