Che la copertura dei rischi sia uno dei fattori decisivi per lo sviluppo economico e sociale ce lo mostra questo volume, che ripercorre il lungo viaggio della pratica assicurativa dal Medioevo ad oggi. Non a caso è proprio negli Stati Italiani, alla testa del progresso economico e civile tra Tre e Quattrocento, che si trova il primo contratto di assicurazione vero e proprio: siamo nel 1347 a Genova e lo scopo è quello di coprire contro i rischi di naufragio, pirateria o sequestro il lucrosissimo commercio marittimo. Le navi costituivano infatti al tempo stesso una delle prime economie di scala e uno degli investimenti più cospicui del mondo preindustriale. L’attività assicurativa si estende così in tutta Europa e investe via via anche altri settori. La protezione da quella che è ancora una generica incertezza è un formidabile impulso ad intraprendere, ad innovare e inseguire attività inesplorate, fungendo da straordinario stimolo per la crescita economica. Dopo l’eclissi del primato italiano e del mondo mediterraneo, è l’Inghilterra, la nuova potenza globale in fase di rullaggio per diventare la prima nazione industriale, ad essere protagonista nella trasformazione dell’aleatorio nel non aleatorio. Il Great Fire che distrugge Londra nel 1666 segna la prima svolta: vengono messe a punto polizze contro gli incendi a lungo termine (rispetto a quelle marittime rinnovate ad ogni viaggio) e l’attività assicurativa si modifica in un’attività più societaria (e meno individuale), in grado di sopportare meglio la ripartizione dei rischi. Sempre a Londra, qualche decennio dopo, nella Coffee House che ha aperto nel 1688, Edward Lloyds incomincia poi a raccogliere dai comandanti e dai marinai che la frequentano notizie sulle rotte, sui porti e su come vanno esattamente le cose sui mari. Ha capito che le informazioni sono il vero segreto per valutare l’entità e l’intensità dei pericoli. Parallelamente anche le assicurazioni sulla vita perdono il loro carattere di scommessa in forza della prima tavola di mortalità elaborata dall’astronomo inglese Edmund Alley. Partono da qui, attraverso il contributo di scienziati e studiosi del calcolo delle probabilità, le tecniche e i modelli statistico-attuariali che costituiscono il pilastro del moderno modello di business delle assicurazioni. Il rischio emerge definitivamente dall’imponderabile mondo dell’incertezza per diventare un universo preciso e misurabile. Il possesso delle informazioni diventa la base imprescindibile della capacità di prevedere, gestire e ridurre i rischi, tanto per l'assicurato che per l'assicuratore. Nel nostro Paese, pur nella marginalizzazione settecentesca-ottocentesca, alcune aree del Nord conservano un buon tenore finanziario tale da consentire la nascita di moderne compagnie d’assicurazione in forma societaria, alcune delle quali attive ancora oggi. Al pericolo per le nuove fabbriche e le nuove macchine si aggiungono le precarie condizioni dei lavoratori, che vedono l’istituzione di forme di previdenza contro gli infortuni o la disoccupazione. Alla fine dell’Ottocento, parallelamente all’aumento della forza lavoro operaia, anche in Italia si affermano le cosiddette assicurazioni sociali (sulla scorta della Germania di Bismark) attraverso cui si garantisce per la tutela di diverse categorie di lavoratori dipendenti. Anche l’assicurazione sulla vita diventa più rilevante nei primi anni del nuovo secolo. È il presidente del Consiglio Giolitti, grazie al ministro Nitti, a richiedere l’istituzione del monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita. Nel 1912 viene costituito l’Istituto Nazionale della Assicurazioni (INA), ente pubblico le cui polizze sono completamente garantite dallo Stato a scapito delle compagnie private a cui però verrà poi permesso di tornare ad operare nel settore vita accanto all’INA. In epoca fascista il sistema previdenziale e assicurativo viene ulteriormente ridefinito tanto che vengono istituite pure l’INPS e l’INAIL. I nuovi servizi per la precauzione contro i rischi prosperano laddove si verificano le condizioni favorevoli di domanda. I beni assicurativi si collocano infatti nella parte superiore della curva (di Engel) che descrive la relazione tra la quantità domandata di un bene e il reddito. È così che l’impetuoso aumento della ricchezza fatto registrare dall’Italia durante il boom economico (quello del PIL procapite sarà sopra il 4,5 tra il 1953 e il 1961) si riflette in una crescita del comparto assicurativo che è addirittura superiore a quello del Paese: l’importo dei premi, tra 1951 e 1966, aumenta infatti dell’8% annuo nel ramo vita e dell’11,5% nel ramo danni. I rischi connessi alla crescita industriale, allo sviluppo edilizio (il Piano Fanfani), alla politica di opere pubbliche ed infrastrutture fornivano infatti nuova linfa al settore assicurativo che a sua volta consentiva a questa modernizzazione di svolgersi “al sicuro”. La straordinaria diffusione della motorizzazione e l’obbligatorietà dell’assicurazione auto dai primi anni 70 segnano poi l’affermazione del settore RC, mentre il contemporaneo tramonto del modello fordista fa diminuire la sostituibilità economica delle persone e incrementa il bisogno di stipulare contratti sulla vita per tutelare la famiglia dalla perdita del produttore di reddito. La storia ci fa vedere dunque come il nesso tra assicurazione e sviluppo proceda nei due sensi. Nel primo consente di spostare il rischio da chi è meno propenso ad affrontarlo a chi è più capace di gestirlo, agendo così da molla anche verso nuove iniziative. Non ci sono studi econometrici specifici, ma secondo Pierluigi Ciocca sappiamo che il settore assicurativo partecipa ai fattori qualitativi che hanno sostenuto la crescita italiana nei momenti più intensi (età giolittiana e dopoguerra). L’anticipo della raccolta-premi rispetto al loro uso per gli eventi negativi confluisce poi sia nel mercato finanziario che negli investimenti, riflettendosi positivamente sulla crescita. Allo stesso modo il prevalere della componente risparmio su quella previdenziale all’interno delle polizze vita contribuisce a difendere il risparmio dall’inflazione. Nel secondo può sostenere la domanda di protezione da nuovi e crescenti rischi, che stanno caratterizzando questo tornante temporale. La conoscenza della storia e il suo racconto possono essere quindi uno strumento cruciale per rafforzare il senso di identità di un settore che è a lungo rimasto estraneo al grande pubblico, a causa di un deficit di percezione e di immagine che non deve più condizionarne il contributo alla crescita e al benessere generale del Paese.

L’Ania e il settore assicurativo italiano dalle origini ai nostri giorni / G. De Luca, M.C. Schisani. - Roma : Gangemi, 2024. - ISBN 9791280689078.

L’Ania e il settore assicurativo italiano dalle origini ai nostri giorni

G. De Luca
;
2024

Abstract

Che la copertura dei rischi sia uno dei fattori decisivi per lo sviluppo economico e sociale ce lo mostra questo volume, che ripercorre il lungo viaggio della pratica assicurativa dal Medioevo ad oggi. Non a caso è proprio negli Stati Italiani, alla testa del progresso economico e civile tra Tre e Quattrocento, che si trova il primo contratto di assicurazione vero e proprio: siamo nel 1347 a Genova e lo scopo è quello di coprire contro i rischi di naufragio, pirateria o sequestro il lucrosissimo commercio marittimo. Le navi costituivano infatti al tempo stesso una delle prime economie di scala e uno degli investimenti più cospicui del mondo preindustriale. L’attività assicurativa si estende così in tutta Europa e investe via via anche altri settori. La protezione da quella che è ancora una generica incertezza è un formidabile impulso ad intraprendere, ad innovare e inseguire attività inesplorate, fungendo da straordinario stimolo per la crescita economica. Dopo l’eclissi del primato italiano e del mondo mediterraneo, è l’Inghilterra, la nuova potenza globale in fase di rullaggio per diventare la prima nazione industriale, ad essere protagonista nella trasformazione dell’aleatorio nel non aleatorio. Il Great Fire che distrugge Londra nel 1666 segna la prima svolta: vengono messe a punto polizze contro gli incendi a lungo termine (rispetto a quelle marittime rinnovate ad ogni viaggio) e l’attività assicurativa si modifica in un’attività più societaria (e meno individuale), in grado di sopportare meglio la ripartizione dei rischi. Sempre a Londra, qualche decennio dopo, nella Coffee House che ha aperto nel 1688, Edward Lloyds incomincia poi a raccogliere dai comandanti e dai marinai che la frequentano notizie sulle rotte, sui porti e su come vanno esattamente le cose sui mari. Ha capito che le informazioni sono il vero segreto per valutare l’entità e l’intensità dei pericoli. Parallelamente anche le assicurazioni sulla vita perdono il loro carattere di scommessa in forza della prima tavola di mortalità elaborata dall’astronomo inglese Edmund Alley. Partono da qui, attraverso il contributo di scienziati e studiosi del calcolo delle probabilità, le tecniche e i modelli statistico-attuariali che costituiscono il pilastro del moderno modello di business delle assicurazioni. Il rischio emerge definitivamente dall’imponderabile mondo dell’incertezza per diventare un universo preciso e misurabile. Il possesso delle informazioni diventa la base imprescindibile della capacità di prevedere, gestire e ridurre i rischi, tanto per l'assicurato che per l'assicuratore. Nel nostro Paese, pur nella marginalizzazione settecentesca-ottocentesca, alcune aree del Nord conservano un buon tenore finanziario tale da consentire la nascita di moderne compagnie d’assicurazione in forma societaria, alcune delle quali attive ancora oggi. Al pericolo per le nuove fabbriche e le nuove macchine si aggiungono le precarie condizioni dei lavoratori, che vedono l’istituzione di forme di previdenza contro gli infortuni o la disoccupazione. Alla fine dell’Ottocento, parallelamente all’aumento della forza lavoro operaia, anche in Italia si affermano le cosiddette assicurazioni sociali (sulla scorta della Germania di Bismark) attraverso cui si garantisce per la tutela di diverse categorie di lavoratori dipendenti. Anche l’assicurazione sulla vita diventa più rilevante nei primi anni del nuovo secolo. È il presidente del Consiglio Giolitti, grazie al ministro Nitti, a richiedere l’istituzione del monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita. Nel 1912 viene costituito l’Istituto Nazionale della Assicurazioni (INA), ente pubblico le cui polizze sono completamente garantite dallo Stato a scapito delle compagnie private a cui però verrà poi permesso di tornare ad operare nel settore vita accanto all’INA. In epoca fascista il sistema previdenziale e assicurativo viene ulteriormente ridefinito tanto che vengono istituite pure l’INPS e l’INAIL. I nuovi servizi per la precauzione contro i rischi prosperano laddove si verificano le condizioni favorevoli di domanda. I beni assicurativi si collocano infatti nella parte superiore della curva (di Engel) che descrive la relazione tra la quantità domandata di un bene e il reddito. È così che l’impetuoso aumento della ricchezza fatto registrare dall’Italia durante il boom economico (quello del PIL procapite sarà sopra il 4,5 tra il 1953 e il 1961) si riflette in una crescita del comparto assicurativo che è addirittura superiore a quello del Paese: l’importo dei premi, tra 1951 e 1966, aumenta infatti dell’8% annuo nel ramo vita e dell’11,5% nel ramo danni. I rischi connessi alla crescita industriale, allo sviluppo edilizio (il Piano Fanfani), alla politica di opere pubbliche ed infrastrutture fornivano infatti nuova linfa al settore assicurativo che a sua volta consentiva a questa modernizzazione di svolgersi “al sicuro”. La straordinaria diffusione della motorizzazione e l’obbligatorietà dell’assicurazione auto dai primi anni 70 segnano poi l’affermazione del settore RC, mentre il contemporaneo tramonto del modello fordista fa diminuire la sostituibilità economica delle persone e incrementa il bisogno di stipulare contratti sulla vita per tutelare la famiglia dalla perdita del produttore di reddito. La storia ci fa vedere dunque come il nesso tra assicurazione e sviluppo proceda nei due sensi. Nel primo consente di spostare il rischio da chi è meno propenso ad affrontarlo a chi è più capace di gestirlo, agendo così da molla anche verso nuove iniziative. Non ci sono studi econometrici specifici, ma secondo Pierluigi Ciocca sappiamo che il settore assicurativo partecipa ai fattori qualitativi che hanno sostenuto la crescita italiana nei momenti più intensi (età giolittiana e dopoguerra). L’anticipo della raccolta-premi rispetto al loro uso per gli eventi negativi confluisce poi sia nel mercato finanziario che negli investimenti, riflettendosi positivamente sulla crescita. Allo stesso modo il prevalere della componente risparmio su quella previdenziale all’interno delle polizze vita contribuisce a difendere il risparmio dall’inflazione. Nel secondo può sostenere la domanda di protezione da nuovi e crescenti rischi, che stanno caratterizzando questo tornante temporale. La conoscenza della storia e il suo racconto possono essere quindi uno strumento cruciale per rafforzare il senso di identità di un settore che è a lungo rimasto estraneo al grande pubblico, a causa di un deficit di percezione e di immagine che non deve più condizionarne il contributo alla crescita e al benessere generale del Paese.
2024
Ania; assicurazione; Italia; Medioevo; età contemporanea
Settore STEC-01/B - Storia economica
L’Ania e il settore assicurativo italiano dalle origini ai nostri giorni / G. De Luca, M.C. Schisani. - Roma : Gangemi, 2024. - ISBN 9791280689078.
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