A causa dell’impellente urgenza che la transizione climatica, ambientale ed energetica ha assunto, il ruolo che in tali ambiti svolgono i diversi attori, istituzionali e non, è cambiato molto rapidamente. Se nel passato era lo Stato ad avere una posizione primaria, pur mitigata dall’applicazione del principio di sussidiarietà, oggi lo scenario risulta quanto più frammen-tato, stante il coinvolgimento, dapprima, delle regioni e degli enti locali e, poi, dei privati, sia in qualità di cittadini che di operatori economici nel mercato. La molteplicità degli attori si giustifica in considerazione dell’elevata complessità e etero-geneità degli interessi coinvolti nei processi decisionali in materia, ove si è resa necessaria l’adozione di un modello decisionale “pluristrutturato”, nel senso di un coinvolgimento su larga scala degli enti preposti alla tutela dei suddetti interessi e particolarmente sensibili al dialogo con i cittadini. Occorre quindi indagare se la frammentazione delle competenze e degli interventi (come, ad esempio, avviene in ambito di efficientamento energetico) consenta di affrontare in modo adeguato le sfide ambientali. Tra i rischi che presenta il modello parcellizzato, si ricorda l’annosa questione della “crisi di cooperazione” tra pubbliche amministrazioni. Tale pro-blematica, in tema di transizione ambientale, potrebbe comportare una situazione di dissen-so tra i diversi centri di riferimento degli interessi coinvolti, i quali potrebbero non solo ral-lentare lo sviluppo di nuove soluzioni ecologiche - così realizzando un andamento differen-ziato nella loro attuazione – ma anche non contemperare adeguatamente tutti i valori in gio-co. In questo scenario, è necessario poi analizzare la valorizzazione del ruolo attivo dei privati nella transizione ecologica, esplorando, in particolare, il rapporto tra le attività, tradizio-nalmente esercitate dalle pubbliche amministrazioni, di regolazione e programmazione del territorio e il (potenziale) coinvolgimento degli amministrati nella definizione delle politi-che pubbliche, specialmente nella loro qualità di operatori economici. Ancora, l’esperienza dimostra che laddove si sia registrata una partecipazione dei privati, questa si sia concretizzata in un apporto positivo sia nella definizione delle politiche pub-bliche, sia nella gestione condivisa dell’ambiente come bene comune. Quanto al primo aspetto merita particolare attenzione la materia della rigenerazione urbana. Le leggi regio-nali, deputate a disciplinare la materia in assenza di un intervento a livello statale, spesso prevedono strumenti di democrazia partecipativa e con essi modelli di attuazione partico-larmente interessanti, così mostrando come un’alleanza tra amministrazione e cittadini sia imprescindibile per affrontare al meglio le transizioni che siamo chiamati ad attuare. Un ul-teriore esempio di tali strumenti di condivisione è rappresentato dai patti di collaborazione, i quali frequentemente hanno ad oggetto la cura del territorio in chiave di tutela ecologista e rappresentano un modello partecipativo innovativo che consente ai cittadini di gestire in maniera responsabile il bene comune ed altresì di promuovere specifici progetti, capaci an-che di catalizzare, riconducendole in un contesto regolamentato, quelle iniziative spontanee della cittadinanza che connotano la c.d. città informale. Dal punto di vista del coinvolgimento del cittadino, nella sua qualità di operatore economi-co nel mercato, non sempre il perseguimento degli interessi pubblici in analisi trova attua-zione mediante la collaborazione tra ente pubblico e soggetto privato. Esemplificativo di ta-le impossibilità è il caso della promozione della circolarità economica dove, nonostante si registrino atteggiamenti virtuosi da parte delle imprese operanti sul mercato, l’effettività della tutela ambientale impone un intervento incisivo del regolatore che, sempre tenendo in considerazione le esigenze dei regolati, stabilisca degli standard minimi per un efficace per-seguimento di uno sviluppo sostenibile. In conclusione, per il raggiungimento della neutralità climatica, ambientale ed energetica, è imprescindibile l’attuazione di una corretta collaborazione tra amministrazione e ammini-strati, che passi attraverso una necessaria ridefinizione dei ruoli e degli spazi di intervento di tutti i soggetti chiamati in causa. Che la ricerca del punto di equilibrio tra competenze e interessi sia la chiave per vincere la sfida della transizione?
Durevolezza, riparabilità e riutilizzabilità: la sfida dell’economia circolare tra indirizzo politico e innovazione degli operatori economici / F.S. Duranti. ((Intervento presentato al convegno ICON-S Italia: La necessaria ridefinizione del ruolo dei protagonisti nella sfida della transizione ecologica tenutosi a Trento nel 2024.
Durevolezza, riparabilità e riutilizzabilità: la sfida dell’economia circolare tra indirizzo politico e innovazione degli operatori economici
F.S. Duranti
2024
Abstract
A causa dell’impellente urgenza che la transizione climatica, ambientale ed energetica ha assunto, il ruolo che in tali ambiti svolgono i diversi attori, istituzionali e non, è cambiato molto rapidamente. Se nel passato era lo Stato ad avere una posizione primaria, pur mitigata dall’applicazione del principio di sussidiarietà, oggi lo scenario risulta quanto più frammen-tato, stante il coinvolgimento, dapprima, delle regioni e degli enti locali e, poi, dei privati, sia in qualità di cittadini che di operatori economici nel mercato. La molteplicità degli attori si giustifica in considerazione dell’elevata complessità e etero-geneità degli interessi coinvolti nei processi decisionali in materia, ove si è resa necessaria l’adozione di un modello decisionale “pluristrutturato”, nel senso di un coinvolgimento su larga scala degli enti preposti alla tutela dei suddetti interessi e particolarmente sensibili al dialogo con i cittadini. Occorre quindi indagare se la frammentazione delle competenze e degli interventi (come, ad esempio, avviene in ambito di efficientamento energetico) consenta di affrontare in modo adeguato le sfide ambientali. Tra i rischi che presenta il modello parcellizzato, si ricorda l’annosa questione della “crisi di cooperazione” tra pubbliche amministrazioni. Tale pro-blematica, in tema di transizione ambientale, potrebbe comportare una situazione di dissen-so tra i diversi centri di riferimento degli interessi coinvolti, i quali potrebbero non solo ral-lentare lo sviluppo di nuove soluzioni ecologiche - così realizzando un andamento differen-ziato nella loro attuazione – ma anche non contemperare adeguatamente tutti i valori in gio-co. In questo scenario, è necessario poi analizzare la valorizzazione del ruolo attivo dei privati nella transizione ecologica, esplorando, in particolare, il rapporto tra le attività, tradizio-nalmente esercitate dalle pubbliche amministrazioni, di regolazione e programmazione del territorio e il (potenziale) coinvolgimento degli amministrati nella definizione delle politi-che pubbliche, specialmente nella loro qualità di operatori economici. Ancora, l’esperienza dimostra che laddove si sia registrata una partecipazione dei privati, questa si sia concretizzata in un apporto positivo sia nella definizione delle politiche pub-bliche, sia nella gestione condivisa dell’ambiente come bene comune. Quanto al primo aspetto merita particolare attenzione la materia della rigenerazione urbana. Le leggi regio-nali, deputate a disciplinare la materia in assenza di un intervento a livello statale, spesso prevedono strumenti di democrazia partecipativa e con essi modelli di attuazione partico-larmente interessanti, così mostrando come un’alleanza tra amministrazione e cittadini sia imprescindibile per affrontare al meglio le transizioni che siamo chiamati ad attuare. Un ul-teriore esempio di tali strumenti di condivisione è rappresentato dai patti di collaborazione, i quali frequentemente hanno ad oggetto la cura del territorio in chiave di tutela ecologista e rappresentano un modello partecipativo innovativo che consente ai cittadini di gestire in maniera responsabile il bene comune ed altresì di promuovere specifici progetti, capaci an-che di catalizzare, riconducendole in un contesto regolamentato, quelle iniziative spontanee della cittadinanza che connotano la c.d. città informale. Dal punto di vista del coinvolgimento del cittadino, nella sua qualità di operatore economi-co nel mercato, non sempre il perseguimento degli interessi pubblici in analisi trova attua-zione mediante la collaborazione tra ente pubblico e soggetto privato. Esemplificativo di ta-le impossibilità è il caso della promozione della circolarità economica dove, nonostante si registrino atteggiamenti virtuosi da parte delle imprese operanti sul mercato, l’effettività della tutela ambientale impone un intervento incisivo del regolatore che, sempre tenendo in considerazione le esigenze dei regolati, stabilisca degli standard minimi per un efficace per-seguimento di uno sviluppo sostenibile. In conclusione, per il raggiungimento della neutralità climatica, ambientale ed energetica, è imprescindibile l’attuazione di una corretta collaborazione tra amministrazione e ammini-strati, che passi attraverso una necessaria ridefinizione dei ruoli e degli spazi di intervento di tutti i soggetti chiamati in causa. Che la ricerca del punto di equilibrio tra competenze e interessi sia la chiave per vincere la sfida della transizione?| File | Dimensione | Formato | |
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