Le “rivoluzioni colorate” nelle percezioni strategiche della Russia di Putin: la “guerra ibrida” dell’Occidente

The “color revolutions” which took place in Georgia and Ukraine between 2003 and 2005 deeply affected Russia’s political and strategic perceptions. This paper tries to explain the underlying reasons for this by focusing on some specific aspects of the unfolding of “color revolutions” and on their potential to reinforce Russia’s tendency to attribute to Western powers malicious intents towards Moscow. In this regard, activities in Georgiaand Ukraine of western NGOs, which were already involved in the political warfare conducted by the US in Poland in the years of the Reagan administration (support to Solidarnosc) and again in Serbia in the post-Cold War years (aid to the opposition groups that ousted Miloševic in 2000), are particularly relevant. This article illustrates how in recent Russian strategic discourse “color revolution” has become synonymous of “hybrid warfare” (intended as Western subversive warfare), and that US political warfare in Poland and Miloševic’s fall in Serbia are regarded by Russians as early cases of “color revolutions”.

L’articolo indaga le ragioni del profondo impatto che le “rivoluzioni colorate” dei primi anni Duemila hanno avuto sulle percezioni politico-strategiche della Russia. Loscopo del lavoro è quello di mettere in evidenza alcuni aspetti delle “rivoluzioni colorate”suscettibili di rafforzare la tendenza della Russia ad attribuire alle potenze occidentali intenzioni ostili nei suoi confronti, in particolare l’attivismo in Georgia e Ucraina di ONG occidentali già coinvolte nel political warfare condotto dagli Stati Uniti in Polonia negli anni di Reagan (sostegno a Solidarnošc) e ancora in Serbia nel dopo-Guerra fredda (aiuti alle opposizioni attive nel rovesciamento di Slobodan Miloševic nel 2000). L’articolo mostra come le locuzioni “rivoluzione colorata” e “guerra ibrida” siano diventate sinonimi nel recente discorso strategico russo, e come il political warfare statunitense in Polonia e il rovesciamento di Miloševic in Serbia vengano considerati dai russi come dei precedenti delle “rivoluzioni colorate”.