La ricerca indaga l’impatto dei media e dei dispositivi utilizzati per la memorizzazione e la riproduzione di ritmi musicali. In prospettiva media-archeologica, partendo dagli strumenti fotoelettrici dell’inizio del secolo scorso e proseguendo poi con quelli a valvole, transistor e a memoria digitale, si esaminano i principali mezzi di generazione, programmazione e memorizzazione ritmica insieme alle loro interfacce a pannello e a schermo. Oltre alle motivazioni artistico-funzionali che hanno portato allo sviluppo e all’utilizzo massivo di drum machine e dispositivi programmabili, si esamina il loro impatto nella determinazione un’estetica ritmica che trascende le caratteristiche espressive della performance umana e che, per questo, sembra determinare un cambio paradigmatico in quello che nella popular music è considerato un groove coinvolgente. Con il ritmo tecnologicamente determinato emerge anche una modalità di ascolto detta ’procedurale’ che consente di contemplare non solo i suoni mediati, ma di evincere anche i processi che ne determinano l’organizzazione. In questo contesto, le letture mediologiche della actor-network theory sono utili nel considerare i dispositivi actant dotati di agency al pari degli acteur umani. La ANT si contrappone all’approccio socio-antropologico secondo cui gli strumenti sarebbero ricettacoli di valori e relazioni, oppure artefatti totemici inerti e privi di agentività.. Un’ulteriore dicotomia esplorata nella ricerca è quella tra mediazione trasparente e opaca: nel primo caso non si notano (o non considerano) gli effetti del dispositivo; nel secondo l’attenzione è rivolta non solo al contenuto mediato, ma anche all'atto stesso della mediazione che identifica lo strumento impiegato. Esempi di opaque mediation ritmica sono la manifestazione di tagli, l’uso parossistico della ripetizione, l’incorporazione dei rumori di funzionamento dei device. Le tracce della mediazione coincidono così con il ritmo stesso: «mediations are neither mere carriers of the work, nor substitutes that dissolve its reality; they are the [music] itself» (Hennion 2003).
Per una prospettiva media-archeologica al ritmo macchinico / G. Bottin. ((Intervento presentato al convegno Screen cultures: i media studies in Italia: prospettive teoriche, metodi, tecniche tenutosi a Milano nel 2023.
Per una prospettiva media-archeologica al ritmo macchinico
G. Bottin
2023
Abstract
La ricerca indaga l’impatto dei media e dei dispositivi utilizzati per la memorizzazione e la riproduzione di ritmi musicali. In prospettiva media-archeologica, partendo dagli strumenti fotoelettrici dell’inizio del secolo scorso e proseguendo poi con quelli a valvole, transistor e a memoria digitale, si esaminano i principali mezzi di generazione, programmazione e memorizzazione ritmica insieme alle loro interfacce a pannello e a schermo. Oltre alle motivazioni artistico-funzionali che hanno portato allo sviluppo e all’utilizzo massivo di drum machine e dispositivi programmabili, si esamina il loro impatto nella determinazione un’estetica ritmica che trascende le caratteristiche espressive della performance umana e che, per questo, sembra determinare un cambio paradigmatico in quello che nella popular music è considerato un groove coinvolgente. Con il ritmo tecnologicamente determinato emerge anche una modalità di ascolto detta ’procedurale’ che consente di contemplare non solo i suoni mediati, ma di evincere anche i processi che ne determinano l’organizzazione. In questo contesto, le letture mediologiche della actor-network theory sono utili nel considerare i dispositivi actant dotati di agency al pari degli acteur umani. La ANT si contrappone all’approccio socio-antropologico secondo cui gli strumenti sarebbero ricettacoli di valori e relazioni, oppure artefatti totemici inerti e privi di agentività.. Un’ulteriore dicotomia esplorata nella ricerca è quella tra mediazione trasparente e opaca: nel primo caso non si notano (o non considerano) gli effetti del dispositivo; nel secondo l’attenzione è rivolta non solo al contenuto mediato, ma anche all'atto stesso della mediazione che identifica lo strumento impiegato. Esempi di opaque mediation ritmica sono la manifestazione di tagli, l’uso parossistico della ripetizione, l’incorporazione dei rumori di funzionamento dei device. Le tracce della mediazione coincidono così con il ritmo stesso: «mediations are neither mere carriers of the work, nor substitutes that dissolve its reality; they are the [music] itself» (Hennion 2003).Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.