L’opera del poeta, che agisce nel processo creativo attraverso rappresentazioni declamatorie luminose e distinte, può, e in taluni casi deve, dal punto di vista della corretta impressione estetica dell'opera in versi in quanto tale, essere percepita con un certo grado di astrazione dalla materia sonora. [Bernštejn, S. I. (1927). «Stich i deklamacija». Russkaja reč’, novaja serija 1. Leningrad, 1927, 33.] È il 1927. S. I. Bernštejn, nel formulare le prime tesi dedotte dall’analisi sperimentale della lettura declamatoria dei principali poeti suoi contemporanei, così si esprime sull’opera in versi di O. E. Mandel’štam, ascrivendolo alla categoria da lui definita dei «poeti non semasiologici». La presente proposta desidera principiare da tale definizione e classificazione allo scopo di ripercorrere emblematici stilemi e peculiarità di talune opere prosastiche e poetiche di Mandel’štam che vadano a individuare quel distacco dalla dimensione semantica che guidò il poeta ad abbracciare una rappresentazione immaginifica e sonora, degna della definizione, coniata dai contemporanei, di «mandel’štamp», in realtà ben poco onorifica . Ultimato questo breve excursus e definito, in questo modo, un canone ricorrente nella quasi totalità dell’opera di Mandel’štam, si andrà a individuare come queste ricorrenze stilistiche vanno a incastonarsi nelle principali tappe del percorso biografico del poeta acmeista, che lo condussero dalla definizione di «classico vivente» nel 1932, quando aveva soltanto 41 anni, all’ostracismo sociale, all’isolamento intellettuale, alla più cruda repressione artistica fino agli arresti del 1934 e del 1937 e alla morte, al crepuscolo del 1938. L’intervento vuole, pertanto, offrire uno spunto di riflessione sulla relazione tra canone artistico politico e canone artistico peculiare a ogni singolo autore. Il caso di Mandel’štam è l’emblema di un poeta che, al modificarsi del canone artistico zarista nel canone artistico sovietico (e sovietico-stalinista), rifiuta di adattarsi a tale canone per custodire quelle cifre stilistiche che lo avrebbero accompagnato fino al suo violento epilogo.
E la beata parola senza senso/ Pronunceremo per la prima volta. L’ostinato stile poetico di O. Ė. Mandel’štam tra zarismo e stalinismo / G. Gorla. ((Intervento presentato al convegno Convegno internazionale del Collettivo dei Giovani Slavisti : Norme/Riforme/Deviazioni : 21-23 febbraio tenutosi a Verona nel 2024.
E la beata parola senza senso/ Pronunceremo per la prima volta. L’ostinato stile poetico di O. Ė. Mandel’štam tra zarismo e stalinismo
G. Gorla
2024
Abstract
L’opera del poeta, che agisce nel processo creativo attraverso rappresentazioni declamatorie luminose e distinte, può, e in taluni casi deve, dal punto di vista della corretta impressione estetica dell'opera in versi in quanto tale, essere percepita con un certo grado di astrazione dalla materia sonora. [Bernštejn, S. I. (1927). «Stich i deklamacija». Russkaja reč’, novaja serija 1. Leningrad, 1927, 33.] È il 1927. S. I. Bernštejn, nel formulare le prime tesi dedotte dall’analisi sperimentale della lettura declamatoria dei principali poeti suoi contemporanei, così si esprime sull’opera in versi di O. E. Mandel’štam, ascrivendolo alla categoria da lui definita dei «poeti non semasiologici». La presente proposta desidera principiare da tale definizione e classificazione allo scopo di ripercorrere emblematici stilemi e peculiarità di talune opere prosastiche e poetiche di Mandel’štam che vadano a individuare quel distacco dalla dimensione semantica che guidò il poeta ad abbracciare una rappresentazione immaginifica e sonora, degna della definizione, coniata dai contemporanei, di «mandel’štamp», in realtà ben poco onorifica . Ultimato questo breve excursus e definito, in questo modo, un canone ricorrente nella quasi totalità dell’opera di Mandel’štam, si andrà a individuare come queste ricorrenze stilistiche vanno a incastonarsi nelle principali tappe del percorso biografico del poeta acmeista, che lo condussero dalla definizione di «classico vivente» nel 1932, quando aveva soltanto 41 anni, all’ostracismo sociale, all’isolamento intellettuale, alla più cruda repressione artistica fino agli arresti del 1934 e del 1937 e alla morte, al crepuscolo del 1938. L’intervento vuole, pertanto, offrire uno spunto di riflessione sulla relazione tra canone artistico politico e canone artistico peculiare a ogni singolo autore. Il caso di Mandel’štam è l’emblema di un poeta che, al modificarsi del canone artistico zarista nel canone artistico sovietico (e sovietico-stalinista), rifiuta di adattarsi a tale canone per custodire quelle cifre stilistiche che lo avrebbero accompagnato fino al suo violento epilogo.Pubblicazioni consigliate
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