Il panorama letterario spagnolo del dopoguerra è contrassegnato dalla presenza di poetiche volte alla denuncia –celata dalla complessità del testo versificato che ha permesso, in certa misura, l’elusione della censura– della situazione politico-sociale di un Paese sottomesso dalla dittatura e alla trasmissione della memoria relativa ai drammatici eventi che hanno caratterizzato il triennio della guerra civile. L’intervento introduce brevemente i canoni della denominata “poesia sociale”, per concentrarsi poi sulla collisione tra la stessa e la figura di Manuel Álvarez Ortega (Cordova, 4 marzo 1923 – Madrid, 14 giugno 2014), autore di una poesia originale rispetto alle tendenze del suo tempo, caratterizzata da un linguaggio poetico segnato da un'inesauribile polisemia, da una bellezza formale molto curata e da una peculiare scansione ritmico-musicale, volontariamente svincolato delle correnti poetiche predominanti. Se da un lato, quest'ultimo condivide gli ideali di impegno, il carattere testimoniale e l'intenzione di denuncia da cui scaturisce la “poesia sociale”, dall'altro ne rifiuta i postulasti estetico-retorici, propendendo per una poetica più radicata nell’intimismo. Al contrario della citata tendenza, si genera nei versi del poeta cordovese una tensione tra l’ambizione e la realtà che si risolve nell’indicibilità. Partendo dalle teorie di Giorgio Agamben e dalle considerazioni di Primo Levi sul concetto stesso di testimone e l’atto della testimonianza, inteso nell’impossibilità di una sua piena realizzazione, l’intervento intende mostrare alcuni passaggi dei componimenti d’esordio di Álvarez Ortega, nei quali emerge una costante contrapposizione tra il desiderio di testimoniare e l’inabilità di farlo, restituita mediante il ricorso alla verticalità che si instaura con la coppia antitetica elevazione-caduta. Il soggetto lirico aspira a sciogliere la parola poetica dagli impedimenti che la realtà impone, in favore di una trascendenza che permetta l’acquisizione di un’espressione universale. Si instaura dunque una frustrante dimensione circolare nel tentativo di liberazione da un trauma che la memoria incessantemente ricrea.
El canto que no sé decir. La voce poetica di Manuel Álvarez Ortega fra testimonianza e indicibilità / T. Faustinelli. ((Intervento presentato al convegno Forme e pratiche di resistenza e coesistenza in letteratura, linguistica e traduzione tenutosi a Bologna nel 2024.
El canto que no sé decir. La voce poetica di Manuel Álvarez Ortega fra testimonianza e indicibilità
T. Faustinelli
2024
Abstract
Il panorama letterario spagnolo del dopoguerra è contrassegnato dalla presenza di poetiche volte alla denuncia –celata dalla complessità del testo versificato che ha permesso, in certa misura, l’elusione della censura– della situazione politico-sociale di un Paese sottomesso dalla dittatura e alla trasmissione della memoria relativa ai drammatici eventi che hanno caratterizzato il triennio della guerra civile. L’intervento introduce brevemente i canoni della denominata “poesia sociale”, per concentrarsi poi sulla collisione tra la stessa e la figura di Manuel Álvarez Ortega (Cordova, 4 marzo 1923 – Madrid, 14 giugno 2014), autore di una poesia originale rispetto alle tendenze del suo tempo, caratterizzata da un linguaggio poetico segnato da un'inesauribile polisemia, da una bellezza formale molto curata e da una peculiare scansione ritmico-musicale, volontariamente svincolato delle correnti poetiche predominanti. Se da un lato, quest'ultimo condivide gli ideali di impegno, il carattere testimoniale e l'intenzione di denuncia da cui scaturisce la “poesia sociale”, dall'altro ne rifiuta i postulasti estetico-retorici, propendendo per una poetica più radicata nell’intimismo. Al contrario della citata tendenza, si genera nei versi del poeta cordovese una tensione tra l’ambizione e la realtà che si risolve nell’indicibilità. Partendo dalle teorie di Giorgio Agamben e dalle considerazioni di Primo Levi sul concetto stesso di testimone e l’atto della testimonianza, inteso nell’impossibilità di una sua piena realizzazione, l’intervento intende mostrare alcuni passaggi dei componimenti d’esordio di Álvarez Ortega, nei quali emerge una costante contrapposizione tra il desiderio di testimoniare e l’inabilità di farlo, restituita mediante il ricorso alla verticalità che si instaura con la coppia antitetica elevazione-caduta. Il soggetto lirico aspira a sciogliere la parola poetica dagli impedimenti che la realtà impone, in favore di una trascendenza che permetta l’acquisizione di un’espressione universale. Si instaura dunque una frustrante dimensione circolare nel tentativo di liberazione da un trauma che la memoria incessantemente ricrea.File | Dimensione | Formato | |
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