Il Lago di Fuoco : Fra 'purgatorio', coscienza individuale e crepuscolo del sole

In ventidue papiri funerari, datati al Nuovo Regno (1552-1069 a.C.) e al Terzo Periodo Intermedio (1069-656 a.C.), vi è la raffigurazione di un bacino d’acqua di forma rettangolare attorno al quale sono presenti dei babbuini e al cui interno si trovano dei bracieri o, talvolta, degli incensieri. Questa vignetta, che accompagna il capitolo 126 del Libro dei Morti, è la rappresentazione del cosiddetto ‘Lago di Fuoco’, la cui prima attestazione è tuttavia molto più antica e si trova nelle formule 1054 e 1066 dei Testi dei Sarcofagi, all’interno del ‘Libro delle Due Vie’ risalente all’XI dinastia (2160-1191 a.C.). Nel Nuovo Regno il Lago di Fuoco entra anche nei ‘Libri dell’Aldilà’: quel corpus di composizioni che adornano le pareti delle tombe reali con la descrizione del periplo solare nel mondo degli inferi. Se ne trovano delle rappresentazioni nella quinta ora dell’Amduat e nella terza e nella sesta ora del Libro delle Porte. In tutte queste occorrenze, il Lago di Fuoco è caratterizzato da una notevole ambivalenza: nel Libro dei Morti le sue onde sono infatti costituite da un fuoco divoratore che, tuttavia, sembra connesso in qualche modo all’idea di rigenerazione; nei Libri dell’Aldilà le fiamme ardenti per i peccatori diventano acque ristoratrici per i beati. Attraverso l’analisi delle fonti testuali e iconografiche, la comunicazione fornisce un’interpretazione del significato di un luogo del mondo ultraterreno egizio che sembra legato allo stesso tempo ai concetti opposti di dannazione e beatificazione dei defunti, per i quali l’esito del passaggio obbligato dalle acque del lago varia a seconda della coscienza individuale, esattamente come avverrebbe in un ‘purgatorio’.