This Thesis aims to analyze, from the perspective of criminal law, the legal basis required in Italy for end-of-life decisions, either taken by the interested person or by third subjects. The methodology followed consisted in (i) identifying the substantial and procedural conditions under which different types of ending-life conduct are permitted and therefore do not fall under the scope of criminal law; (ii) defining the actual scope of such conditions, also by taking into account contributions from scholars and jurisprudence; (iii) searching for the rationale under those provisions and interpretations, in light of constitutional and supranational principles. Following this methodology, the contents of this work are organized into three chapters, each focusing on a group of conducts sharing common features. Chapter I is dedicated to the withdrawal of life-sustaining treatment (once called “passive euthanasia”), which today finds a thorough regulation in law 219/2017 on informed consent, progressively emerging as an exemplary piece of legislation on end-of-life matters, mainly centered on the primacy of patient’s will. Chapter II comprises the hypotheses sometimes jointly referred to as “active euthanasia”, that at the present moment receive a different response in the Italian legal system. Medical assisted suicide is now allowed under certain narrow circumstances provided for by a recent judgment of the Constitutional Court: such conditions still need to be fully understood and give rise to some highly controversial questions about their justification and breadth, bound to become more pressing as the demand for such practices increases (as shown by the trend of relevant case law). Termination of life on request, on the contrary, still falls under an absolute criminal ban, which calls for growing scrutiny over the reasons that could explain its different legal consideration compared to assisted suicide. Chapter III attempts to explore hypotheses of end-of-life decisions that lie outside the traditional and commonly discussed scheme of a voluntary choice taken by the person themselves (“voluntary death”). In fact, it deals with cases where it is impossible to respect the patient’s will (“unvoluntary death”). On one hand, this may happen because such will was never explicitly stated by the patient before falling unconscious or was never even formed (as in newborns). On the other hand, it may be materially impossible to respect the patient desire to receive care, due to the scarcity of medical resources and the subsequent need to sacrifice one life in order to save one or more others (a typical “tragic choice”, as lately seen in times of acute pandemic). Such scenarios bring to light the fact that sometimes end-of-life choices can be legitimately made by third parties (legal guardians and physicians) and elicit the question of the criteria that those subjects should follow, once self-determination is taken out of the equation. The ultimate goal of the Thesis is to verify whether the legitimacy of end-of-life decisions, in their various forms, depends on constant or recurring factors, drawing conclusions that may be useful to assess the coherence of the actual framework of rules in this field as well as to orientate future legislative reform. In the end, it is argued that, as things stand, self-determination is never deemed by the law a sufficient condition for allowing end-of-life decisions, since it is always associated with (or even replaced by) different and objective criteria; at the same time, it is questioned that traditional criteria, such as the difference between “killing” and “letting die”, could work as a satisfying proxy for disparate treatment when people’s fundamental rights are at stake.

La tesi intende studiare, dalla prospettiva del diritto penale e secondo un approccio casistico, le condizioni oggettive e soggettive richieste dall’ordinamento ai fini della liceità delle scelte di fine vita, siano queste prese dalla persona interessata o da terzi. La ricerca segue i seguenti passaggi: muove dalla mappatura dei presupposti e dei limiti di liceità delle diverse tipologie di scelte, come ricavabili alla disciplina positiva vigente; procede quindi ad affrontare le principali questioni interpretative attinenti alla loro portata applicativa, avvalendosi del contributo di dottrina e giurisprudenza; infine, tenta di individuare le possibili ragioni giustificatrici alla base della loro previsione, anche alla luce dei principi costituzionali e sovranazionali. Fedele a questa impostazione metodologica, il lavoro è organizzato in tre capitali, ciascuno focalizzato su una classe di fattispecie che presentano tratti fenomenologici comuni e una disciplina unitaria. Il Capitolo I è dedicato alle ipotesi di rifiuto di trattamento vitale (un tempo denominate “eutanasia passiva”), che oggi trovano una compiuta regolamentazione nella l. 219/2017 sul consenso informato, di cui emerge progressivamente l’attitudine a rappresentare un modello esemplare di disciplina organica in materia di fine vita, incentrato sulla primazia della volontà della persona. Il Capitolo II tratta ipotesi talora accomunate sotto la nozione di “eutanasia attiva”, e che tuttavia attualmente ricevono una diversa risposta da parte dell’ordinamento. L’aiuto al suicidio è oggi considerato lecito al ricorrere di alcune condizioni stringenti introdotte dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019: il fondamento e la portata di tali condizioni deve essere ancora essere pienamente compreso dagli interpreti, e ciò crea una serie di controversie destinate a rivelarsi sempre più pressanti man mano che nella prassi aumentano le richieste di aiuto a morire. L’omicidio del consenziente, al contrario, soggiace ancora a un divieto penale assoluto, il che stride con la tendenza del sistema verso l’apertura a spazi maggiori di libertà e rende particolarmente attuale la necessità di verificare se e in che termini possa continuare a giustificarsi una differenza di trattamento rispetto ai casi di suicidio assistito oggi penalmente leciti. Nella disciplina di entrambe queste classi di fattispecie, in ogni caso, emerge chiaramente che la volontà del paziente non è sufficiente per escludere la punibilità del terzo che coopera. Il Capitolo III tenta di esplorare le ipotesi di scelte di fine vita che esulano dallo schema consueto e maggiormente studiato in cui la morte è frutto di una decisione deliberata della persona interessata (“morte volontaria”). Il riferimento è, in generale, ai casi in cui è impossibile rispettare la volontà del paziente (“morte non volontaria”), eppure il fatto viene considerato lecito. Da un lato, ciò può verificarsi perché una qualche volontà non è mai stata espressamente manifestata dalla persona adulta poi caduta in stato di incoscienza, o addirittura non si è potuta mai formare (come nei neonati). Dall’altro lato, potrebbe rivelarsi materialmente impossibile rispettare la volontà (questa volta espressa) del paziente di ricevere un trattamento di sostegno vitale, a causa della scarsità di risorse mediche e della conseguente inevitabile necessità di sacrificare la vita di una persona per salvare quella di una o più persone diverse (un classico esempio di “scelte tragiche”, come quelle da ultimo osservate in tempi di pandemia). Tali scenari hanno il vantaggio euristico di portare alla luce che talvolta le scelte di fine vita possono legittimamente essere fatte da soggetti terzi (rappresentanti legali o medici), e sollevano la questione chiave dei criteri a cui tali soggetti devono attenersi ai fini della liceità della loro condotta, una volta che l’autodeterminazione non può essere in alcun modo presa in considerazione. L’obiettivo ultimo della tesi è verificare se, nel quadro della disciplina attuale, la liceità delle scelte di fine vita dipende da fattori costanti o ricorrenti, che possano rivelarsi utili per valutare la ragionevolezza della regolamentazione della materia e, in prospettiva, per orientare futuri interventi di riforma globale, consentendo all’interprete di saggiarne la coerenza in rapporto ai principi filosofici e giuridici di volta in volta presi a riferimento. In conclusione, si evidenzia che, allo stato, nella maggior parte dei casi l’autodeterminazione non è ritenuta dalla legge un presupposto sufficiente per riconoscere la liceità delle scelte di fine vita, essendo spesso circondata (o persino surrogata) da criteri differenti, di stampo marcatamente oggettivo; al tempo stesso, si mette in dubbio che alcuni criteri tradizionali, come la differenza tra “uccidere” e “lasciar morire”, possa servire come strumento per legittimare disparità di trattamento quando sono coinvolti i diritti fondamentali della persona.

NON SOLO AUTODETERMINAZIONE. DECISORI E CRITERI NELLE SCELTE DI FINE VITA / F. Lazzeri ; Tutor: G. L. Gatta ; coordinatore: C. Luzzati. Università degli Studi di Milano, 2022 Jul 07. 34. ciclo, Anno Accademico 2021.

NON SOLO AUTODETERMINAZIONE. DECISORI E CRITERI NELLE SCELTE DI FINE VITA

F. Lazzeri
2022

Abstract

This Thesis aims to analyze, from the perspective of criminal law, the legal basis required in Italy for end-of-life decisions, either taken by the interested person or by third subjects. The methodology followed consisted in (i) identifying the substantial and procedural conditions under which different types of ending-life conduct are permitted and therefore do not fall under the scope of criminal law; (ii) defining the actual scope of such conditions, also by taking into account contributions from scholars and jurisprudence; (iii) searching for the rationale under those provisions and interpretations, in light of constitutional and supranational principles. Following this methodology, the contents of this work are organized into three chapters, each focusing on a group of conducts sharing common features. Chapter I is dedicated to the withdrawal of life-sustaining treatment (once called “passive euthanasia”), which today finds a thorough regulation in law 219/2017 on informed consent, progressively emerging as an exemplary piece of legislation on end-of-life matters, mainly centered on the primacy of patient’s will. Chapter II comprises the hypotheses sometimes jointly referred to as “active euthanasia”, that at the present moment receive a different response in the Italian legal system. Medical assisted suicide is now allowed under certain narrow circumstances provided for by a recent judgment of the Constitutional Court: such conditions still need to be fully understood and give rise to some highly controversial questions about their justification and breadth, bound to become more pressing as the demand for such practices increases (as shown by the trend of relevant case law). Termination of life on request, on the contrary, still falls under an absolute criminal ban, which calls for growing scrutiny over the reasons that could explain its different legal consideration compared to assisted suicide. Chapter III attempts to explore hypotheses of end-of-life decisions that lie outside the traditional and commonly discussed scheme of a voluntary choice taken by the person themselves (“voluntary death”). In fact, it deals with cases where it is impossible to respect the patient’s will (“unvoluntary death”). On one hand, this may happen because such will was never explicitly stated by the patient before falling unconscious or was never even formed (as in newborns). On the other hand, it may be materially impossible to respect the patient desire to receive care, due to the scarcity of medical resources and the subsequent need to sacrifice one life in order to save one or more others (a typical “tragic choice”, as lately seen in times of acute pandemic). Such scenarios bring to light the fact that sometimes end-of-life choices can be legitimately made by third parties (legal guardians and physicians) and elicit the question of the criteria that those subjects should follow, once self-determination is taken out of the equation. The ultimate goal of the Thesis is to verify whether the legitimacy of end-of-life decisions, in their various forms, depends on constant or recurring factors, drawing conclusions that may be useful to assess the coherence of the actual framework of rules in this field as well as to orientate future legislative reform. In the end, it is argued that, as things stand, self-determination is never deemed by the law a sufficient condition for allowing end-of-life decisions, since it is always associated with (or even replaced by) different and objective criteria; at the same time, it is questioned that traditional criteria, such as the difference between “killing” and “letting die”, could work as a satisfying proxy for disparate treatment when people’s fundamental rights are at stake.
7-lug-2022
La tesi intende studiare, dalla prospettiva del diritto penale e secondo un approccio casistico, le condizioni oggettive e soggettive richieste dall’ordinamento ai fini della liceità delle scelte di fine vita, siano queste prese dalla persona interessata o da terzi. La ricerca segue i seguenti passaggi: muove dalla mappatura dei presupposti e dei limiti di liceità delle diverse tipologie di scelte, come ricavabili alla disciplina positiva vigente; procede quindi ad affrontare le principali questioni interpretative attinenti alla loro portata applicativa, avvalendosi del contributo di dottrina e giurisprudenza; infine, tenta di individuare le possibili ragioni giustificatrici alla base della loro previsione, anche alla luce dei principi costituzionali e sovranazionali. Fedele a questa impostazione metodologica, il lavoro è organizzato in tre capitali, ciascuno focalizzato su una classe di fattispecie che presentano tratti fenomenologici comuni e una disciplina unitaria. Il Capitolo I è dedicato alle ipotesi di rifiuto di trattamento vitale (un tempo denominate “eutanasia passiva”), che oggi trovano una compiuta regolamentazione nella l. 219/2017 sul consenso informato, di cui emerge progressivamente l’attitudine a rappresentare un modello esemplare di disciplina organica in materia di fine vita, incentrato sulla primazia della volontà della persona. Il Capitolo II tratta ipotesi talora accomunate sotto la nozione di “eutanasia attiva”, e che tuttavia attualmente ricevono una diversa risposta da parte dell’ordinamento. L’aiuto al suicidio è oggi considerato lecito al ricorrere di alcune condizioni stringenti introdotte dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019: il fondamento e la portata di tali condizioni deve essere ancora essere pienamente compreso dagli interpreti, e ciò crea una serie di controversie destinate a rivelarsi sempre più pressanti man mano che nella prassi aumentano le richieste di aiuto a morire. L’omicidio del consenziente, al contrario, soggiace ancora a un divieto penale assoluto, il che stride con la tendenza del sistema verso l’apertura a spazi maggiori di libertà e rende particolarmente attuale la necessità di verificare se e in che termini possa continuare a giustificarsi una differenza di trattamento rispetto ai casi di suicidio assistito oggi penalmente leciti. Nella disciplina di entrambe queste classi di fattispecie, in ogni caso, emerge chiaramente che la volontà del paziente non è sufficiente per escludere la punibilità del terzo che coopera. Il Capitolo III tenta di esplorare le ipotesi di scelte di fine vita che esulano dallo schema consueto e maggiormente studiato in cui la morte è frutto di una decisione deliberata della persona interessata (“morte volontaria”). Il riferimento è, in generale, ai casi in cui è impossibile rispettare la volontà del paziente (“morte non volontaria”), eppure il fatto viene considerato lecito. Da un lato, ciò può verificarsi perché una qualche volontà non è mai stata espressamente manifestata dalla persona adulta poi caduta in stato di incoscienza, o addirittura non si è potuta mai formare (come nei neonati). Dall’altro lato, potrebbe rivelarsi materialmente impossibile rispettare la volontà (questa volta espressa) del paziente di ricevere un trattamento di sostegno vitale, a causa della scarsità di risorse mediche e della conseguente inevitabile necessità di sacrificare la vita di una persona per salvare quella di una o più persone diverse (un classico esempio di “scelte tragiche”, come quelle da ultimo osservate in tempi di pandemia). Tali scenari hanno il vantaggio euristico di portare alla luce che talvolta le scelte di fine vita possono legittimamente essere fatte da soggetti terzi (rappresentanti legali o medici), e sollevano la questione chiave dei criteri a cui tali soggetti devono attenersi ai fini della liceità della loro condotta, una volta che l’autodeterminazione non può essere in alcun modo presa in considerazione. L’obiettivo ultimo della tesi è verificare se, nel quadro della disciplina attuale, la liceità delle scelte di fine vita dipende da fattori costanti o ricorrenti, che possano rivelarsi utili per valutare la ragionevolezza della regolamentazione della materia e, in prospettiva, per orientare futuri interventi di riforma globale, consentendo all’interprete di saggiarne la coerenza in rapporto ai principi filosofici e giuridici di volta in volta presi a riferimento. In conclusione, si evidenzia che, allo stato, nella maggior parte dei casi l’autodeterminazione non è ritenuta dalla legge un presupposto sufficiente per riconoscere la liceità delle scelte di fine vita, essendo spesso circondata (o persino surrogata) da criteri differenti, di stampo marcatamente oggettivo; al tempo stesso, si mette in dubbio che alcuni criteri tradizionali, come la differenza tra “uccidere” e “lasciar morire”, possa servire come strumento per legittimare disparità di trattamento quando sono coinvolti i diritti fondamentali della persona.
Settore IUS/17 - Diritto Penale
fine vita; eutanasia; rifiuto di cure salvavita; interruzione dei trattamenti; suicidio assistito; omicidio del consenziente; corte costituzionale 242 del 2019; scelte tragiche; conflitti di doveri
GATTA, GIAN LUIGI
LUZZATI, CLAUDIO RAFFAELE
Doctoral Thesis
NON SOLO AUTODETERMINAZIONE. DECISORI E CRITERI NELLE SCELTE DI FINE VITA / F. Lazzeri ; Tutor: G. L. Gatta ; coordinatore: C. Luzzati. Università degli Studi di Milano, 2022 Jul 07. 34. ciclo, Anno Accademico 2021.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/1006852
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