Introduzione: Il suicidio si attesta oggi tra le più frequenti cause di morte, costituendo un prevalente problema di salute pubblica mondiale e impatto sociale. In questo contesto, è ampiamente noto che le patologie psichiatriche ne rappresentano uno tra i principali fattori di rischio. Si tratta di soggetti prevalentemente affetti da patologie, quali depressione, schizofrenia e disturbi di personalità per cui spesso sono in cura presso centri pubblici o privati e per cui è prescritta una terapia farmacologica da assumere con regolarità. Eppure, nonostante ciò, moltissimi suicidi occorrono in soggetti apparentemente in terapia farmacologica. Ciò rappresenta un aspetto particolarmente critico e meritevole di ulteriore approfondimento. Di fatto, fino ad ora, la letteratura sull’analisi tossicologica post-mortem in soggetti deceduti per suicidio si è concentrata prevalentemente sulla rilevazione della letalità di farmaci assunti in sovradosaggio. Mancano, invece, studi volti ad analizzare campioni biologici post-mortem di individui deceduti per suicidio e con terapia farmacologica prescritta in atto, al fine di valutare l’aderenza terapeutica in vita delle vittime. Queste informazioni potrebbero certamente essere rilevanti da molteplici punti di vista: clinico, forense ed epidemiologico, potendosi, infatti, inferire dati strettamente legati allo specifico territorio indagato. Pertanto, con il presente studio svoltosi nella citta di Milano abbiamo cercato di colmare almeno in parte questa lacuna. Materiali e metodi: È stato retrospettivamente analizzato il database dell’Istituto di Medicina Legale di Milano, estrapolando tutti i soggetti deceduti per suicidio e affetti da patologia psichiatrica in vita. Successivamente, sono stati ulteriormente selezionati quei soggetti che al momento del suicidio fossero certamente in cura con terapia farmacologica psichiatrica nota in quanto seguiti presso servizi di diagnosi e cura sia territoriali che ospedalieri come i C.P.S. (Centri Psico Sociali), gli S.P.D.C. (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) nonché gli psichiatri in regime di solvenza. Dei sopracitati individui, sono stati recuperati i prelievi biologici (sangue e urina) prelevati in corso di esame autoptico e sottoposti ad analisi tossicologica sia qualitativa sia quantitativa. I risultati sono stati, infine, confrontati con la terapia farmacologica in corso al momento del decesso, come appresa da documentazione sanitaria a disposizione. Risultati: Un totale di 22 soggetti è stato incluso nello studio (12 maschi e 10 femmine), di età compresa tra 17 e 86 anni, deceduti per suicidio con le seguenti modalità: precipitazione da grande altezza, impiccamento, colpo da arma da fuoco e lesioni da arma bianca. Le analisi tossicologiche sui campioni post-mortem hanno evidenziato che solamente 6 casi (27%) mostravano una corrispondenza quali e quantitativa tra gli analiti individuati nei campioni biologici e i farmaci prescritti in terapia. Nei restanti casi, invece, sono emerse discrepanze con quanto atteso. Nel dettaglio, 9 individui hanno mostrato presenza di analiti riconducibili solamente ad alcuni dei farmaci che avrebbero dovuto assumere; inoltre, nella maggior parte dei casi, i valori emersi apparivano sotto il range terapeutico. Infine, i restanti 7 individui sono risultati del tutto negativi, seppur tutti avrebbero dovuto assumere terapia polifarmacologica psichiatrica. Nel complesso, una minore aderenza terapeutica è stata riscontrata nei soggetti di sesso maschile. Conclusioni: Nel complesso emerge chiaramente che si tratta di uno scenario poco rassicurante, in cui più del 70% di soggetti affetti da una patologia psichiatrica e in cura per essa con una prescritta terapia farmacologica hanno mostrato una parziale o nulla aderenza terapeutica. Eppure quest’ultima è considerata essere un fattore chiave nel ridurre il rischio di suicidio. Ciò solleva inevitabilmente interrogativi clinici (implementazione di nuove strategie per migliorare la compliance dei pazienti) e criticità forensi, tanto più che per soggetti morti per suicidio e affetti da patologie psichiatriche spesso viene richiesta una autopsia giudiziaria per le modalità con cui occorre il suicidio. Ecco, quindi, che diventerebbe opportuno cominciare a considerare l’autopsia giudiziaria come un prezioso strumento per approfondire lo studio a tutto tondo dei soggetti suicidi affetti da patologie psichiatriche.

Patologie psichiatriche e suicidio: risultati tossicologici preliminari sulla compliance terapeutica / S. Tambuzzi, A. Battistini, O. Gambini, G. Travaini, F. Zucca, D. Di Candia, F. Collini, S. Tunesi, A. Decarli, A.G. Russo, C. Cattaneo. ((Intervento presentato al 3. convegno Convegno Gruppi e Società Scientifiche affiliate SIMLA (Società Italiana di Medicina Legale) tenutosi a Santa Margherita di Pula nel 2023.

Patologie psichiatriche e suicidio: risultati tossicologici preliminari sulla compliance terapeutica

S. Tambuzzi;A. Battistini;O. Gambini;G. Travaini;D. Di Candia;S. Tunesi;A. Decarli;C. Cattaneo
2023

Abstract

Introduzione: Il suicidio si attesta oggi tra le più frequenti cause di morte, costituendo un prevalente problema di salute pubblica mondiale e impatto sociale. In questo contesto, è ampiamente noto che le patologie psichiatriche ne rappresentano uno tra i principali fattori di rischio. Si tratta di soggetti prevalentemente affetti da patologie, quali depressione, schizofrenia e disturbi di personalità per cui spesso sono in cura presso centri pubblici o privati e per cui è prescritta una terapia farmacologica da assumere con regolarità. Eppure, nonostante ciò, moltissimi suicidi occorrono in soggetti apparentemente in terapia farmacologica. Ciò rappresenta un aspetto particolarmente critico e meritevole di ulteriore approfondimento. Di fatto, fino ad ora, la letteratura sull’analisi tossicologica post-mortem in soggetti deceduti per suicidio si è concentrata prevalentemente sulla rilevazione della letalità di farmaci assunti in sovradosaggio. Mancano, invece, studi volti ad analizzare campioni biologici post-mortem di individui deceduti per suicidio e con terapia farmacologica prescritta in atto, al fine di valutare l’aderenza terapeutica in vita delle vittime. Queste informazioni potrebbero certamente essere rilevanti da molteplici punti di vista: clinico, forense ed epidemiologico, potendosi, infatti, inferire dati strettamente legati allo specifico territorio indagato. Pertanto, con il presente studio svoltosi nella citta di Milano abbiamo cercato di colmare almeno in parte questa lacuna. Materiali e metodi: È stato retrospettivamente analizzato il database dell’Istituto di Medicina Legale di Milano, estrapolando tutti i soggetti deceduti per suicidio e affetti da patologia psichiatrica in vita. Successivamente, sono stati ulteriormente selezionati quei soggetti che al momento del suicidio fossero certamente in cura con terapia farmacologica psichiatrica nota in quanto seguiti presso servizi di diagnosi e cura sia territoriali che ospedalieri come i C.P.S. (Centri Psico Sociali), gli S.P.D.C. (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) nonché gli psichiatri in regime di solvenza. Dei sopracitati individui, sono stati recuperati i prelievi biologici (sangue e urina) prelevati in corso di esame autoptico e sottoposti ad analisi tossicologica sia qualitativa sia quantitativa. I risultati sono stati, infine, confrontati con la terapia farmacologica in corso al momento del decesso, come appresa da documentazione sanitaria a disposizione. Risultati: Un totale di 22 soggetti è stato incluso nello studio (12 maschi e 10 femmine), di età compresa tra 17 e 86 anni, deceduti per suicidio con le seguenti modalità: precipitazione da grande altezza, impiccamento, colpo da arma da fuoco e lesioni da arma bianca. Le analisi tossicologiche sui campioni post-mortem hanno evidenziato che solamente 6 casi (27%) mostravano una corrispondenza quali e quantitativa tra gli analiti individuati nei campioni biologici e i farmaci prescritti in terapia. Nei restanti casi, invece, sono emerse discrepanze con quanto atteso. Nel dettaglio, 9 individui hanno mostrato presenza di analiti riconducibili solamente ad alcuni dei farmaci che avrebbero dovuto assumere; inoltre, nella maggior parte dei casi, i valori emersi apparivano sotto il range terapeutico. Infine, i restanti 7 individui sono risultati del tutto negativi, seppur tutti avrebbero dovuto assumere terapia polifarmacologica psichiatrica. Nel complesso, una minore aderenza terapeutica è stata riscontrata nei soggetti di sesso maschile. Conclusioni: Nel complesso emerge chiaramente che si tratta di uno scenario poco rassicurante, in cui più del 70% di soggetti affetti da una patologia psichiatrica e in cura per essa con una prescritta terapia farmacologica hanno mostrato una parziale o nulla aderenza terapeutica. Eppure quest’ultima è considerata essere un fattore chiave nel ridurre il rischio di suicidio. Ciò solleva inevitabilmente interrogativi clinici (implementazione di nuove strategie per migliorare la compliance dei pazienti) e criticità forensi, tanto più che per soggetti morti per suicidio e affetti da patologie psichiatriche spesso viene richiesta una autopsia giudiziaria per le modalità con cui occorre il suicidio. Ecco, quindi, che diventerebbe opportuno cominciare a considerare l’autopsia giudiziaria come un prezioso strumento per approfondire lo studio a tutto tondo dei soggetti suicidi affetti da patologie psichiatriche.
2023
Settore MED/43 - Medicina Legale
Settore MED/25 - Psichiatria
Patologie psichiatriche e suicidio: risultati tossicologici preliminari sulla compliance terapeutica / S. Tambuzzi, A. Battistini, O. Gambini, G. Travaini, F. Zucca, D. Di Candia, F. Collini, S. Tunesi, A. Decarli, A.G. Russo, C. Cattaneo. ((Intervento presentato al 3. convegno Convegno Gruppi e Società Scientifiche affiliate SIMLA (Società Italiana di Medicina Legale) tenutosi a Santa Margherita di Pula nel 2023.
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