Una dottrina religiosa più rispettosa dell’eguaglianza di genere: un affare di stato oppure no? Riflessioni dall’analisi casistica e comparata

A new question has enriched the issue of the relationship between women’s equality and freedom of religion: if, and to what extent, should the law intervene to tackle the exclusion of women from the decision-making, leadership and ordained roles provided by many religions? This paper participates in the debate adopting a comparative approach, which aims to bring to light the protection of pluralism and cultural identities together with the efficacy and opportunity of the state intervention. These elements ask to take into account on the one hand the complexity of religious rules (and their interpretation) and, on the other hand, the multiplicity of answers given by women to the religious precepts. These responses, which are essential to build the (religious) self, depend on the specific social, economic and cultural context in which women are situated.

Da qualche tempo, il tema dei rapporti tra eguaglianza di genere e libertà religiosa è stato interessato da una nuova questione: spetta al diritto, e se sì, in che misura, intervenire di fronte all’esclusione delle donne dal sacerdozio prevista da alcune confessioni religiose? Questo contributo partecipa al dibattito attraverso un’analisi comparata, portando all’attenzione la tutela del pluralismo e dell’identità culturale oltre a ragioni di efficacia e di opportunità dell’intervento statale. I dati emersi chiedono di tenere in considerazione la complessità del precetto religioso (e delle sue interpretazioni), nonché la molteplicità di risposte che le donne, immerse in uno specifico contesto sociale, economico, culturale, elaborano di fronte a questi precetti, nella costruzione del proprio sé (religioso e non solo).