La “violenza ostetrica” è un fenomeno molto complesso sia da definire che da analizzare, perciò è stato descriverlo sotto diversi aspetti per poterlo comprendere meglio. Dal punto di vista scientifico con questo termine si intende l’insieme degli atti e dei comportamenti dei professionisti sanitari nei confronti delle donne durante il travaglio e il parto che possono essere identificati come forme di violenza fisica, verbale o psicologica[1], ma per determinare quali fossero i comportamenti includibili in tale definizione sono stati svolti diversi studi; tra questi, quello di Bohren et al. ha permesso di organizzare questi atti in sette categorie, mentre quello di Jewks et al. ha evidenziato come il lavoro analizzato in precedenza abbia messo in luce il fatto che la violenza ostetrica rientri in un ambito molto più ampio quale la violenza di genere[3]. Dal punto di vista socioculturale, il dibattito sul fenomeno è nato e si è evoluto in America Latina a partire dagli anni Settanta, per poi diffondersi anche in Europa dopo la pubblicazione della raccomandazione WHO 2014[7] e con la fondazione di specifici Osservatori per la Violenza Ostetrica; la definizione giuridica del fenomeno risale invece al 2007, quando in Venezuela viene promulgata la “Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia”[2][5][8], a cui seguiranno altre leggi in diversi Paesi del Sud America. Per quanto riguarda l’Italia, il dibattito si è acceso solo nel 2017, dopo la pubblicazione dell’indagine DOXA “Le donne e il parto”[10] effettuata su scala nazionale e il riscontro mediatico che hanno avuto i risultati della ricerca; l’obiettivo dell’analisi oggetto di tesi è stato quindi quello di confrontare i risultati di uno studio effettuato attraverso un questionario riguardante il fenomeno di violenza ostetrica presso la Clinica Mangiagalli di Milano, con i dati riportati da DOXA per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia (OVO Italia). I risultati ottenuti hanno mostrato che, tra le 115 donne che hanno aderito al questionario, la percezione positiva del parto è molto elevata (86,96%), diversamente da DOXA da cui era emerso che, su scala nazionale, gli episodi di violenza ostetrica fossero molto più frequenti, e che anche tra coloro che hanno vissuto un’esperienza negativa risulta in un solo caso che ciò fosse legato al comportamento tenuto dai professionisti sanitari durante l’assistenza al travaglio e al parto; tuttavia, sia nella ricerca DOXA che nello studio effettuato in clinica Mangiagalli sono state evidenziate percentuali di utilizzo di alcune pratiche assistenziali non raccomandate (se non in rari casi selezionati) al di sopra di quanto sostenuto dalle Linee Guida internazionali e dalla WHO, così come si può notare un tasso di tagli cesarei elevato rispetto a quello stimato a livello nazionale e a livello regionale dal rapporto CeDAP (riferito all’anno 2016) pubblicato recentemente dal Ministero della Salute; è inoltre venuto alla luce che, nonostante il forte impatto mediatico e lo scontro a livello scientifico che il fenomeno ha portato nel nostro Paese, siano poche le donne a conoscerlo, e che nella maggior parte dei casi le informazioni acquisite derivino da web e articoli di giornale, non da operatori sanitari. Perciò, nonostante i risultati nel complesso molto positivi per quanto riguarda l’impressione delle donne rispetto al loro vissuto di parto, potrebbero risultare utili alcuni accorgimenti e strategie per migliorare ancora l’assistenza.

Il fenomeno della violenza ostetrica / A.H. Barbieri, L. Mori, P.A. Mauri. - [s.l] : Università degli Studi di Milano, 2019 Nov.

Il fenomeno della violenza ostetrica

P.A. Mauri
Ultimo
Conceptualization
2019

Abstract

La “violenza ostetrica” è un fenomeno molto complesso sia da definire che da analizzare, perciò è stato descriverlo sotto diversi aspetti per poterlo comprendere meglio. Dal punto di vista scientifico con questo termine si intende l’insieme degli atti e dei comportamenti dei professionisti sanitari nei confronti delle donne durante il travaglio e il parto che possono essere identificati come forme di violenza fisica, verbale o psicologica[1], ma per determinare quali fossero i comportamenti includibili in tale definizione sono stati svolti diversi studi; tra questi, quello di Bohren et al. ha permesso di organizzare questi atti in sette categorie, mentre quello di Jewks et al. ha evidenziato come il lavoro analizzato in precedenza abbia messo in luce il fatto che la violenza ostetrica rientri in un ambito molto più ampio quale la violenza di genere[3]. Dal punto di vista socioculturale, il dibattito sul fenomeno è nato e si è evoluto in America Latina a partire dagli anni Settanta, per poi diffondersi anche in Europa dopo la pubblicazione della raccomandazione WHO 2014[7] e con la fondazione di specifici Osservatori per la Violenza Ostetrica; la definizione giuridica del fenomeno risale invece al 2007, quando in Venezuela viene promulgata la “Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia”[2][5][8], a cui seguiranno altre leggi in diversi Paesi del Sud America. Per quanto riguarda l’Italia, il dibattito si è acceso solo nel 2017, dopo la pubblicazione dell’indagine DOXA “Le donne e il parto”[10] effettuata su scala nazionale e il riscontro mediatico che hanno avuto i risultati della ricerca; l’obiettivo dell’analisi oggetto di tesi è stato quindi quello di confrontare i risultati di uno studio effettuato attraverso un questionario riguardante il fenomeno di violenza ostetrica presso la Clinica Mangiagalli di Milano, con i dati riportati da DOXA per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia (OVO Italia). I risultati ottenuti hanno mostrato che, tra le 115 donne che hanno aderito al questionario, la percezione positiva del parto è molto elevata (86,96%), diversamente da DOXA da cui era emerso che, su scala nazionale, gli episodi di violenza ostetrica fossero molto più frequenti, e che anche tra coloro che hanno vissuto un’esperienza negativa risulta in un solo caso che ciò fosse legato al comportamento tenuto dai professionisti sanitari durante l’assistenza al travaglio e al parto; tuttavia, sia nella ricerca DOXA che nello studio effettuato in clinica Mangiagalli sono state evidenziate percentuali di utilizzo di alcune pratiche assistenziali non raccomandate (se non in rari casi selezionati) al di sopra di quanto sostenuto dalle Linee Guida internazionali e dalla WHO, così come si può notare un tasso di tagli cesarei elevato rispetto a quello stimato a livello nazionale e a livello regionale dal rapporto CeDAP (riferito all’anno 2016) pubblicato recentemente dal Ministero della Salute; è inoltre venuto alla luce che, nonostante il forte impatto mediatico e lo scontro a livello scientifico che il fenomeno ha portato nel nostro Paese, siano poche le donne a conoscerlo, e che nella maggior parte dei casi le informazioni acquisite derivino da web e articoli di giornale, non da operatori sanitari. Perciò, nonostante i risultati nel complesso molto positivi per quanto riguarda l’impressione delle donne rispetto al loro vissuto di parto, potrebbero risultare utili alcuni accorgimenti e strategie per migliorare ancora l’assistenza.
nov-2019
Midwifery; violence
Settore MED/47 - Scienze Infermieristiche Ostetrico-Ginecologiche
Settore MED/40 - Ginecologia e Ostetricia
Settore MED/45 - Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche
Working Paper
Il fenomeno della violenza ostetrica / A.H. Barbieri, L. Mori, P.A. Mauri. - [s.l] : Università degli Studi di Milano, 2019 Nov.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/697176
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact