Il contributo è dedicato all'esame del nuovo delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, introdotto nell'art. 341 bis c.p. dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, dieci anni dopo l'abrogazione dell'originaria norma incriminatrice dell’oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 c.p.) da parte della l. 25 giugno 1999, n. 205. Vengono anzitutto prese in esame, anche attraverso l’esame dei lavori preparatori, le ragioni e le istanze sottese alla reintroduzione della rediviva e controversa figura di reato, punita con la reclusione fino a tre anni. Il lavoro procede quindi all’esame della figura delittuosa, soffermandosi in particolare sugli elementi di novità rispetto alla disciplina dell’originario art. 341 c.p.: a) la previsione di una causa di non punibilità ancorata al risarcimento integrale del danno prima del giudizio, sia nei confronti della persona offesa sia dell’ente di appartenenza (art. 341 bis, comma 3); b) la previsione, nel caso in cui l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato, di un’esimente che opera alternativamente “se la verità del fatto è provata” o “se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo” (art. 341 bis, comma 2); c) l’estensione al nuovo delitto in esame dell’esimente della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, che la legge 94 del 2009 ha collocato nel nuovo art. 393 bis c.p., abrogando al contempo l’art. 4 d.lgs lgt. 14 settembre 1944, n. 288; d) la configurazione, non ultimo, di una fattispecie legale dall’ambito di applicazione più circoscritto di quella originariamente prevista dal codice Rocco, che dà rilievo a plurimi requisiti aggiuntivi, che rappresentano altrettanti elementi specializzanti rispetto all’originaria figura dell’oltraggio a pubblico ufficiale. Il legislatore ha infatti limitato la nuova fattispecie soltanto ad alcuni tipi di fatto già rilevanti, in passato, ai sensi dell’art. 341 c.p. e, dopo il 1999, ai sensi degli artt. 594 e 61 n. 10 c.p. Si tratta dei fatti commessi: 1) in luogo pubblico o aperto al pubblico e; 2) in presenza di più persone; 3) mentre il pubblico ufficiale compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni; 4) consistenti in un’offesa all’onore e, assieme, al prestigio del p.u. Il saggio sottolinea come, dal complesso della nuova disciplina, emerge la preoccupazione del legislatore di limitare le ipotesi nelle quali fatti di oltraggio a pubblico ufficiale possono e devono essere puniti con la reclusione fino a tre anni. Senonché – si sostiene nel lavoro – desta perplessità la scelta stessa di tornare, sia pure in ‘limitati casi’, a prevedere la pena detentiva per le lesioni dell’onore e del prestigio del pubblico ufficiale e, attraverso di esso, della P.A. E’ una scelta che sembra segnare un’involuzione del tutto irragionevole: sembra manifestamente tale, al giorno d’oggi, ritenere che in un bilanciamento d’interessi la libertà personale possa soccombere a vantaggio della tutela dell’onore e del prestigio del pubblico ufficiale, anche a fronte di offese di minima entità. Secondo l’Autore, argomenti analoghi a quelli impiegati dalla Corte costituzionale nel 1994 per dichiarare illegittimo il minimo edittale dell’art. 341 c.p. (pari a sei mesi di reclusione) mostrano oggi la contrarietà del nuovo art. 341 bis c.p. al principio di proporzione: i danni provocati all’individuo (al suo diritto fondamentale alla libertà personale) ed alla società dalla nuova incriminazione sono infatti sproporzionatamente maggiori rispetto ai vantaggi ottenuti dalla società stessa con la tutela dell’onore e del prestigio dei pubblici ufficiali.
La risurrezione dell'oltraggio a pubblico ufficiale / G.L. Gatta - In: Il "pacchetto sicurezza" 2009 : (commento al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 conv. in Legge 23 aprile 2009, n. 38 e alla Legge 15 luglio 2009, n. 94) / [a cura di] O. Mazza, F. Viganò. - Torino : Giappichelli, 2009. - ISBN 9788834896495. - pp. 153-186
La risurrezione dell'oltraggio a pubblico ufficiale
G.L. GattaPrimo
2009
Abstract
Il contributo è dedicato all'esame del nuovo delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, introdotto nell'art. 341 bis c.p. dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, dieci anni dopo l'abrogazione dell'originaria norma incriminatrice dell’oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 c.p.) da parte della l. 25 giugno 1999, n. 205. Vengono anzitutto prese in esame, anche attraverso l’esame dei lavori preparatori, le ragioni e le istanze sottese alla reintroduzione della rediviva e controversa figura di reato, punita con la reclusione fino a tre anni. Il lavoro procede quindi all’esame della figura delittuosa, soffermandosi in particolare sugli elementi di novità rispetto alla disciplina dell’originario art. 341 c.p.: a) la previsione di una causa di non punibilità ancorata al risarcimento integrale del danno prima del giudizio, sia nei confronti della persona offesa sia dell’ente di appartenenza (art. 341 bis, comma 3); b) la previsione, nel caso in cui l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato, di un’esimente che opera alternativamente “se la verità del fatto è provata” o “se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo” (art. 341 bis, comma 2); c) l’estensione al nuovo delitto in esame dell’esimente della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, che la legge 94 del 2009 ha collocato nel nuovo art. 393 bis c.p., abrogando al contempo l’art. 4 d.lgs lgt. 14 settembre 1944, n. 288; d) la configurazione, non ultimo, di una fattispecie legale dall’ambito di applicazione più circoscritto di quella originariamente prevista dal codice Rocco, che dà rilievo a plurimi requisiti aggiuntivi, che rappresentano altrettanti elementi specializzanti rispetto all’originaria figura dell’oltraggio a pubblico ufficiale. Il legislatore ha infatti limitato la nuova fattispecie soltanto ad alcuni tipi di fatto già rilevanti, in passato, ai sensi dell’art. 341 c.p. e, dopo il 1999, ai sensi degli artt. 594 e 61 n. 10 c.p. Si tratta dei fatti commessi: 1) in luogo pubblico o aperto al pubblico e; 2) in presenza di più persone; 3) mentre il pubblico ufficiale compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni; 4) consistenti in un’offesa all’onore e, assieme, al prestigio del p.u. Il saggio sottolinea come, dal complesso della nuova disciplina, emerge la preoccupazione del legislatore di limitare le ipotesi nelle quali fatti di oltraggio a pubblico ufficiale possono e devono essere puniti con la reclusione fino a tre anni. Senonché – si sostiene nel lavoro – desta perplessità la scelta stessa di tornare, sia pure in ‘limitati casi’, a prevedere la pena detentiva per le lesioni dell’onore e del prestigio del pubblico ufficiale e, attraverso di esso, della P.A. E’ una scelta che sembra segnare un’involuzione del tutto irragionevole: sembra manifestamente tale, al giorno d’oggi, ritenere che in un bilanciamento d’interessi la libertà personale possa soccombere a vantaggio della tutela dell’onore e del prestigio del pubblico ufficiale, anche a fronte di offese di minima entità. Secondo l’Autore, argomenti analoghi a quelli impiegati dalla Corte costituzionale nel 1994 per dichiarare illegittimo il minimo edittale dell’art. 341 c.p. (pari a sei mesi di reclusione) mostrano oggi la contrarietà del nuovo art. 341 bis c.p. al principio di proporzione: i danni provocati all’individuo (al suo diritto fondamentale alla libertà personale) ed alla società dalla nuova incriminazione sono infatti sproporzionatamente maggiori rispetto ai vantaggi ottenuti dalla società stessa con la tutela dell’onore e del prestigio dei pubblici ufficiali.File | Dimensione | Formato | |
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