L’accertamento della sensibilità in vitro di un patogeno batterico agli antibiotici rappresenta uno degli atti clinicamente più rilevanti compiuti dal Laboratorio di Microbiologia. A causa di problematiche tecniche, culturali ed economiche il saggio comprende solo un numero alquanto limitato di molecole capostipite per ogni classe di farmaci e la refertazione pura e semplice dei risultati ottenuti può sembrare limitativa della libertà di prescrizione del medico. L’Associazione Italiana per lo Studio degli Antimicrobici e delle Resistenze (AISAR) ritiene di agevolare il compito del curante raccomandando di utilizzare costantemente nelle risposte il concetto di antibiotico equivalente in vitro. Vengono definite come tali quelle molecole che assicurano attività antimicrobica strettamente paragonabile su patogeni che non posseggono alcun tipo di meccanismo genetico di resistenza e che pertanto si rivelano totalmente sensibili in qualsiasi tipo di saggio praticato. Laddove il germe dimostri sensibilità intermedia o vera refrattarietà, AISAR sconsiglia di adottare il parametro di equivalenza a causa della complessità interpretativa che si riscontra in tali circostanze. L’applicazione di questi concetti alla classe delle cefalosporine iniettabili di terza generazione, scelte a causa del prezioso apporto che tali farmaci, da soli o in associazione, garantiscono nella terapia delle infezioni gravi sia comunitarie che nosocomiali, conduce alle seguenti proposte. In primo luogo deve essere mantenuta una rigorosa distinzione basata sulla possibile copertura di Pseudomonas e altri Gram-negativi non fermentanti, con la conseguenza che ceftazidime va considerato farmaco con attività distinta da quella dimostrata da cefotaxime, cefodizime, ceftizoxime e ceftriaxone. Tra queste ultime molecole si ritiene che possa vigere il concetto di piena equivalenza nell’accezione proposta. Indipendentemente dalla natura dell’antibiotico che viene effettivamente saggiato in vitro, AISAR raccomanda di modificare sempre il referto facendo specificare ai sistemi informatici che il risultato di sensibilità si estende a tutti i congeneri non testati, riportandone pertanto i nomi in dettaglio. Questa soluzione consente al clinico di valutare con attenzione tutti i parametri non strettamente microbiologici che possono consigliare la prescrizione di uno piuttosto che di un altro tra gli antibiotici equivalenti (caratteristiche farmacocinetiche, profilo di tollerabilità specifico, familiarità con il prodotto, fattori di risparmio, presenza nel prontuario). Tale politica di risposta può indirizzare, ad esempio, all’uso preferenziale di cefodizime, non importa quale principio attivo sia stato utilizzato nel test, in pazienti (anziani, defedati, immunodepressi, a rischio di complicanze infettive post-operatorie) nei quali l’espressione di una potente attività di immunomodulazione pro-ospite sia ritenuta altrettanto essenziale di quella antibatterica. La lunga emivita di cefodizime che ne consente una comoda monosomministrazione giornaliera, associata alla favorevole posologia, possono anche rendere preferibile questa cefalosporina parenterale di terza generazione sulla base di considerazioni farmacoeconomiche, oggi sempre più inevitabili. Indipendentemente dalla scelta finale che verrà adottata, AISAR ritiene che un referto basato sulla condivisione di maggiori informazioni possa rappresentare un momento capace di instaurare un più proficuo rapporto tra il microbiologo e il fruitore finale del suo impegno professionale.

Il concetto di equivalenza tra antibiotici nel saggio in vitro : l'esempio delle cefalosporine iniettabili di terza generazione con particolare riferimento al cefodizime / G.C. Schito, G. Fadda, R. Mattina, G. Nicoletti. - In: GIMMOC : giornale italiano di microbiologia medica odontoiatrica e clinica. - 6:1(2002), pp. 3-18.

Il concetto di equivalenza tra antibiotici nel saggio in vitro : l'esempio delle cefalosporine iniettabili di terza generazione con particolare riferimento al cefodizime

R. Mattina
Penultimo
;
2002

Abstract

L’accertamento della sensibilità in vitro di un patogeno batterico agli antibiotici rappresenta uno degli atti clinicamente più rilevanti compiuti dal Laboratorio di Microbiologia. A causa di problematiche tecniche, culturali ed economiche il saggio comprende solo un numero alquanto limitato di molecole capostipite per ogni classe di farmaci e la refertazione pura e semplice dei risultati ottenuti può sembrare limitativa della libertà di prescrizione del medico. L’Associazione Italiana per lo Studio degli Antimicrobici e delle Resistenze (AISAR) ritiene di agevolare il compito del curante raccomandando di utilizzare costantemente nelle risposte il concetto di antibiotico equivalente in vitro. Vengono definite come tali quelle molecole che assicurano attività antimicrobica strettamente paragonabile su patogeni che non posseggono alcun tipo di meccanismo genetico di resistenza e che pertanto si rivelano totalmente sensibili in qualsiasi tipo di saggio praticato. Laddove il germe dimostri sensibilità intermedia o vera refrattarietà, AISAR sconsiglia di adottare il parametro di equivalenza a causa della complessità interpretativa che si riscontra in tali circostanze. L’applicazione di questi concetti alla classe delle cefalosporine iniettabili di terza generazione, scelte a causa del prezioso apporto che tali farmaci, da soli o in associazione, garantiscono nella terapia delle infezioni gravi sia comunitarie che nosocomiali, conduce alle seguenti proposte. In primo luogo deve essere mantenuta una rigorosa distinzione basata sulla possibile copertura di Pseudomonas e altri Gram-negativi non fermentanti, con la conseguenza che ceftazidime va considerato farmaco con attività distinta da quella dimostrata da cefotaxime, cefodizime, ceftizoxime e ceftriaxone. Tra queste ultime molecole si ritiene che possa vigere il concetto di piena equivalenza nell’accezione proposta. Indipendentemente dalla natura dell’antibiotico che viene effettivamente saggiato in vitro, AISAR raccomanda di modificare sempre il referto facendo specificare ai sistemi informatici che il risultato di sensibilità si estende a tutti i congeneri non testati, riportandone pertanto i nomi in dettaglio. Questa soluzione consente al clinico di valutare con attenzione tutti i parametri non strettamente microbiologici che possono consigliare la prescrizione di uno piuttosto che di un altro tra gli antibiotici equivalenti (caratteristiche farmacocinetiche, profilo di tollerabilità specifico, familiarità con il prodotto, fattori di risparmio, presenza nel prontuario). Tale politica di risposta può indirizzare, ad esempio, all’uso preferenziale di cefodizime, non importa quale principio attivo sia stato utilizzato nel test, in pazienti (anziani, defedati, immunodepressi, a rischio di complicanze infettive post-operatorie) nei quali l’espressione di una potente attività di immunomodulazione pro-ospite sia ritenuta altrettanto essenziale di quella antibatterica. La lunga emivita di cefodizime che ne consente una comoda monosomministrazione giornaliera, associata alla favorevole posologia, possono anche rendere preferibile questa cefalosporina parenterale di terza generazione sulla base di considerazioni farmacoeconomiche, oggi sempre più inevitabili. Indipendentemente dalla scelta finale che verrà adottata, AISAR ritiene che un referto basato sulla condivisione di maggiori informazioni possa rappresentare un momento capace di instaurare un più proficuo rapporto tra il microbiologo e il fruitore finale del suo impegno professionale.
Settore MED/07 - Microbiologia e Microbiologia Clinica
2002
http://www.gimmoc.it/editoria/1-2002/art1.pdf
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