Nel sistema della tutela dei beni vita e incolumità individuale, predisposto dal codice penale, i delitti di abbandono di minori o incapaci previsti dall’art. 591 c.p. costituiscono delle figure indubbiamente ‘minori’. Nondimeno, reclamano attenzione e sono degne di studio: non solo perché incarnano offese, sia pur in forma prodromica, di beni di primaria importanza, ma soprattutto perché manifestano una non trascurabile ‘vitalità’ in sede giurisprudenziale. L’ambito tradizionale e, a lungo, pressoché esclusivo di applicazione dell’art. 591 c.p., è stato costituito dalle relazioni familiari e domestiche. Da qualche decennio il raggio di azione dell’art. 591 c.p. si è, tuttavia, ampliato di molto. Anche per effetto dei mutamenti dei costumi familiari e sociali, nonché delle accresciute possibilità, e aspettative, di assistenza da parte di strutture pubbliche e private, i confini applicativi dei delitti di abbandono di minori o incapaci hanno decisamente travalicato le mura domestiche, sicché oggi la maggior parte di applicazioni dell’art. 591 c.p. concerne situazioni di ricoveri e presenze in case di cura o strutture ospedaliere. L’art. 591 c.p. è andato così a coprire, in un certo senso, il ‘buco’ costituito dall’assenza di un’apposita fattispecie criminosa di pericolo, sotto la quale ricondurre e dar rilevanza penale anche a malpractices mediche, infermieristiche o, più in generale, assistenziali, non produttive di un evento di danno. Simili condotte di ‘mala-sanità’, o di ‘mala-assistenza’, allorché fortunatamente non sfocino nella morte o nella lesione dell’assistito, non possono certo essere perseguite penalmente alla stregua delle ‘classiche’ fattispecie colpose di omicidio o di lesioni personali: lo vieta la non configurabilità del tentativo del delitto colposo! La magistratura ha fatto, perciò, talora ricorso alla figura del delitto di abbandono di minori o incapaci (che, come vedremo, è delitto di pericolo). Quantunque il legislatore storico non avesse pensato all’estensione di tale fattispecie anche ad un siffatto ambito, si tratta comunque di un’estensione senz’altro legittima, naturalmente a patto che vengano rispettati – senza forzature indotte da bisogni emotivi di punizione – tutti i requisiti sostanziali cui è subordinata l’applicazione dell’art. 591 c.p. La rilevata ‘vitalità’ giurisprudenziale dell’art. 591 c.p è stata finora oggetto di scarsa attenzione da parte della dottrina, che ha per così dire ‘abbandonato’ tale norma alle sole aule giudiziarie, cosicché la ‘prassi’ ha potuto (meglio: ha dovuto) interpretare ed applicare l’art. 591 c.p. senza il conforto di un controllo critico da parte della ‘teoria’. Eppure, i profili controversi connessi all’interpretazione dell’art. 591 c.p., sono numerosi e tutti gravidi di rilevanti ricadute applicative. Si pensi, solo a titolo di esempio, alla qualificazione del delitto in termini di reato di pericolo (pericolo concreto, pericolo astratto, o – come insiste ad affermare la giurisprudenza, con formulazione tanto ambigua quanto inusuale – pericolo potenziale?); alla relazione di custodia o di cura, alla sua natura (giuridica o anche solo fattuale?), e alla dubbia necessità della sua presenza anche nell’ipotesi di abbandono di minori; al dolo e al suo contenuto (in particolare, per quanto riguarda la necessità che l’elemento volitivo abbracci anche l’evento di pericolo); alla natura permanente o istantanea del delitto, con quanto ne consegue in ordine alla disciplina della prescrizione; alla incerta qualificazione degli eventi morte o lesione di cui al terzo comma (circostanze aggravanti o elementi costitutivi di un autonomo delitto?). Fornire a questi e ad altri problemi applicativi posti dall’art. 591 c.p. una soluzione razionalmente sostenibile – non esposta, come bandiera al vento, alla molteplice variabilità dei singoli casi – è possibile solo sulla scorta di un serrato confronto tra ‘prassi’ giurisprudenziale e ‘teoria’. In questo libriccino si tenterà, pertanto, di mettere gli strumenti concettuali e l’arsenale argomentativo offerti dalla ‘teoria’ del diritto penale al servizio della ‘prassi’, nell’auspicio, già formulato da Delitala, di fornire in tal modo un contributo – certamente minimo rispetto a quelli, di ben più ampie proporzioni, che da più parti stanno felicemente giungendo in questi anni – allo sforzo di “riaccostare la legge alla vita” e così di sanare, come si augurava Pisapia, quel “divorzio tra la teoria e la pratica” che aveva reso “gli studiosi sempre più insensibili alle esigenze della vita, facendo loro dimenticare che il diritto è posto innanzitutto e sopratutto per risolvere delle questioni concrete e non per affermare dei principi che siano fine a sé stessi”.
Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.) : teoria e prassi / F. Basile. - Milano : Giuffrè, 2008 May. - ISBN 88-14-14203-3.
Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.) : teoria e prassi
F. BasilePrimo
2008
Abstract
Nel sistema della tutela dei beni vita e incolumità individuale, predisposto dal codice penale, i delitti di abbandono di minori o incapaci previsti dall’art. 591 c.p. costituiscono delle figure indubbiamente ‘minori’. Nondimeno, reclamano attenzione e sono degne di studio: non solo perché incarnano offese, sia pur in forma prodromica, di beni di primaria importanza, ma soprattutto perché manifestano una non trascurabile ‘vitalità’ in sede giurisprudenziale. L’ambito tradizionale e, a lungo, pressoché esclusivo di applicazione dell’art. 591 c.p., è stato costituito dalle relazioni familiari e domestiche. Da qualche decennio il raggio di azione dell’art. 591 c.p. si è, tuttavia, ampliato di molto. Anche per effetto dei mutamenti dei costumi familiari e sociali, nonché delle accresciute possibilità, e aspettative, di assistenza da parte di strutture pubbliche e private, i confini applicativi dei delitti di abbandono di minori o incapaci hanno decisamente travalicato le mura domestiche, sicché oggi la maggior parte di applicazioni dell’art. 591 c.p. concerne situazioni di ricoveri e presenze in case di cura o strutture ospedaliere. L’art. 591 c.p. è andato così a coprire, in un certo senso, il ‘buco’ costituito dall’assenza di un’apposita fattispecie criminosa di pericolo, sotto la quale ricondurre e dar rilevanza penale anche a malpractices mediche, infermieristiche o, più in generale, assistenziali, non produttive di un evento di danno. Simili condotte di ‘mala-sanità’, o di ‘mala-assistenza’, allorché fortunatamente non sfocino nella morte o nella lesione dell’assistito, non possono certo essere perseguite penalmente alla stregua delle ‘classiche’ fattispecie colpose di omicidio o di lesioni personali: lo vieta la non configurabilità del tentativo del delitto colposo! La magistratura ha fatto, perciò, talora ricorso alla figura del delitto di abbandono di minori o incapaci (che, come vedremo, è delitto di pericolo). Quantunque il legislatore storico non avesse pensato all’estensione di tale fattispecie anche ad un siffatto ambito, si tratta comunque di un’estensione senz’altro legittima, naturalmente a patto che vengano rispettati – senza forzature indotte da bisogni emotivi di punizione – tutti i requisiti sostanziali cui è subordinata l’applicazione dell’art. 591 c.p. La rilevata ‘vitalità’ giurisprudenziale dell’art. 591 c.p è stata finora oggetto di scarsa attenzione da parte della dottrina, che ha per così dire ‘abbandonato’ tale norma alle sole aule giudiziarie, cosicché la ‘prassi’ ha potuto (meglio: ha dovuto) interpretare ed applicare l’art. 591 c.p. senza il conforto di un controllo critico da parte della ‘teoria’. Eppure, i profili controversi connessi all’interpretazione dell’art. 591 c.p., sono numerosi e tutti gravidi di rilevanti ricadute applicative. Si pensi, solo a titolo di esempio, alla qualificazione del delitto in termini di reato di pericolo (pericolo concreto, pericolo astratto, o – come insiste ad affermare la giurisprudenza, con formulazione tanto ambigua quanto inusuale – pericolo potenziale?); alla relazione di custodia o di cura, alla sua natura (giuridica o anche solo fattuale?), e alla dubbia necessità della sua presenza anche nell’ipotesi di abbandono di minori; al dolo e al suo contenuto (in particolare, per quanto riguarda la necessità che l’elemento volitivo abbracci anche l’evento di pericolo); alla natura permanente o istantanea del delitto, con quanto ne consegue in ordine alla disciplina della prescrizione; alla incerta qualificazione degli eventi morte o lesione di cui al terzo comma (circostanze aggravanti o elementi costitutivi di un autonomo delitto?). Fornire a questi e ad altri problemi applicativi posti dall’art. 591 c.p. una soluzione razionalmente sostenibile – non esposta, come bandiera al vento, alla molteplice variabilità dei singoli casi – è possibile solo sulla scorta di un serrato confronto tra ‘prassi’ giurisprudenziale e ‘teoria’. In questo libriccino si tenterà, pertanto, di mettere gli strumenti concettuali e l’arsenale argomentativo offerti dalla ‘teoria’ del diritto penale al servizio della ‘prassi’, nell’auspicio, già formulato da Delitala, di fornire in tal modo un contributo – certamente minimo rispetto a quelli, di ben più ampie proporzioni, che da più parti stanno felicemente giungendo in questi anni – allo sforzo di “riaccostare la legge alla vita” e così di sanare, come si augurava Pisapia, quel “divorzio tra la teoria e la pratica” che aveva reso “gli studiosi sempre più insensibili alle esigenze della vita, facendo loro dimenticare che il diritto è posto innanzitutto e sopratutto per risolvere delle questioni concrete e non per affermare dei principi che siano fine a sé stessi”.File | Dimensione | Formato | |
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