Nei sessant’anni compresi tra il 1568 e il 1627, il panorama delle attività produttive milanesi venne quasi completamente esaurito dal nuovo quadro delle associazioni corporative cittadine. Durante questo periodo, con un marcato addensamento negli ultimi due decenni del Cinquecento, furono ratificati 18 nuovi statuti; le arti produttive urbane passarono così da 26 a 44, assestandosi intorno alla cifra con cui giunsero alla soppressione. Dall'analisi dei loro processi costitutivi (condotta grazi ad uno spoglio esaustivo degli statuti), emerge con chiarezza che l’ampliamento della costellazione associativa tra il 1568 e il 1627 fu la somma di un fenomeno eterodiretto e dell’azione di élite artigiane sempre meno rappresentative del Kaufsystem. Sei delle nuove corporazioni si formarono, infatti, sotto la regìa delle camere dei mercanti imprenditori, che in questo modo aggregarono, in organizzazioni giuridicamente dipendenti, la manodopera attiva nelle diverse fasi della catena produttiva da essi dominata; la costituzione delle altre dodici, che vennero a dare veste corporativa ad altrettante attività artigianali, fu invece ascrivibile all’impulso proveniente non da intere comunità di maestri ma da loro ristrette minoranze, che in parte si dedicavano direttamente alla produzione e in parte la dirigevano ricorrendo a ‘colleghi’ corporati meno autonomi. In entrambi i casi, comunque, il ricorso all’inquadramento corporativo aveva lo scopo di esercitare e di formalizzare il controllo di un vertice su una base più estesa. La diversa morfologia di questo controllo era funzione della complessità dei processi di produzione e della dimensione dei mercati di sbocco: la subordinazione intercorporativa (delle associazioni manifatturiere a quelle imprenditoriali) caratterizzava le attività con fasi di lavorazione più segmentate e con elevata proiezione internazionale, mentre l’asimmetria infra o endocorporativa (dei poteri tra i maestri delle associazioni artigiane) era propria dei settori in cui la bottega era ancora il centro di produzione e di vendita di articoli destinati essenzialmente all’assorbimento cittadino.

Mercanti imprenditori, élite artigiane e organizzazioni produttive: la definizione del sistema corporativo milanese (1568-1627) / G. De Luca - In: Corporazioni e gruppi professionali nell’Italia moderna / [a cura di] A. Guenzi; P. Massa; A. Moioli. - Milano : FrancoAngeli Editore, 1999. - ISBN 88-464-1171-4. - pp. 79-116 (( convegno Corporazioni e gruppi professionali nell’Italia moderna tenutosi a Roma nel 1997.

Mercanti imprenditori, élite artigiane e organizzazioni produttive: la definizione del sistema corporativo milanese (1568-1627)

G. De Luca
Primo
1999

Abstract

Nei sessant’anni compresi tra il 1568 e il 1627, il panorama delle attività produttive milanesi venne quasi completamente esaurito dal nuovo quadro delle associazioni corporative cittadine. Durante questo periodo, con un marcato addensamento negli ultimi due decenni del Cinquecento, furono ratificati 18 nuovi statuti; le arti produttive urbane passarono così da 26 a 44, assestandosi intorno alla cifra con cui giunsero alla soppressione. Dall'analisi dei loro processi costitutivi (condotta grazi ad uno spoglio esaustivo degli statuti), emerge con chiarezza che l’ampliamento della costellazione associativa tra il 1568 e il 1627 fu la somma di un fenomeno eterodiretto e dell’azione di élite artigiane sempre meno rappresentative del Kaufsystem. Sei delle nuove corporazioni si formarono, infatti, sotto la regìa delle camere dei mercanti imprenditori, che in questo modo aggregarono, in organizzazioni giuridicamente dipendenti, la manodopera attiva nelle diverse fasi della catena produttiva da essi dominata; la costituzione delle altre dodici, che vennero a dare veste corporativa ad altrettante attività artigianali, fu invece ascrivibile all’impulso proveniente non da intere comunità di maestri ma da loro ristrette minoranze, che in parte si dedicavano direttamente alla produzione e in parte la dirigevano ricorrendo a ‘colleghi’ corporati meno autonomi. In entrambi i casi, comunque, il ricorso all’inquadramento corporativo aveva lo scopo di esercitare e di formalizzare il controllo di un vertice su una base più estesa. La diversa morfologia di questo controllo era funzione della complessità dei processi di produzione e della dimensione dei mercati di sbocco: la subordinazione intercorporativa (delle associazioni manifatturiere a quelle imprenditoriali) caratterizzava le attività con fasi di lavorazione più segmentate e con elevata proiezione internazionale, mentre l’asimmetria infra o endocorporativa (dei poteri tra i maestri delle associazioni artigiane) era propria dei settori in cui la bottega era ancora il centro di produzione e di vendita di articoli destinati essenzialmente all’assorbimento cittadino.
Sistema corporativo ; riorganizzazione della struttura economica ; Milano ; XVI-XVII secc.
Settore SECS-P/12 - Storia Economica
1999
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